1984: The Bounty di Roger Donaldson
Il terzo film dedicato al più famoso ammutinamento della storia.
La vicenda aveva ispirato Jules Verne con I ribelli del Bounty (Les Révoltés de la Bounty, 1879) e cinematograficamente era stata già raccontata nel 1932 (La tragedia del Bounty di Frank Lloyd, con Clark Gable e Charles Laughton) e nel 1962 (Gli ammutinati del Bounty di Lewis Milestone, con Marlon Brando e Trevor Howard) e si ispira a fatti realmente accaduti: The Bounty storicamente è il più attendibile.
Presentato al 37° Festival di Cannes non ha ricevuto buone accoglienze da parte della critica: “…che bisogno c’era di un altro Bounty? Chiedetelo a De Laurentis” (Magazine italiano tv); “…convenzionale, illustrativo e, tolte due o tre scene, un po’ moscio” (il Morandini). Giudizi, a mio parere, ingenerosi.
L’australiano Roger Donaldson in passato si era specializzato nello studio della fotografia e nella realizzazione di documentari, esperienza che ha prodotto ottimi frutti vista l’abilità con cui il regista ritrae il mondo che qui ci rappresenta. Ma Il Bounty, fortunatamente, non è solo uno spettacolo splendido visivamente. Qualche lieve concessione al folklore e all’esotico c’è, ma ciò che lo caratterizza è l’accento posto sui personaggi, sulle loro psicologie, sulle loro contraddizioni… Personaggi di cui si analizzano sentimenti aspirazioni dubbi tormenti… e che appaiono quindi veri e reali, non semplici macchiette al servizio dello spettacolo. Intelligentemente Donaldson e lo sceneggiatore Robert Bolt non prendono posizione nel contrasto tra i due protagonisti lasciando al pubblico il giudizio su quanto debba prevalere il senso di disciplina e quanto il senso di umanità. Un film pertanto non semplicemente epico o avventuroso: abbiamo l’efficace rappresentazione di un drammatico conflitto tra due antitetiche mentalità che coinvolge e colpisce emotivamente, spingendo noi spettatori a prendere posizione e a mettere in discussione la nostra personale visione di vita.
Il cast è di prestigio. Anthony Hopkins giganteggia col suo enorme talento mettendo in luce -con la solita maestria- aspetti odiosi e positivi del suo personaggio. Mel Gibson è un po’ in ombra e non possiede certo il carisma dei due illustri predecessori che hanno ricoperto lo stesso ruolo. S’impongono, pur se in ruoli secondari, gli allora semisconosciuti Liam Neeson e Daniel Day-Lewis e naturalmente Sir Laurence Oliver.