Ci sono paesaggi splendidi in Italia, da far invidia al mondo. Ci sono poi interessi e incompetenza che puntualmente rovinano delle piccole perle. Benvenuti in Puglia, la California d’Europa.
Baia Campi, Parco nazionale del Gargano, poco distante da Vieste, paesaggio dominato dai pini d’Aleppo, ulivi e onde del mare. Posto ideale per… un bel complesso abusivo da 60 mila metri cubi di cemento. Non come tutti gli altri banalotti però, questo appartiene alla regione.
L’opera, se così vogliamo chiamarla, risale agli anni ’90. Il falansterio doveva essere uno dei due centri pilota per un progetto di sviluppi integrato del turismo. È finito per essere uno sfregio alla natura.
Un edificio che per l’epoca era di gran lusso: 370 posti letto più bar, ristorante, sala congressi, vasca relax, campi da tennis, centro interaziendale per la produzione di pasti precotti, lavanderia, sala giochi, discoteca, scuola di perfezionamento alberghiero e piscina olimpionica. L’esborso di 50 miliardi di lire è stato coperto dal Fondo europeo sviluppo regionale e dal Cipe, la Regione ne ha spesi altri 4 per arredarlo.
Fosse servito, magari con un po’ di fatica si poteva ingoiare il boccone amaro. Mai utilizzato, se non dai vandali che ormai si sono portati via tutto. La “montagna del sole” doveva creare 2.500 nuovi posti di lavoro ed è stata approvata nell’83 dalla giunta guidata da DC, Psi e PSDI. I lavori sono iniziati nel 1988 e sono terminati 8 anni dopo.
Come spesso accade in questi casi, parallelamente ai lavori è cominciata la battaglia legale, partita dopo la denuncia dell’associazione Italia Nostra. Il mostro infatti sorge su un’area sottoposta a vincolo idrogeologico dal ’23 e forestale dal ’71. Il reato di alterazione di bellezze naturali è stato riconosciuto fino alla Cassazione anche se per tutti gli imputati, vale a dire l’intera giunta che ha dato via al progetto, è sopraggiunta la Cassazione.
Dalla sentenza:
La costruzione del Centro turistico direzionale, in zona Baia Campi di Vieste, è stata ritenuta la causa di notevole deturpamento delle caratteristiche dell’area e del suo equilibrio paesaggistico con la condanna penale dei componenti della giunta regionale della Regione Puglia e del rappresentante legale della società concessionaria dei lavori e con l’ulteriore condanna dei medesimi al risarcimento del danno ambientale a favore della provincia di Foggia e dell’Associazione Italia Nostra.
Però non si sono mai trovati il tempo e i fondi per demolirlo. E allora l’orrenda cicatrice rimane in piedi. Il paroliere Vendola, da quando si è insediato, ha deciso di non pagarne l’Ici. La Commissione tributaria di Foggia ha condannato la Regione a versare il Comune di Vieste l’oltre mezzo milione di arretrati.
Forse abbattere la costruzione sarebbe costato di meno.