Magazine Fotografia
Mi sto facendo una cultura -e tanta, tanta, tanta pratica- sulla fotografia stenopeica, quella che gli americani (e i loro cugini britannici) chiamano pinhole photography. Se non ne sapete una cippa, potete cominciare dando un'occhiata qui e qui e qui, poi mi direte se non è una figata. Ohè, ragazzi, se leggete questo blog e volete foto supernitide, con tutte le linee per millimetro al loro posto, avete sbagliato indirizzo: dovete andare sul sito dell'Hasselblad e lasciare in pace noi poveri (sottolineo poveri: mi viene facile 'sto' periodo...) fotografi creativi mentre armeggiamo con vecchie fotocamere, obiettivi autocostruiti e appunto fori stenopeici. Comunque, fa piacere scoprire che c'è un sacco di gente, là fuori, che ama questo genere di fotografia, e che non si lamenta della fatica necessaria a realizzare le immagini (per vederle poco nitide, poi!), dell'impegno che occorre mettere nello sviluppare i rullini, con tutte le macchie che sviluppo e fissaggio lasciano sui vestiti (se sono uomini e a casa come al solito non fanno un tubo, le mogli a questo punto urlano come un elefante a cui strizzino le palle, non so se avete presente)! Ed alla fine di tutto questo, fanno la scansione e mettono il loro bel file su Flickr per ricevere cori di ammirazione da parte di tanta gente che ha scattato altrettante foto poco nitide. Beh, anche io faccio parte del gruppo, sono nel flusso. Oggi mi guardavo le ultime foto fatte, e nella nebbia di contorni indefiniti, grana della pellicola grossa così e sfocato creativo mi sono detto: "però, bello!". Certo, se si capisse che cavolo di soggetto è sarebbe meglio, ma le linee verticali suggeriscono un bosco, o qualcosa del genere. Noi fotografi stenopeici non ci lamentiamo mai di tutti i difetti che farebbero imbestialire un fotografo normale. Noi sappiamo guardare al di là delle apparenze e sappiamo con precisione che per fare una bella foto, in fondo, un buco ci vuole sempre (in tutti i sensi)!