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Però facciamo attenzione: quando parlo di sportivi non mi riferisco a chicchessia, a un Totti, o un qualsiasi insulso giocatore di calcio che si preoccupa di aggiustarsi l'acconciatura, fare la foto con la gnocca di turno, girare l'ultimo tormentone pubblicitario; quando parlo di sportivi, parlo di quelle persone che riescono a rendere un momento davanti alla televisione, o seduti in uno stadio, campo e via dicendo, impresso a fuoco nella nostra memoria; quando parlo di sportivi, parlo di persone che hanno sacrificato la propria vita, con dedizione e passione, a ciò che più amavano e son riusciti a trasmettere questa magia a migliaia, milioni in alcuni casi, di persone.
E badate bene, a mio avviso esistono pochissimi sportivi.
Nella mia personalissima classifica di "miti", se così vogliamo chiamarla, son riusciti ad entrare solamente in tre, pensate un po'. Certo, nomi noti e stranoti nel panorama mondiale, ma che riescono a coinvolgermi come solamente può una scultura di Ciusa, la musica di Mozart o la Comedia di Dante. Per alcuni di voi, probabilmente, sto rasentando la blasfemia accostando i nomi di gente che concentra la propria vita sul fisico e non sui piacere della mente, o sul bene comune, però che ci posso fare, l'arte va apprezzata tutta quanta, compresa quella sportiva.
Ora starete chiedendovi chi sono questi tre mistici e leggendari campioni che io posiziono nel mio personale Olimpo sportivo, eccovi accontentati:
- Michael Jordan. C'è bisogno di dare una spiegazione? Colui che ha rivoluzionato il basket, nel gioco e nella visione fuori dal campo. Guardarlo stare in aria, appeso ad un filo invisibile posto sopra il canestro di Chicago, è stata una mia infantile passione, quasi un tormento riuscire a emularlo, tanto da costringere mio padre, contrariamente a quanto fa il 90% dei bambini italiani che preferisce una porta da calcio, a posizionare un canestro nel giardino di casa.
- Jonah Lomu. IL Rugby. Riusciva a trascinare dietro di sé un'intera squadra di quindici energumeni, affrontandoli a viso aperto, correndo, scartando di lato e, come nella meravigliosa canzone di Francesco De Gregori, purtroppo alla fine, cadere. Ora sta a letto, in fin di vita, lui che riusciva ad avere addosso gli occhi di milioni di persone che aspettavano un suo scatto, una sua corsa furiosa verso la metà ora è lì, in un letto di ospedale, che aspetta un rene nuovo, per vincere la sua partita più importante.
- Gigi Riva. Perché? Perché son di Cagliari, ecco il perché.
Stanotte, intorno alle 00:05, è entrato tra i miei miti anche il Fagiano Crononauta. Ma questa è un'altra storia che vi racconterà Davide La Rosa.
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