Magazine I nostri amici animali
Il cacciatore di Tassi
Siano all'inizio del '900, in piccolo paese della Brianza, al confine tra le province di Milano e Como; Carugo, dove il monotono e piano paesaggio lombardo sfuma, lasciando il posto a dolci rilievi, le prime colline; derivazioni morfologiche delle grandi glaciazioni che congiungono la pianura Padana con le creste delle Prealpi Lombarde.
Giuseppe detto il Pep, avanzava a fatica sull'erto sentiero del colle, in prossimità della Piana di Sant'Ambrogio, alcuni rami secchi cedetterò sotto il lento incedere dei pesanti scarponi, delle foglie di castagno, gialle e secche volarono, roteando nel ridente ruscello sottostante; la roggia Borromeo e si posarono sull'acqua come farfalle su un fiore. Il piede destro sofferente, diffondeva fitte a tutta la gamba, implorando un attimo di tregua, l'uomo moderò la marcia e aiutandosi con il nodoso bastone continuò il cammino benché il dolore non gli desse tregua. Neache gli impacchi con la "Santa palta del fop", avevano attenuato la sofferenza. Il "fop" era una piccolo stagno, situato nei terreni della Cascina Sant'Ambrogio (antica masseria di Diego Martino). Nel suo letto veniva prelevato un fango argilloso, bruno e grasso, ritenuto portentoso e terapeudico dai contadini della cascina, con il quale guarivano slogature ed infiammazioni, l'acqua della pozza serviva anche per abbeverare le bestie allevate nella cascina, e i cavalli di passaggio che transitavano da Como a Milano, a tal guisa essa era stata ascritta nelle mappe militari del territorio.
A vederlo il Pep nel suo incedere, l'uomo sembrava un cacciatore, concentrato e ansimante come un segugio nella ricerca di tracce, ma esso non era un vero cacciatore, lo era diventato; la sua inclinazione cominciò a poco a poco, per colpa di una famiglia di tassi che aveva deciso di stabilirsi nel suo campo di mais, e nel quale aveva inaugurato una serie di ripetute incursioni nella coltivazione che crescevano a fatica in quel fazzoletto di terra strappato a colpi d'ascia al bosco circostante.In questo spazio il Pep, solitario abitante, risiedeva in una piccola casetta, non aveva mai voluto sposarsi anche se le occasioni non gli erano mancate, lui stava bene così, libero e selvaggio come il vento, anche se ormai il tempo gli aveva già ingrigito le tempie, esso non sentiva il bisogno di una compagna con cui condividere la vita..
Il tasso è un animale che mangia di tutto: in particolare mangia morbide radici che scalza con le sue zampe ungulate poderose e poi tuberi, rizomi, vermi, lumache e piccoli serpenti compresa la vipera, al cui veleno risulta immune. L'animale vive nelle aree boscate, può anche frequentare le zone aperte purché dotate di un minimo di vegetazione che gli consenta di trovare ripari adeguati. La sua attività principale sta nella costruzione delle tane. È un animale notturno può rimanere attivo, senza fare ritorno alla tana durante tutta una notte. Scava profonde ed intricate tane nel sottosuolo del bosco. Le tane, dotate generalmente di due o tre aperture, hanno al loro interno numerose gallerie, che vengono ingrandite via via dalle generazioni successive di tassi che vi abitano. Era primavera:il periodo degli amori e i tassi stavano allargando la famiglia; ad ogni parto nascono, tra gennaio e maggio, in media da 2 a 4 piccoli che vengono allattati per 2-3 mesi. La loro prima uscita fuori dalla tana avviene dopo circa 60 giorni dalla nascita, probabilmente era questo il motivo del trasferimento nel campo del Pep. In un'unica tana possono vivere contemporaneamente più esemplari di tasso; non lontano dalla tana si possono trovare piccole buche nel terreno dove il tasso depone i suoi escrementi..
Queste incursioni nel campo di Pep effettuate al calar del sole lo costringevano a notti insonni, l'unica compagnia era una solitaria civetta, che attirata dalla fioca luce delle sua lanterna, s'appollaiava su un ramo di quercia e assieme al Pep a far veglia nella notte, questo atteggiamento portava la gente a considerare questi rapaci dei messaggeri di trapassi e sciagure. Forse per questo ragione il Pep l'aveva soprannominata "la disgrazia". La sorveglianza notturna di rado dava i frutti sperati, nonostante le rincorse, le trappole ubicate agli accessi delle tane, e il roteare minaccioso della grossa verga, al sorgere del sole il Pep verificava svigorito, i numerosi danni arrecati alla sua coltura. Estenuato e assonnato, togliendosi il cappello infradiciato di acre sudore, alzava il grosso capo alla volta del cielo e paonazzo in viso imprecava un' irriverente filastrocca di bestemmie che poi si estingueva con l'abituale intimidazione urlata al vento: “Dannazione!” “Vi prendero brutte bestiacce, vi ucciderò tutte! Nessuno si salverà!”. Le sue ingiurie contro Dio manifestavano la sua profonda alterazione caratteriale, infatti il Pep era stato un buon diavolo, un assiduo frequentatore della messa domenicale, non era raro vederlo seduto nelle prime panche, in un atteggiamento mistico raccomandarsi l'anima alla Madonna e ai santi o altre volte fare omaggio alla statua del Sant'Ambrogio; un altorilievo ligneo, di rovere, raffigurante il Santo, scolpito da Vitale Regola nel 1892 e dipinto da G.Nardini, costodito nei locali della cascina.
Ma ormai il buon Pep era diventato un altro; annichilito ed imbruttito, i suoi pensieri erano assorti sui tassi, un' ossessione che gli era entrata nelle vene come un' inguaribile malattia.Quella bestia, dall'aspetto di cane bassotto con un corpo massiccio e una muscolatura ben sviluppata, muso appuntito e una banda di colore bianco che dal muso si prolunga anche verso il ventre, era il suo incubo e gli aveva cambiato la vita.Il Pep tralasciava i suoi campi che andavano in rovina, il suo focolare di rado sentiva il calore del fuoco e tutto il suo tempo era dedicato alla caccia.
Ma quando, finalmente riusciva nella cattura, danzava, urlando euforico e mostrava di casa in casa l'agoniata vittima.Questo suo gironzalare gli aveva portato oltre agli insulti di qualche contadino non avvezzo a condividere con lui quell' effimera gioia, anche delle piccole ricompense; un bicchiere di vino, il Pincianel, vino ricavato dal vitigno del Clinton, vitigno coltivato in gran numero in quel pezzo di Brianza, un pezzo di pane e qualche volta, qualcuno più generoso o forse solo più curioso degli altri, lo ricompensava con un frugale pasto, in cambio dei racconti delle sue rocambolesche avventure notturne.Questi piccoli gesti gli permettevano di soppravvivere al deperimento fisico che stava avvenendo nella sua persona.
Negli anni difficili la caccia ha avuto un ruolo fondamentale nell'apporto di alimenti ricchi di proteine per la povera mensa dei contadini: Normalmente la carne del tasso non rientrava nelle carni commestibili. “La carne del tasso non si mangia” dicevano i contadini, ma il Pep forse più affamato o disperato degli altri indigenti, mangiava le prede catturate, almeno queste erano le voci che giravano in paese. Prima di cibarsene immergeva le carogne delle bestie catturate nel fontanile, la Testa del Nan così veniva chiamato quel grande fontanile, fratello maggiore di tredici fontanili ubicati in quella piccola valle, tra tutti il più capiente e ve li lasciava per due o tre giorni. Legati stretti, stretti con del fil di ferro, in modo che la carne frollasse, filtrata dalle pure, fresche e calciche acque.La carne del tasso solo così diventava passabilmente commestibile, il Pep mai confermò, ma neanche negò l'insolita alimentazione.Questi fontanili erano assiduamente frequentate dai gamberi di fiumi che oltre alla purezza dell'acqua, gradivano la grande concentrazione di calcio che pemetteva un veloce tempo di muta del carapace e riduceva drasticamente il periodo in cui i crostacei rimamevano privi della loro protezione.
Trascorsero dei mesi, tra le scorribande notturne dei tassi, gli appostamenti, ogni tanto qualche animale veniva catturato, alimentando l'allegorica processione ed esposizione delle prede nei cortili delle case. Poi venne l'autunnno e le foglie cominciaro a cadere, ricoprendo di un soffice e dorato manto il bosco, e la valle.Un giorno, un martedì, il Pep scomparve, per tre giorni nessuno lo vide, fatto strano, esso non aveva mai interrotto il suo folle pellegrinare alla ricerca dei tassi. I contadini impietositi e preoccupati dalla strana e prolungata assensa di quel "povero Cristo", il Pep, si misero alla ricerca, percorrendo i numerosi sentieri disseminati tra le colline.
Dopo ore di ricerca, lo trovarono; il corpo giaceva in posizione fetale come in un grembo, completamente immerso nell'acqua del Nan, le impronte rilevate vicino al punto di ritrovamento: un grosso cuscinetto centrale con quattro segni tondeggianti allineati spesso sormontati dalla traccia dell'unghia, lunghe 5-7 cm, dove si evidenziano bene le cinque dita con le relative unghie., erano di un grosso tasso un esemplare almeno dodici o tredici chili, inoltre nella zona adiacente al tragico epilogo c'erano tracce inequivocabili della cruente sfida tra l'uomo e la bestia, nel furore della battaglia, il Pep era scivolato sulle ripide pareti delle sponde che cingevano il fontanile, finendo in acqua, era annegato nel silenzio della radura.
Con fatica e raccapriccio le miserevoli spoglie, furono adagiate su un terreno erboso:la sua carne era bianchissima, come un bianco lenzuolo steso ad asciugare al tiepido vento di primavera. Il decano del comunità con un nodo al gola, deglutì la saliva ed esclamò “Madonna Santa! E' morto annegato! E' finito frollato come i suoi tassi”.
Quande lo sbraitare dei soccorritori, si fece più sereno, nel bosco di querce s'udirono dei suoni, il silenzio calò di colpo, per poter meglio ascoltare.Gli uomini rimasero impietriti; echeggiarono distintamente dei soffi, brontolii, e poi, in un crescendo di grida acute, quelle grida fecero accapponare la pelle agli uomini che erano caritatevolmente radunati attorno alla salma del Pep. Il grosso tasso celebrava la sua vendetta, l'uccisore dei suoi simili non avrebbe più colpito, la civetta svegliata da tutto quel trambusto, volteggiò nel cielo plumbeo e si posò su un ramo di un carpino, questa volta era sola; il suo amico, il Pep, era volato nei cieli della misericordia.
Sergio Castoldi
* * * * *
Con questo piccolo pensiero ringrazio Sergio per la gentilissima collaborazione! Dopo aver letto la sua storia devo convincermi che madre natura prima o poi si difende dalla cattiveria umana .... e mi sembra giustissimo che lo faccia dal momento che siamo sordi di fronte alla sua voce!Salutissimi!
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