Con le mani intorpidite dal sonno, stringo la moca mentre una parte del caffè si spolvera silenziosamente nel lavandino, sulle forchette, accanto ai bicchieri e i cucchiaini da lavare, ai quali si sarebbe sommata l’ennesima tazzina. Un giorno di quelli che cominciano col sole in faccia, e si concludono con due sputi in un occhio destinati a moltiplicarsi rumorosamente come a dirti “Spostati da lì, non vedi che sta piovendo?”. Quasi come se non te ricordassi ci pensi due volte a dire che d’altronde “siamo a marzo”. Ci pensi bene perché a dire marzo potrebbe scapparti di dir qualcos’altro. Manzo per esempio. Pensa se i mesi avessero il nome di un alimento. Molto probabilmente gli alimenti si chiamerebbero in altro modo, ma esistono già altre parole omonime distinguibili soltanto da un accento. E se sbagli quello, è la fine.
“Lo so che è dura ma un po’ alla volta, accètta!”
“Non posso, non ho l’accétta per farlo.”