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Il cambiamento

Creato il 29 maggio 2011 da Odio_via_col_vento

 

Il cambiamento

Josep de Ribera , Vanitas

 

Si cambia. Inevitabilmente.
Ma spesso è difficile accorgersi che il tempo ha segnato un limite invalicabile e che è ora di cambiare anche noi, nella percezione di noi stessi, nella propria immagine interiore ed esteriore.

Il cambiamento ci passa addosso, ci sovrasta, quasi sempre ci prende alla sprovvista. Era solo ieri e andavo a scuola; anzi, no, all'università.
Ora che ci penso, forse era ieri ed ero la mamma più giovane della scuola, passavo per strada senza grande consapevolezza di me, ma gli uomini si voltavano a guardarmi ed io mi infastidivo.
Ero io che lottavo per la mia carriera, che mi caricavo di zaini dei libri dei figli, di sacchetti della supermercato sempre più pesanti, che correvo.....ma davvero correvo?
Sì, ero io che correvo sotto uno dei soliti acquazzoni estivi, improvvisi e violenti: era Piazza della Signoria ed ero col mio giovanissimo fidanzato, quell'abitino estivo che mi si appiccicava addosso.
Ma no: era una corsa sul ponte dei Blackfriars, era Londra e staccai in un attimo tutti alla ricerca di un riparo. E ridevano, i colleghi e forse mi invidiavano. Ero io ad essere la più giovane del gruppo.
Ma davvero sapevo correre? POTEVO correre?

Sì, era ieri e non sentivo fatica, passavo ore a studiare e ricordavo tutto.
Mi svegliavo anche dieci volte per notte, prima un bambino e poi un altro, e al mattino non lo avresti mai detto: niente occhiaie, niente che intaccasse la limpidezza dello sgardo e del sé. 
Ero io con quei capelli nerissimi e pesanti, una massa di capelli; che noia, che seccatura....che meraviglia.
Ero io con quei bambini sempre attacti alle gonne; gonne si fa per dire....jeans, sarebbe più veritiero.
Era il mio armadio che non conteneva una gonna nemmeno a morire, che era quasi vuoto. E anche le scarpe, ma chi ci faceva caso?
Ero io cui regalarono, le amiche, il primo set per truccarsi al 27° compleanno. E ancora quanto ci misi per adoperarlo?
Ero io che non ne avevo bisogno, che non me ne curavo, che POTEVO non curarmene.

E quanto si potrebbe continuare così?
Ero io. 
E dentro di me lo sono ancora: sono quella che si deve fermare un attimo a pensare a quanti anno ha, per non dire una assurdità. Che non fa mai i conti, da sola, con malattia e anni, che partirebbe domani per la Mongolia, per la Parigi-Dakar, per il giro del mondo in ottanta giorni. 
Ma i conti con la realtà, purtroppo, nel bene e nel male, bisogna impare a farli. 

 


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