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Il camino e l’essenziale

Creato il 31 dicembre 2014 da Trame In Divenire @trameindivenire

Da me, a Laureto, in collina, c'è il caminetto. Non uno di quei moderni termocamino che ti sembra che in casa è sempre primavera, ma un camino tradizionale, in pietra. Di quelli che la legna se la mangiano. Il mio la divora tanto che tira. Come un ingordo. Ma con il freddo è il minimo che si possa desiderare. Soprattutto perché non c'è altra fonte di calore. Niente termosifoni. Per scelta spartana.

Camino nonostante, da me in maglietta, in giuro per la casa non ci puoi proprio stare. Ti serve addosso la lana, a cipolla, strato su strato, che ti protegge, ti scalda il cuore e anche i pensieri. Lana, divano, coperta, un bicchierozzo di vino, rosso, bruschetta e i pensieri confusi e rilassati.

Il caminetto all'antica, la cura del fuoco, sistemare i tizzoni, fino a notte fonda e al mattino la cenere da levare, è un rito, un culto, una sorta di religione della lentezza, con gesti cadenzati e incantati, puntuali e sospesi nel tempo, come un sacro officio a scandire le lancette della casa, viva senza ansie e attese, anche quando fa freddo. Anzi di più.

Casa è piccola: una casetta. Piccole, minime, sono le esigenze di una casa così, quasi all'osso. Piccoli siamo anche noi che la viviamo. Non piccoli di statura, che poi, noi piccoli lo siamo. L'uno più piccolo dell'altro. Ma è solo un caso. Questo essere piccoli non è dunque una questione di statura, né un fatto privativo, di mancanza. Non sei piccolo perché ti manca qualcosa, o come un impedimento. Piccoli si è anche quando si vive per l'essenza. Ciò ch'è necessario. Senza eccessi, ridondanze barocche, sovrappiù accessorie e tecnologiche inutili, per altro da gestire e che ti succhiano un bel po' della tua essenza. L'essenza è la purezza, e la purezza non ha grandezza che si possa misurare.

Il caminetto di casa mia è così. Essenziale.
E allora la sera, in queste sere di freddo gelido a cavallo tra il Natale e il nuovo anno, ci vuole una buona coperta sulle gambe. Come ora mentre scrivo. Serve, ci vuole proprio. Ci vuole soprattutto per custodire gelosamente quella preziosa, sacra e necessaria essenzialità dell'essere coperta dalla carne e dalle ossa a scaldarsi al riverbero della legna che si fa tizzone ardente tra le fiamme, l'incantazione ipnotica e poi la cenere.

In questa essenzialità ho scoperto, conosciuto e condiviso la purezza e la semplicità del vivere lontano dalla città che città non è ma che si da arie da città. Distante dal caos e dalla frenesia che, della città che non è città, si è impossessata senza resistenze portando all'oblio tempi e cadenze discrete, timide, silenziose, presenti al tatto del cuore che qui ancora sente e gode di buona salute.

Qui, a 400 metri di altitudine e a 4 chilometri di distanza dalla città, la semplicità, l'essenza del vivere assume carattere immanente e trascendente. Allo stesso tempo. Anche grazie al caminetto. Qui, i silenzi ovattano i timpani con armonie fluide e imperturbate: quartetti d'archi al risveglio, orchestre al mezzodì, ottoni e tamburi al tramonto, jazz alla sera prima che arrivi Morfeo.

Ecco, il mio caminetto all'antica, e al gelo, come quello di questa notte, è il trionfo dell'essenza. E' purezza e semplicità esaltate a gioia beata.


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