di Pier Angelo Sanna
Farsi trovare mezzi morti tra le braccia di una trans è ormai passato di moda persino a Torino. Tuttavia, dopo il bell’esordio narrativo di Marco Ghizzoni, la moda, da una sponda all’altra del Po, potrebbe diventare quella di farsi trovare cadaveri del tutto, tra branchi di troioni in una stazione a caso. In quel di Boscobasso, provincia di Cremona, il liutaio Arcari, intanto, dà il buon esempio.
Da qui, da un bravo cittadino sposato, assai rispettabile e tutto, che crepa mentre si sta scopando una puttana, prende il via questo piacevolissimo romanzo dove non mancano i colpi di scena, gli equivoci, le risate e i simboli freudiani anzichenò. Cappelle di maschi compaesani di Mina che sfilano, l’una dopo l’altra, davanti a fighe della bassa anche loro, ognuna con la propria dote in bella mostra, chi più, chi meno. E non mancano neppure le cappelle meridionali, a volte calienti come da stereotipo, a volte intirizzite dal freddo, a volte del tutto morte, sepolte, ma poi anche dissepolte, rimesse in ballo e tanto altro ancora. E, tra un funerale e una trasmissione della televisione locale, un ritrovamento di ossa, una manica di debosciati e una frizzantissima segretaria comunale un po’ camp, un maschio in divisa che si chiama Bellomo perde il cappello, ma non il vizio. Fortunatamente Ghizzoni, nell’introdurci la sua varia umanità avariata, ha il tocco della leggerezza, quella che sa sorridere anche di fronte al peggio, e possiede inoltre un’onestà di scrittura da autore italiano dei primi del Novecento, quando gli scrittori erano, appunto, almeno onesti, e non desideravano in cuor loro fare le soubrette nella vita e sulla carta. Ghizzoni, inoltre, ha il privilegio di essere qualcosa che pochissimi autori italiani sono: un lettore di buona letteratura.
I suoi mostri hanno il pregio di essere assai familiari e, per questo, ancora più inquietanti, perché sono i nostri vicini di casa, i nostri macellai, il nostro impiegume comunale, i nostri becchini, le nostre bariste romantiche. Siamo noi, con il nostro domicilio psichico in qualche sottobosco. Lo so, sembra di vedere Torino o Milano, ma questa è la provincia, bellezza. A Ghizzoni, che ha trovato il fegato per sorriderne, tanto di cappello.
Pier Angelo Sanna
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- Cover Amedit n° 19 – Giugno 2014, “Barbatrucco” by Iano
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 19 – Giugno 2014
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