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Il cappone alla Gonzaga

Da Silva Avanzi Rigobello

Questo piatto, che servo come sofisticato antipasto, può apparire ingannevolmente banale perché, appartenendo alla categoria del pollame bollito, sembrerebbe proprio adatto ad una cena leggera, con ospiti di mezza età come in genere sono i miei, in quanto più o meno nostri coetanei.
Impressione sbagliatissima: l’insalata di Cappone alla Gonzaga è piuttosto complessa, decisamente raffinata, molto “gourmand” e perfino storica.
È frutto infatti della fantasia e dell’abilità di Bartolomeo Stefani, cuoco alla corte dei Duchi di Mantova intorno alla metà del 1600.
È proprio per queste sue nobili origini Rinascimentali dunque e perché è in qualche modo legato ai miei ricordi d’infanzia, che riservo questo insolito e sontuoso antipasto a poche persone che mi stanno particolarmente a cuore: non è un piatto che preparo per tutti…

Il giorno precedente a quello in cui si intende servire il piatto, si lessano 2 petti di cappone (o eccezionalmente di pollo) con sedano e carota, 1 foglia di alloro e 1 piccola cipolla steccata con 2 chiodi di garofano con tanta acqua salata quanta ne occorre per coprirli.
A cottura ultimata si lasciano raffreddare nel loro brodo, che servirà per esempio per cuocere i cappelletti da servire come primo piatto.
Nel frattempo si fanno rinvenire 50 gr di uvetta sultanina in 1/2 bicchiere di vino bianco tiepido con 1 cucchiaino di zucchero.
Si sgocciolano i petti di cappone e pazientemente e con molta cura si sfilacciano con le dita e si lasciano cadere in una terrina.

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Si condiscono con un’emulsione di olio, succo e buccia grattugiata di 1 limone biologico, si aggiusta di sale e pepe e si aggiungono le uvette con tutto il vino eventualmente rimasto nella ciotolina in cui si sono fatte rinvenire.
Si mescola con delicatezza sollevando i filetti di cappone con due forchette e facendoli ricadere nella terrina perché non si ammucchino, o meglio si usano le mani che per condire e rimestare le insalate sono uno strumento non solo adatto, ma perfetto.
Si copre con la pellicola e si conserva in frigorifero per almeno 6-8 ore perché tutti i sapori si amalgamino.
Si serve con piccole ciotole individuali di mostarda Mantovana e un ultimo filo d’olio.
Volendo esagerare, per continuare a creare l’illusione del sontuoso desco rinascimentale dei Duchi di Mantova si può far seguire all’insalata di cappone il “sorbir d’agnoli”: cappelletti cotti nel brodo di cappone e serviti in tazza con un abbondante sorso di vino Lambrusco.

Il Cappone alla Gonzaga l’ho assaggiata per la prima volta a casa di quei cugini del mio papà di cui parlo nel Capitolo 11 del mio libro, quello in cui accenno a mia nonna Emma, al suo strano condimento per gli gnocchi di patate che ho postato il 2 febbraio, al profumo della frutta messa a seccare nel “tinello” in cui si pranzava, ad una stupenda bambola di porcellana, al vino Clinto e al sugo d’anatra.
Ecco, anche oggi ho creato un’altra occasione per dividere ricette e ricordi con le persone amiche.
Quando non ne potete più, me lo dite, vero?


Archiviato in:Antipasti Tagged: alloro, carota, cipolla steccata con chiodi di garofano, mostarda Mantovana, Petto di cappone, sedano, succo e buccia di limone, uva sultanina, vino bianco, zucchero

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