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Secondo molti è il capolavoro di Alberto Lattuada, secondo me sicuramente è un capolavoro di Renato Rascel, che 7 anni prima di "Policarpo" già si ritrovava in un ruolo molto simile: anche qua è impiegato nel pubblico, ancora una volta è uno scrivano deriso e maltrattato al lavoro, persino in comune tra i 2 film la innocente e involontaria scoperta di una corruttela che gli procurerà temporanei favori dal capo.
Liberamente ispirato al racconto omonimo del genio russo Gogol (scrittore amatissimo da chi scrive), rispetto al citato "Policarpo" siamo ora calati in una realtà meno lontana: Pavia, in prima epoca fascista. L'impiegato De Carmine subisce umiliazioni d'ogni genere, ma la cosa che lo fa più soffrire in quell'inverno è la mancanza di un cappotto adeguato. Quello che ha è liso ed è comparso anche un grosso buco sulla schiena. Riuscirà a farsene uno nuovo, bellissimo, proprio prima del rinfresco di fine anno offerto dal capoufficio. Mentre tornerà a casa dopo la serata, sul bellissimo e famoso Ponte Coperto (o Ponte Vecchio) verrà aggredito e derubato del cappotto, senza trovare nessuno disposto ad aiutarlo per recuperarlo, nemmeno le suppliche al sindaco serviranno a nulla. Morirà di crepacuore. Il suo funerale sarà un momento che nessuno a Pavia potrà dimenticare e De Carmine, anche da morto, farà in modo che la memoria non decada... I 107 minuti dell'edizione restaurata ora disponibile contengono qualche momento estremamente esilarante ma anche quelli in un tale contesto di sudditanza al potere che non ce l'ho fatta a dichiarare il film come commedia.
L'abito fa il monaco, anche quando è indispensabile a coprirti. Fa già sorridere, in un'epoca come questa, pensare che un semplice cappotto possa essere oggetto di sofferenze, risparmi, pensieri, però il racconto di Gogol, che nel film conserva intatti i suoi aspetti surreali, è tragicamente calato in una realtà "reale". La spocchia e la boria di sindaco, capoufficio e compagnia superano il sopportabile, anche se forse non a tutti può fare lo stesso effetto visto che negli ultimi anni in italiA abbiamo eletto luridi esseri di simil schiatta, gente che certo non ammira il povero De Carmine ma i suoi despoti. Se tutti i morti che hanno sulle spalle, parlo dei luridi recenti, potessero fare quello che farà De Carmine alla fine, ne godremmo tutti. Forse certe cose si potrebbero fare prima di morire, a pensarci bene.
Sbaglia chi pensa ai "signori" ritratti nel film come rappresentanti del fascismo, sono simbolo di una classe dirigente italiana - fatte le debite eccezioni - che è tuttora piccola di cervello, poverissima di senso civile e "grande" solo nel ricercare privilegi (e mignotte). Sbaglia anche chi giudica De Carmine semplicemente come un pavido destinato all'obbedienza, visto che dimostrerà in più di un'occasione di saper far valere le sue ragioni e diritti, ché son tutti bravi a fare i forti quando si hanno potere e ricchezza, mentre è quando non li si hanno che si dimostra veramente la tempra. La salute lo tradirà, lo spirito gli sopravviverà. Un piccolo eroe.
E' un film meraviglioso, per me da Olimpo. Questo 2012 ho iniziato, e continuerò, scavando nelle nostre origini italiane, di Popolo e di Cinema. Sento questo bisogno anche se non so bene spiegarne il perché. Godetevi i molti dettagli che non vi ho raccontato, ma se lo guarderete, anche se vi sembrerà un film semplice, cercate di non distrarvi, a partire dai titoli di testa. Ve ne dico solo una che mi ha commosso: De Carmine infreddolito si avvia verso l'ufficio e per scaldarsi le mani a un certo punto si ferma vicino ad un calesse e le mette sotto il soffio delle nari del cavallo... A volte è la somma di dettagli che crea il totale di un film. "Il cappotto" ne è pieno, scegliete il vostro.
Robydick
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