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"Va in prigione e può addirittura vedere la tv, è una vergogna"
"Ha stuprato una donna e dopo poco tempo è già fuori"
Avete mai pensato o sentito dire una di queste frasi? Scommetto di si.
Sono pensieri che passano per la testa a chi ritiene che il carcere debba punire un crimine commesso.
Ma è veramente il ragionamento giusto da fare?
In Norvegia i detenuti, se così si possono chiamare, possiedono un loro appartamento, dispongono di un portatile, di tv, di campi da calcio, da tennis, gli è addirittura consentito andare a cavallo e nuotare nell'oceano.
I secondini non hanno pistole (neanche la comune polizia le possiede) e vivono costantemente a contatto con i "prigionieri". Essi passano le giornate a lavorare nei boschi, nelle fattorie e gestiscono dei veri e propri negozi.
Il sistema carcerario norvegese ha quindi tutto un altro approccio rispetto al pensiero americano (e anche italiano), non punisce ma cerca di riabilitare (clicca QUI per saperne di più e vedere con i tuoi occhi).
Anche Breivik, neonazista autore della recentissima strage in Norvegia avrà questo trattamento: 21 anni (pena massima nel Paese in questione) di permanenza in queste "prigioni" di lusso nonostante al processo sia risultato sano di mente e dispiaciuto per non aver ucciso più persone.
I risultati dei due approcci? In Norvegia il tasso di recidività (cioè un detenuto che dopo la pena torna in carcere) è al 40%, in Italia e negli Stati Uniti è al 70%
Allora chi ha ragione? I norvegesi che trattato i prigionieri come turisti in un villaggio vacanza o americani e italiani che puniscono a oltranza provocando anche un considerevole numero di suicidi?
La risposta non ce l'ho, provo un senso di ammirazione per la società norvegese ma, lo confesso, anche io ho spesso pensato le frasi citate all'inizio di questo post. Il dato sui tassi di recidività tuttavia dovrebbe quanto meno far riflettere, sbaglio?
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