Il cardinale Sepe sa. Che fa, parla?

Creato il 24 giugno 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Consapevoli che in Italia parlar male della Chiesa significa esporsi a ritorsioni da Santa Inquisizione, torture psicologiche e pressioni indebite comprese, non possiamo non cercare di capire quello che sta accadendo nelle segrete stanze d’Oltretevere dopo la recente conferenza stampa del cardinale Sepe. Per chi non ha l’opportunità, o la voglia, di abbeverarsi a fonti di informazione meno inquinate di quelle attuali, ricordiamo che il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, sarà ascoltato a breve dai magistrati di Perugia per fatti che lo vedono “attenzionato” per corruzione. L’alto, anzi altissimo prelato, dovrà spiegare perché non è nata una pinacoteca nella sede di Propaganda Fide di Roma, dopo che lo Stato gli aveva concesso 2 milioni di euro per la sua realizzazione. Ci sono poi anche altre piccole cose, come quelle riguardanti i rapporti con Balducci, Anemone e Bertolaso e la gestione dell’immenso patrimonio immobiliare della Congregazione, ma queste sono pinzillacchere. Preso atto che la Chiesa non è quella della pubblicità ingannevole che passa sulle reti televisive per convincere la gente a sottoscrivere l’8 per mille a suo favore (solo il 20 per cento va alle opere di carità), sta venendo fuori che Titti e Gatto Silvestro (la coppia B&B, Bagnasco/Bertone) hanno ritrovato il senso di un comune sentire per cercare di arginare gli attacchi che Sepe ha minacciato contro le alte sfere Vaticane. Praticamente in disaccordo su tutto, tanto che per molti aspetti ci stanno ricordando le sfide mitiche di qualche anno fa fra i cardinali Siri e Benelli (entrambi autocandidati Papa), le due eminenze stanno cercando, insieme, di addolcire la posizione di Sepe che, con tutta evidenza, si sente molto capro espiatorio. Secondo il “vellutato” linguaggio curiale, infatti, quando Sepe ha affermato che i bilanci di Propaganda Fide furono regolarmente approvati dalla Curia Vaticana ha detto, traducendo per il volgo, “tutti sapevano, sanno e sapranno” che somiglia molto a una chiamata di correità. Ma la preoccupazione della Santa Sede non riguarda tanto gli “effetti legali” dell’inchiesta di Perugia (a quelli penserà un lodo-ecclesiae appositamente concepito dagli amici di don Gelmini), quanto le ripercussioni negative sull’immagine della Chiesa che porterebbe a un inevitabile calo (cosa che sta già accadendo), degli introiti dell’8 per mille. Un altro scandalo dopo quello dei preti pedofili sarebbe devastante, anche per una Spa millenaria come l’industria cattolica romana. Proprio questa mattina, a Genova, Titti e Gatto Silvestro si vedranno per parlare del “caso Sepe” e per elaborare una strategia che consenta alla Curia Vaticana di non uscire con le ossa rotte da una ennesima vicenda tinta di giallo. C’è da aggiungere che Crescenzio Sepe non è un qualsiasi cardinale, innanzitutto è stato il “regista” del Giubileo, controllava la nomina dei vescovi destinati in Africa, Asia e America Latina che rappresentano un terzo delle diocesi sparse nel mondo, ed era l’erogatore di un fiume planetario dei soldi delle “Giornate Missionarie”. Sepe è uno che sa, che conta (letteralmente) e che ha già tirato in ballo il Papa, la Segreteria di Stato e la Prefettura degli Affari Economici della Chiesa; ridurlo a più miti consigli, sarà il compito dei due big del “cupolone”. E poi uno dice che si butta sui valdesi!

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