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Il 26 giugno 2013 ricorrerà il 30° anniversario dell’uccisione di Bruno Caccia, procuratore capo di Torino ucciso dalla ‘Ndrangheta nel 1983, negli Anni di Piombo. Circa alle 11 di sera l’uomo, privo di scorta, era uscito per portare il cane a fare una passeggiata interrotta bruscamente in via Sommacampagna, dove due killer su una 128 lo uccisero con ben 17 colpi di arma da fuoco.
Caccia aveva dedicato molte delle proprie indagini alla lotta al terrorismo; indagava sul “clan dei calabresi” e sulla mafia al nord Italia, e grazie a lui furono istituiti i primi processi ai capi della malavita. Proprio per questo, l’inizio delle indagini aveva visto una concentrazione particolare sulle BR. Le Brigate stesse rivendicarono l’omicidio ai principali quotidiani nazionali, ma la dichiarazione fu smentita in poco tempo. Lo stesso avvenne con i movimenti Prima Linea e i neofascisti NAR.
Si ipotizzò successivamente che il mandante appartenesse alla criminalità organizzata; i servizi segreti colsero le parole del boss della ‘Ndrangheta Domenico Belfiore: l’uomo ammetteva che era stata proprio la ‘Ndrangheta a uccidere Caccia in quanto “non ci si poteva parlare”. Il pentito Ciccio Milano ha registrato la dichiarazione orgogliosa di Belfiore: -Per Caccia, dovete ringraziare solo me…- Condannato all’ergastolo nel 1993, si ritiene che Belfiore non avesse dei complici. Secondo il legale della famiglia Caccia, Fabio Repici: “E’ improbabile che Belfiore abbia agito da solo e senza movente”. Si ipotizza inoltre il “coinvolgimento in concorso di soggetti calabresi e catanesi”.
Le indagini sono state ora riaperte alla procura di Milano, dopo la richiesta dei tre figli di Caccia: “Per noi vorrà dire riaprire una ferita, che per altro non si è mai del tutto chiusa. Ma lo sentiamo come un dovere, come un bisogno di giustizia per il nostro Paese”.
L’attenzione dei magistrati si concentrerà su prove e indizi finora trascurati ma che potrebbero portare a svolte significative nel’individuazione dei killer e del movente, per esempio il materiale sequestrato a casa di Rosario Cattafi, avvocato milanese noto per la prossimità all’estrema destra e alla mafia, incarcerato a L’Aquila. Tra i tanti misteri che ancora avvolgono il caso, infatti, c’è l’identità dei due assassini, che non sono mai stati catturati. Come ha puntualizzato Repici, infatti, “Sulla morte di Caccia ci sono ancora troppi buchi”.
Torino si mobilita per l’anniversario della scomparsa di uno dei magistrati che più si impegnò nella lotta alla mafia. Il 26 giugno saranno organizzate una manifestazione al Municipio e una commemorazione al Palazzo di Giustizia, intitolato a Caccia. Inoltre sarà deposta una corona di alloro nel punto in cui avvenne l’omicidio. Il tutto si concluderà il 27 giugno con un incontro al Palazzo di Giustizia su “Le mafie al nord”, a cui parteciperà anche Roberto Saviano.
Articolo di Giulia Porzionato