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Il rapporto irrisolto tra il creatore e la creatura rischia di nuocere gravemente al movimento 5 stelle, dilapidando preziose energie e consensi forse irrecuperabili...
La fatwa che ha colpito via web i franchi tiratori grillini, pare essersi risolta senza grandi conseguenze, dopo il parziale dietro-front di Grillo, frenato, probabilmente, dagli umori apparentemente benevoli nei loro confronti degli utenti della rete. L'evento, di per sé, rappresenta quanto di meglio si possa auspicare nella vita democratica di un paese; gli elettori che intervengono in tempo reale nel pieno di una disputa politica, esprimendo un giudizio sull'operato degli eletti, determinante per il proseguio della loro attività politica: chi osava sperare tanto? Tuttavia, il fatto pone questioni non di poco conto da affrontare: un parlamentare deve restare legato alle direttive del partito nelle cui fila è stato eletto? E, nel caso del M5s, Grillo può considerarsi il rappresentante, oltre che il garante, degli elettori se non ci fosse il tempo di dar loro voce? Mi pare evidente che la libertà di coscienza debba essere considerato valore indiscutibile, anche se gente come Scilipoti e Razzi ha avuto la capacita di svilirla oltre il lecito. Pare lapalissiano che l'operato del parlamentare debba essere giudicato a fine mandato, e solo dal suo collegio. Per quanto concerne il secondo quesito, la risposta sembra un poco più complessa. Credo che la stragrande maggioranza degli elettori del M5s riconosca la buonafede di Grillo, e le sue indubbie capacità di raggruppare attorno a delle idee, la parte migliore della società civile. E credo anche sia di facile comprensione la sua incessante preoccupazione sull'operato degli eletti; ai più non potra sfuggire che Favia non rappresenterà un unicum, e che i richiami delle sirene legate agli interessi personali suonerà sempre e incessantemente. A fronte di queste (legittime) preoccupazioni, la risposta di Grillo appare però legata ad una debolezza intrinseca: la sua incapacità, almeno per il momento, di "affidarsi" al giudizio degli appartenenti al movimento tutti. I meccanismi che dovrebbero permettere un giudizio partecipato, sono, sostanzialmente, fermi al palo. Il creatore, prodigo di attenzioni per la sua "creatura", fatica a donargli "vita propria", come se trovasse grandi difficoltà nel concedere quella fiducia di qui pure lui stesso ha goduto da parte di milioni di connazionali. Se uno vale uno, anche a costo di inevitabili passaggi a vuoto, questo è un percorso che è da compiersi.Nel merito delle votazioni, non entro. Capisco le ragioni di chi, vedendo ancora Schifani in pole position, inorridiva. E quelle di coloro che ricordano che Grasso voleva assegnare un premio per la lotta alla mafia addirittura a Berlusconi. Il paragone sul blog di Grillo tra "peste bubbonica" e il "forte raffredore" non è avulso da buon senso, e fotografa la realtà dei fatti. E'legittimo supportare un governo dei meno peggio, o è opportuno schierarsi contro qualsiaisi schieramento dei partiti? Ogni posizione è legittima. Personalmente, valuto Bersani come l'incarnazione del "vorrei, ma non posso", dilaniato da desideri condivisi, e la necessita di raggrallenare consenso all'interno della propria (marcia) struttura. Il prossimo passo verso l'acquisizione del potere è la spartizione del Quirinale con il Pdl, che necessita di un'investitura a senatore a vita per B., a rischio Hammamet. Forse D'Alema? Il segretario del Pd cederà all'ennesimo richiamo all'inciucio bipartisan? Per adesso posso solo constatare che, lo sciagurato, ha risposto..
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