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Il caso Moro secondo Carlos. Intervista esclusiva di Paolo Cucchiarelli per l’Ansa (2008)

Creato il 26 aprile 2011 da Yourpluscommunication

Il caso Moro secondo Carlos. Intervista esclusiva di Paolo Cucchiarelli per l’Ansa (2008)Un ultimo, estremo tentativo di salvare Aldo Moro venne tentato da una fazione del Sismi che preparò, con l’aiuto dei palestinesi dell’Fplp (l’ala marxista della resistenza palestinese vicina alla RAF) di portare dei brigatisti italiani dal carcere in un Paese arabo. A far da garanti c’erano proprio dei palestinesi che agivano sotto la protezione dell’ala del Sismi che faceva capo al colonnello Stefano Giovannone, che era il capo centro a Beirut e uomo notoriamente vicino a Moro che lo invoca in una delle sue lettere. Probabilmente per una indiscrezione partita da un uomo dell’Olp, quell’ultimo tentativo venne bloccato e l’aereo, un executive dei servizi, stazionò invano sulla pista di Beirut l’8 e il 9 di maggio. A 30 anni dalla morte del Presidente Dc a fare queste rivelazioni, confermando precedenti allusioni è, in una intervista esclusiva all’Ansa, Carlos, Ilich Ramirez Sanchez, “lo sciacallo”. Carlos non aveva mai chiarito l’esatta dinamica di questo ultimo tentativo facendo sorgere l’ipotesi che si riferisse ad uno scambio – che ora smentisce – con 4 capi della RAF (le Br tedesche) che erano nella mani del generale jugoslavo Tito e che vennero interrogati dall’Ammiraglio Martini proprio nella tarda mattinata del 9 maggio, quando però Moro era già morto. L’intervista è stata realizzata grazie alla collaborazione dell’avvocato difensore di Carlos, Sandro Clementi e della signora Sophie Blanco che hanno incontrato Carlos nel carcere di Poissy nei giorni scorsi.

D: L’Ammiraglio Fulvio Martini, che nel 1978 era vice responsabile del servizio segreto italiano, ha raccontato che la mattina del 9 maggio del 1978 si recò in missione in Jugoslavia per interrogare gli esponenti della RAF che erano in mano a Tito. Questi affermavano di aver avuto rapporti con le Br a Milano. Si trattava dell’allora vertice della RAF Gli uomini della Raf in mano a Tito dovevano essere scambiati proprio il 9 maggio con il Presidente della Dc che invece venne ucciso proprio quel giorno?

R: Non è vero. Le Br non avrebbero potuto essere oggetto di uno scambio come tanto meno i tedeschi in cambio della vita di Moro. Lo scambio avvenuto tra i servizi jugoslavi e i tedeschi del BND (servizi segreti di Bonn) è stato effettuato in cambio dei membri del gruppo Hoffman catturati in Jugoslavia e consegnati ai tedeschi.

D: A fine marzo del 1978 le Br presero contatto con uomini di Chiesa. Volevano arrivare ad un confronto con uomini dello Stato per avviare una trattativa. Si individuò anche il mediatore, un uomo politico vicino all’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga che ha recentemente detto che quell’incontro avvenne effettivamente e proprio a Milano. Lei ha parlato di rivoluzionari stranieri che si stavano recando ad una riunione decisiva “per stabilire un contatto con un rappresentante dello Stato” e che sfuggirono per un soffio  all’arresto. Qualcuno, con quel blitz, interruppe un canale? Si trattava degli stessi uomini della RAF che poi fuggirono in Jugoslavia?

Il caso Moro secondo Carlos. Intervista esclusiva di Paolo Cucchiarelli per l’Ansa (2008)
R: Quello che posso dire è che vi era un contatto tra le 2 direzioni (BR – RAF) e che ci fu in quel momento un’operazione delle teste di cuoio (prima nella storia). Il Governo italiano non aveva necessità di stabilire contatti con gruppi stranieri per liberare Moro – i compagni della RAF (nella foto)  tornavano dalla Jugoslavia a Bagdad.

D: Lei ha detto che c’erano “patrioti anti-Nato”, compresi molti generali, che erano partiti per aspettare il rilascio dei prigionieri e per salvare la vita di Moro e l’indipendenza dell’Italia. Invece questi patrioti, inclusi alcuni generali, furono costretti alle dimissioni e costretti ad andare in pensione. Effettivamente ci fu una vasta epurazione nei servizi segreti italiani dopo la morte di Moro. Questa fu conseguenza di quell’estremo tentativo di salvare il Presidente della Dc proprio il 9 maggio, quando Moro venne ucciso?

R: Sì, fu una conseguenza dei fascisti (Carlos  li definisce Mussoliniani) che controllavano l’intelligence militare che aveva preparato operazioni per andare a prendere nelle carceri, di notte, alcuni brigatisti imprigionati. Credo che l’informazione sia arrivata ai servizi della Nato da Beirut e probabilmente per l’imprudenza di Bassam Abu Sharif  (membro dell’ufficio politico dell’OLP).

D: Quell’aereo da Beirut sarebbe volato con i capi della Raf nello Yemen del Sud, in Iraq? Moro sarebbe stato liberato?

R: No, era a disposizione della resistenza palestinese per andare sotto la protezione dello Stato italiano (servizi militari) nel paese opportuno per organizzare il ricevimento dei brigatisti sul punto di essere sottratti dalle carceri dai servizi militari.

D: Ai primi di maggio del 1978 il figlio di Aldo Moro, Giovanni, e la sua fidanzata chiesero ed ottennero un passaporto valido anche per lo Yemen del Sud, l’unico stato arabo marxista. Ci sono stati contatti tra lei o suoi uomini e uomini legati a Moro per arrivare a questo possibile scambio? Lei, come ha sostenuto il giudice Rosario Priore ha mai avuto contati diretti o indiretti con uomini vicini alla famiglia Moro oppure questi incontri erano stati programmati una volta che i capi della Raf fossero stati liberati?

R: Giovanni Moro ha lui stesso dichiarato che non è vero e Rosario Priore soffre di illusioni paranoiche e ripeto che Moro non poteva essere scambiato con nessun rivoluzionario né BR né RAF.

D: Si sa che a contattare esponenti di Autonomia per cercare di salvare Moro fu il colonnello dei servizi italiani Giovannone, colui che  attese sulla pista di Beirut. Lei ha parlato di “contatti indiretti” con i nostri servizi. Uno di questi fu quello che partì da Giovannone, uomo vicino a Moro, e arrivò a lei tramite la rete svizzera a cui il colonnello  si rivolse per contattarla?

R: I contatti “indiretti” erano tra FPLP e Giovannone a Beirut e altri ufficiali che si recarono in visita a Beirut e separatamente vi erano contatti con le BR, con rivoluzionari europei non italiani; per ragioni di sicurezza le BR si erano “chiuse” nell’imminenza della tripla operazione consistente nella simultanea cattura di Moro, Agnelli e di un giudice della Corte Suprema. Le azioni dovevano svolgersi simultaneamente in Italia: a Roma… Agnelli, un’altra per strada (Non era Pirelli, ma Agnelli).

D: Quella stessa mattina del 9 di maggio, a Milano, la Chiesa avrebbe pagato alle Br un riscatto favoloso: 50 miliardi. Era per caso una questione collegata, parallela, alla liberazione degli uomini della RAF? Moro venne ucciso anche per anticipare questi due fatti che avrebbero potuto rendere impossibile l’uccisione del prigioniero? Chi intervenne, secondo lei, italiani, stranieri o stranieri e italiani a far si che questo estremo tentativo di salvare Aldo Moro naufragasse?

R: Per primo, sono stupito di apprendere che la Chiesa avesse quella cifra per pagare. Benché fosse un buon cattolico (Moro), l’uomo della chiesa era Andreotti che si è opposto al salvataggio di Moro. Il tentativo di Beirut è stato sabotato a Milano  e questo è un dato di fatto; i sovietici avevano interesse a salvare Moro, gli yankees e gli israeliani erano contro e quindi se vi fosse stato un intervento di uno stato straniero si sarebbe trattato della Nato e non del Patto di Varsavia.

D: Il ministro dell’Interno Francesco Cossiga ha detto anni fa di aver saputo da Markus Wolf, capo della Stasi, che Moro sarebbe stato liberato; c’era un impegno degli israeliani in tal senso. Lei cosa ne pensa?

Il caso Moro secondo Carlos. Intervista esclusiva di Paolo Cucchiarelli per l’Ansa (2008)
R: Questo è falso, è esattamente il contrario.  Wolf (nella foto) era il nemico della Causa, tenente dell’EKVD (i servizi che precedettero il KGB), venne mandato come inviato della Pravda al Tribunale di Norimberga ove un aiuto-capo delle SS si presentò come testimone contro i leader nazisti per sostenere che già alla fine della primavera del 1944 erano stati sterminati 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento tedeschi pur sapendo che la maggior parte degli ebrei morirono alla fine del 1944, inizio 1945.  La Corte, unanime, espulse questo signore per falsa testimonianza. Wolf però diede questa informazione che si mutò in “verità evangelica” e naturalmente la stampa yankee e sionista per una volta copiò la Pravda . Questo SS era stato raggirato da una squadra di interrogatori, tutti ufficiali ebrei-tedeschi, eccetto il sergente in capo Henry Kissinger che non era ufficiale, perché minore di età. Le parole di Wolf, uno degli uomini meglio informati nel mondo sono da intendere con molta prudenza. Lo dico senza odio. I suoi “servizi di informazione esterni” erano uno dei migliori del mondo e benché si fosse opposto vigorosamente alla nostra organizzazione internazionale, ha scritto nelle sue memorie che “Carlos” era stato il cliente più difficile che avessero mai avuto. Ebbe la delicatezza, un paio di anni  prima di morire, di mandarmi i suoi saluti  per il tramite di un giornalista.

D: Durante il rapimento Moro venne individuata a Il Cairo una rete di rivoluzionari che facevano capo a dissidenti marxisti usciti dall’Olp, rete che aveva il suo cuore operativo in esponenti svizzeri, probabilmente gli stessi poi contatti per arrivare a lei. Questo gruppo aveva contatti con le Br a Roma tramite due caselle postali. Valerio Morucci, esponente delle Br, risulta anche inserito, secondo la magistratura francese, nella sua rete Separat (Ori). Era lui il punto di congiunzione tra queste due organizzazioni? La rete Separat e gli uomini della RAF ad essa collegata  furono presenti nella vicenda del rapimento Moro o comunque seguirono da vicino la preparazione e la realizzazione della operazione?

R: Vi era, al Cairo, un gruppo di rivoluzionari diretti da Abu Nidal (Fatah), controllati dai servizi “Mukabar”, ragione per la quale non divennero operativi. Tutto ciò che proviene dalla magistratura francese, cioè dal giudice Bruguiere e dei suoi capi del FBI è nullo, né è la prova la decisione della “Corte Criminale” di Berlino, che ha assolto il mio compagno e fratello J. Weinrich, per gli stessi capi d’accusa per i quali mi vogliono giudicare in Francia. E’ certo che il dossier Carlos/Bruguiere non ha nessuna base giudiziaria e i famosi archivi della Stasi (il servizio segreto della Ddr) in mano alla giustizia tedesca non costituiscono elementi di prova contro di noi.

D: Una sola domanda sulla strage di Bologna visti i molti riferimenti fatti da lei nel tempo e che sembrano alludere ad una ipotesi da lei mai espressa ma  che potrebbe essere alla base delle sue osservazioni. Cioè agenti occidentali che fanno saltare in aria – con un piccolo ordigno – un più rilevante carico di materiale esplodente trasportato da palestinesi o uomini legati all’Fplp e alla sua rete con l’intento di far ricadere su questa ben diversa realtà politica tutta la responsabilità della strage alla stazione.

R: L’attentato contro il popolo italiano alla stazione di Bologna “rossa”, costruita dal Duce, non ha potuto essere opera dei fascisti e ancora meno dei comunisti. Ciò è opera dei servizi yankee, dei sionisti e delle strutture della Gladio. Non abbiamo riscontrato nessun’altra spiegazione. Accusarono anche il Dottor Habbash, nostro caro Akim, che, contrariamente a molti, moriva senza tradire e rimanendo leale alla linea politica del FPLP per la liberazione della Palestina. Vi erano dei sospetti su Thomas C., nipote di un eroe della resistenza comunista in Germania dal febbraio 1933 fino al maggio 1945, per accusarmi di una qualsiasi implicazione riguardo ad un’aggressione così barbarica contro il popolo italiano: tutto ciò è una prova che il nemico imperialista e sionista e le sue “lunghe dita” in Italia sono disperati, e vogliono nascondere una verità che li accusa.

Il caso Moro secondo Carlos. Intervista esclusiva di Paolo Cucchiarelli per l’Ansa (2008)

L’intervista si chiude con una domanda di Carlos (nella foto sopra) e la firma apposta subito sotto:

“Perché 65 anni dopo l’invasione dell’Italia, rimangono tuttora 113 basi e strutture militari yankee nella patria di Garibaldi, di Mussolini, di Gramsci, di Togliatti e di Moro?”

Paolo Cucchiarelli

Fonte: Ansa


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