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Il caso Omsa: vogliamo più civiltà nell’economia, aiuti alle imprese ma patti chiari

Creato il 10 febbraio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Ci sono interventi che paiono doverosi ma che i governi precedenti, che hanno promesso miracoli economici e grandi cambiamenti per le imprese, proprio non hanno fatto. Rivoluzione civile fa paura perché parla di casi concreti? Ecco il caso dell’Omsa di Faenza. Ci sono aziende che ricevono incentivi pubblici, poi delocalizzano e non restituiscono i soldi avuti dallo Stato, lasciando in Italia i disoccupati. Fenomenale! Vladimiro Giacché parla di legalità, infrastrutture, aiuti ma anche patti chiari. Lo Stato non può più inginocchiarsi e farsi gabbare dalle imprese in modo. C sono semplici regole che, una volta rispettate, faranno star meglio l’economia.

Segue l’articolo tratto dal sito www.rivoluzionecivile.it

Industria e delocalizzazione sono diventate in questi ultimi dieci anni una triste accoppiata nel panorama produttivo italiano. Se a questo si aggiunge il dramma dell’occupazione femminile il risultato ci porta dritti dritti a parlare delle 239 operaie della Omsa di Faenza: licenziate a fine dicembre del 2011. Il patron del marchio tessile Nerino Grassi ha trasferito subito le produzioni in Serbia dove la manodopera costa meno di trecento euro al mese per operaia e gli sgravi fiscali uniti agli incentivi sono particolarmente allettanti. A nulla sono valse le battaglie dei sindacati, delle istituzioni locali o dei tanti simpatizzanti, che sul web hanno promosso campagne di solidarietà e di boicottaggio dei prodotti nei punti vendita. Chiusi i cancelli della fabbrica, un intero territorio ha iniziato a fare i conti con i paradossi della globalizzazione.
Le minacce per il Made in Italy non vengono solo dai lontani mercati della Cina o del sud est asiatico, dove si sono spostate numerose produzioni o si combatte con le contraffazioni realizzate a prezzi da fame. Basta un’ora di volo e da Roma si arriva a Belgrado: il nuovo eldorado degli imprenditori della penisola. Se fra gli anni 2006 – 2010 il mercato di maggior delocalizzazione delle imprese nostrane era la Romania, oggi a far gola all’emigrazione produttiva sono diventate la Serbia (in particolare la regione settentrionale della Vojvodina) e l’Austria (nella regione della Carinzia). Centinaia di medie o grandi aziende internazionalizzano o delocalizzano le proprie attività.
L’ex stabilimento della Omsa è stato rilevato dalla Alt group di Forli (azienda che produce divani) e 148 operaie hanno trovato una ricollocazione. Per le 77 licenziate ancora in cerca di impiego la situazione non si è ancora risolta. Si pensa di dirottarne una trentina, previo colloquio, in nuovo centro commerciale della zona (con apertura prevista per il prossimo giugno), mentre le rimanenti dovrebbero trovare un impiego in altre fabbriche del posto. Le aziende della produttiva Emilia, che penano da alcuni anni sotto la morsa della crisi, hanno dovuto fare i conti anche con il terremoto del maggio 2012: decine di centri abitati resi inagibili e centinaia di aziende e piccoli laboratori artigiani danneggiati o distrutti.
“La vicenda Omsa – dichiara Vladimiro Giacché, candidato alla Camera dei deputati per Rivoluzione Civile – è un ottimo esempio dell’irresponsabilità sociale di imprese che, dopo aver prosperato per anni grazie all’opera dei lavoratori e all’ospitalità di un territorio, decidono di spostare la produzione da un’altra parte per guadagnare di più. Rivoluzione Civile ritiene che lo Stato italiano debba favorire in ogni modo gli investimenti delle imprese: eliminando la criminalità organizzata e l’illegalità economica, ma anche snellendo le procedure burocratiche, migliorando le infrastrutture e offrendo incentivi economici diretti alle imprese che investono e che assumono. Però lo Stato deve fare un patto con le imprese: l’erogazione di agevolazioni pubbliche deve essere condizionata all’impegno formale a non delocalizzare la produzione negli anni successivi. L’azienda che delocalizzerà la produzione, dovrà restituire gli incentivi pubblici ricevuti. È un principio molto semplice, ma nessun governo l’ha mai voluto mettere in pratica. La Rivoluzione Civile di cui l’Italia ha bisogno è fatta di molte piccole rivoluzioni normative come questa”.

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