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“Il catalogo degli addii” di M. Mender e B. Giacobbe e la piccola editoria

Creato il 05 ottobre 2010 da Sulromanzo
“Il catalogo degli addii” di M. Mender e B. Giacobbe e la piccola editoriaDi Geraldine Meyer
“Il catalogo degli addii” di marina Mender e Beppe Giacobbe (et al. Edizioni) e una riflessione sulla piccola editoria
Ovvero quando la presentazione di un libro diviene occasione per riflessioni sul mondo editoriale e conferma di alcuni pensieri non proprio campati in aria. 
Sabato 2 ottobre alla libreria Il Trittico di Milano abbiamo presentato un delizioso libro di narrativa illustrata se così possiamo dire. Uscito due anni fa in Francia vede ora la luce grazie ad un editore appena nato, forte di una lunga esperienza, Sandro D'Alessandro. Anni in Feltrinelli e poi all'Anabasi ne hanno fatto un editore piccolo, per ora, e di qualità. 
La presentazione è stata una bellissima festa oltre che un più che discreto successo di vendite. L'ufficio stampa dell'editore, nella persona di Federica ha fatto un lavoro straordinario. I due autori si sono prestati a stare con noi tutto il giorno in una girandola di parole, sorrisi e disponibilità. Lo staff editoriale al completo ha condiviso con noi librai tutta la lunga giornata di presentazione/aperitivo. Non è un gesto da poco. Altre presentazioni che abbiamo fatto non hanno visto la partecipazione nemmeno del fattorino dell'editore ospitato. Nemmeno una riga nelle pagine cittadine, non dico di giornali blasonati, ma nemmeno in quelle tristi della cosiddetta free press distribuita nelle metropolitane. 
Ma bando ai toni polemici fuori luogo e neanche costruttivi, vorrei invece sottolineare cosa si può fare di bello quando tra editore e libraio si crea questa chimica rara e preziosa. Quando si capisce che non stiamo su due fronti diversi ma combattiamo la stessa battaglia facendo, in fondo, lo stesso mestiere. 
Da un po' di tempo mi sto interrogando e appassionando al ruolo della piccola editoria italiana. C'è un vero e proprio fiume carsico di narrativa e letteratura di qualità di cui poco si sa e ancora meno si rischia di venire a sapere. La rete da la possibilità di fare scoperte incredibili in tal senso. Supplendo solo in parte alla sensazione di impotenza che, come libraia, spesso mi coglie davanti a episodi di questo tipo. Due esempi per tutti: Las Vegas edizioni e Galaad edizioni, pur avendo una regolare distribuzione vi sfido a trovarle in libreria. Neanche nella mia se è per quello, e perché? Perché nessun promotore me ne ha mai parlato. Perché la visibilità, in tutte le sue declinazioni, spesso è qualcosa di inversamente proporzionale alla effettiva qualità di ciò che è visibile. 
Sì, anche nell'editoria, spesso, ciò che si vede è pornografia, nel senso strettamente etimologico del termine e beneficia di organizzazioni che hanno come principale merito la potenza economica. Sia chiaro che questo non significa che non si trovino degli ottimi libri anche nei cataloghi dei grossi editori. Solo che nel mio viaggio, personale, nel mondo dell'editoria di qualità e piccola trovo una percentuale molto più alta di libri degni di questo nome. E dovete concordare con me sul fatto che scoprire 15 ottimi libri in un catalogo di 20 titoli ha un peso maggiore che trovarne 10 in un catalogo di centinaia di titoli. 
Io non ho formule magiche per cambiare quello che sembra ormai un meccanismo incancrenito. Mi limito a chiedermi cosa diventerebbe il mio lavoro se, come libraia, potessi avere come interlocutore l'editore senza gli intermediari di distribuzione e promozione. E sabato 2 ottobre si è parlato anche di questo con amici e addetti ai lavori. 
“Il catalogo degli addii” di M. Mender e B. Giacobbe e la piccola editoriaOrmai l'ingranaggio è tale per cui tirarsene fuori completamente è impossibile senza vivere pesanti ripercussioni sulla vita economica della libreria stessa. Allora quello che si può fare, e che sto cercando di fare, è di dare spazio e visibilità ai piccoli editori con una serie di presentazioni nell'ambito di una iniziativa che mi piace chiamare "Il Trittico per i piccoli editori". Non è certo la panacea a tutti i mali, solo un piccolo contributo che, come libraia, sento ormai irrinunciabile. Editori indipendenti e librerie indipendenti. 
Non è una guerra, anche perché le forze in campo sono talmente sproporzionate che non avrebbe senso alcuno. Neanche una netta contrapposizione. Solo un modo diverso di lavorare. Nella consapevolezza che nell'apparente offerta monolitica e monotematica quasi, dell'editoria nostrana, c'è qualche varco di fantasia, eccentricità e forza centripeta di offerta letteraria. 
Mi piace pensare a questo percorso come a un tentativo di salvare e salvaguardare una sorta di bio-diversità bibliografica. Se è essenziale vendere i cosiddetti best seller mi chiedo semplicemente se tutto ciò debba andare a discapito di quelle finestrelle piccole ma con una vista su un paesaggio diverso. Facciamo uno sforzo e proviamo a farlo fare anche al lettore. Che ha le sue responsabilità. Che molte volte acquista un marchio editoriale più che un libro, un passaggio in televisione piuttosto che l'effettivo contenuto delle pagine che si porterà a casa. 
“Il catalogo degli addii” di M. Mender e B. Giacobbe e la piccola editoriaAnnose e sempiterne questioni di cui si parla da molto, troppo tempo. Allora dove le parole non bastano più proviamo a fare dei gesti concreti. Il Trittico ci prova con queste presentazioni. Certo ne faremo anche di grossi editori. Non siamo né ipocriti né aspiranti suicidi. Ma la nostra storia di libreria tradizionale, di libreria di quartiere credo ci imponga un gioco diverso. O almeno anche un gioco diverso.

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