Se lei era morta anche Dio era morto, e Alexander non sarebbe potuto sopravvivere alla guerra in un universo in preda al caos. Non avrebbe vissuto più a lungo del povero Grinkov, stroncato da un proiettile mentre tornava nelle retroguardie. La guerra era il caos cosmico, un disordine martellante che annientava lo spirito, che spazzava via gli esseri umani e li lasciava insepolti sulla fredda terra. Tatiana era l’ordine. Era materia finita in uno spazio infinito. Tatiana portava la bandiera della grazia e del valore con generosità e perfezione, quella bandiera che Alexander aveva seguito per milleseicento chilometri attraverso il fiume Kama e i monti Urali, fino a Lazarevo.
“Il Cavaliere d’Inverno” è il primo libro della trilogia di Paullina Simons ed è uno di quei libri che avrei dovuto leggere da un pezzo ma che ho sempre lasciato ad impolverare, spaventata dalle aspettative che vi avevo covato sopra. È piaciuto a tutte le persone del cui giudizio mi fido, tutte lo consigliano, tutte ne parlano benissimo. E se a me non fosse piaciuto? Poi @zikaren28 me lo ha regalato per Natale e non potevo rimandare ancora a lungo la lettura. Ignara della trama, ho odiato la protagonista per la prima metà, l’ho insultata per un altro quarto e ho pianto con lei nell’ultima parte. Entrare ad occhi chiusi in questo libro è stato tanto bello quanto doloroso. Il libro tutto sommato mi è piaciuto ma non come avrei voluto.
Leningrado, 1941. In una tranquilla sera d'estate Tatiana e Dasha, sorelle ma soprattutto grandi amiche, si stanno confidando i segreti del cuore, quando alla radio il generale Molotov annuncia che la Germania ha invaso la Russia. Uscita per fare scorta di cibo, Tatiana incontra Alexander, un giovane ufficiale dell'Armata Rossa che parla russo con un lieve accento. Tra loro scatta subito un'attrazione reciproca e irresistibile. Ma è un amore impossibile, che potrebbe distruggerli entrambi. Mentre un implacabile inverno e l'assedio nazista stringono la città in una morsa, riducendola allo stremo, Tatiana e Alexander trarranno la forza per affrontare mille avversità e sacrifici proprio dal legame segreto che li unisce.
Libri così vanno presi in mano con avvertenze, perché nonostante la mole, restano delle storie allucinanti, ricche, complesse, sconvolgenti, di quelle che resti a pensarci anche a giorni di distanza, di quelle che sono pericolose da morire, letali e meravigliose. Allo stesso tempo ho avuto un rapporto molto conflittuale con questo libro, che mi ha lasciato molto dubbiosa. Credo che non fossi pronta ad affrontare la seconda guerra mondiale, non chiedetemi perché ma credevo che fosse ambientato durante la Rivoluzione Russa, il che mi ha un po’ destabilizzato. Ma l’ambientazione e la ricostruzione storica che la Simons ha riprodotto è spettacolare, le descrizioni, sia degli ambienti che delle situazioni sono dettagliate e considerando che mi sono letta tutto Arcipelago Gulag (tre volumi da 500 pagine) posso dire con una certa sicurezza che il terrore staliniano è ben ricostruito, con una sorta di angoscia persistente che solo la guerra con i suoi terrori per regalare. Quella guerra che inesorabilmente diventa un altro personaggio del racconto, con una propria inarrestabile volontà, pronta a sovrastare e sommergere le vite dei due protagonisti. E sono loro che emergono prepotentemente dalla pagina, con la loro umanità, le loro debolezze, i loro errori e le loro recriminazioni. Niente in questo libro va come vorresti che le cose vadano, e ho avuto il desiderio continuato di prendere a badilate in testa entrambi, per motivi diversi, in occasioni diverse. Ma vanno prese le circostanze, le attenuanti, il tempo e lo spazio e di certo la consapevolezza che siamo nella Russia dei primi anni quaranta. Ma di certo questo è un libro che ti fa arrabbiare e ti spinge a riflettere, proprio perché le circostanze non sono circostanze normali. Tatiana all’inizio del libro è una ragazzina diciassettenne che la famiglia ha continuamente protetto da qualsiasi circostanza penosa avesse potuto colpirla. La vita non è di certo facile per i Metanov, ma Tatiana è cresciuta nella bambagia, nella consapevolezza, che forse, a loro, non sarebbe mai accaduto niente di brutto. E poi una mattina, all’improvviso, tutto cambia, tutto si infrange e lei con i sogni da adolescente e le aspirazioni di una adulta si ritrova a vivere una guerra che si abbatte fragorosa alle porte di casa sua. Tatiana è generosa, buona, un raggio luminoso tra un popolo che si fa sempre più violento e aggressivo via via che la disperazione aumenta, e si espande per le strade della città. La piccola di casa, è abituata ad obbedire, tacendo e acconsentendo ai voleri del padre e della sorella maggiore che la tratta come una bambina. Ma Tatiana deve crescere, con il peso della sconfitta addosso. E risolutivo è l’incontro con Alexander Belov, un tenente (che rapidamente fa carriera) dell’Armata Rossa, Alexander, o Shura come viene affettuosamente chiamato da Tatia non è chi sembra essere e il suo passato è tanto burrascoso quanto pericoloso. Ventiduenne, sa come amalgamarsi e nascondersi, ma è del tutto impreparato ad affrontare quello che prova per una ragazza che gli sconvolge letteralmente la vita. Sono tanti gli ostacoli che si frappongono fra i due, tante decisioni impulsive, incomprensioni, ma soprattutto la guerra. È totalmente straziante assistere non solo al viaggio fisico, ma soprattutto psicologico che Tatiana affronta. Si ritrova a fare la stampella ad una famiglia che cerca di sopravvivere al freddo dell’inverno russo e all’avanzata tedesca, e chi si rifugia nell’alcool e chi nella propria spenta disperazione, con la fame che aguzza gli artigli e la terra che trema. Tatiana è allora una vittima inconsapevole del suo tempo, ma al suo fianco, c’è sempre Alexander. A volte sembra quasi impossibile vederselo comparire davanti a salvare la situazione, altre lo si vorrebbe andare a cercare nella tempesta. E la tregua, quei momenti felici e spensierati che sbucano come il sole in primavera, sono troppo brevi, troppo tinti di sangue e spavento. Il loro è il classico amore tormentato su cui si versano imprecazioni e lacrime, perché quella vita che sembra impossibile da vivere diventa sempre più spietata.
Il finale mi ha ucciso, ho pianto, perché io ho la lacrima facile, e ho sofferto come una disperata con Tatiana a ricorrere una verità che non volevo comprendere, a cui non volevo credere, ma essendo solo il primo volume di una trilogia, il senso spietato della storia, ci stava tutto.
Devo dire che ho adorato l’ambientazione, questa Russia glaciale, che spintona i protagonisti da una parte all’altra. E Leningrado (l’attuale San Pietroburgo) è spettacolare, con i giardini e i palazzi, il Quinto Soviet e Sant’Isacco, la prospettiva e i tram, quelle passeggiate ricorsive e strappalacrime tra Tatia e Shura, che lasciano nel lettore la sensazione di trovarsi proprio lì. Ma soprattutto Lazarevo, quelle pagine sono davvero pregne, soprattutto se si contestualizza la situazione e si pensa a quest’amore che spinge entrambi a non mollare a vivere per l’altro.
Il particolare da non dimenticare? Un libro di Puskin…
Un amore tormentato, la Russia della seconda guerra mondiale, delle descrizioni talmente veritiere da essere palpabili, un’atmosfera tetra che permea le pagine e pone in risalto i due protagonisti. Tanto imperfetti, quanto assolutamente compatibili. Un tuffo nella guerra e una lotta alla sopravvivenza per una relazione talmente luminosa da sopravvivere alla neve di una Leningrado in rovina. Aspetto il due, con un’opinione rinnovata e un livore sopito per Tatiana.
Buona lettura guys!
La Serie “The Bronze Horseman”: