Lorenza Mazzetti
In occasione della annuale Giornata della Memoria vorrei parlare questa volta di un evento certo minore dello sterminio degli ebrei, quello avvenuto in un luogo idilliaco dlel colline intorno a Firenze, di cui danno conto un romanzo ed un film dallo stesso titolo: "Il cielo cade".
Il cielo cade è un bel racconto autobiografico di Lorenza Mazzetti, pittrice e regista cinematografica che narra le sue vicende di bambina, scampata ad un eccidio nazista, accanitosi contro la famiglia di suo zio, Robert Einstein, che sua volta era cugino dello scienziato Albert Einstein.
Dal romanzo, edito da Sellerio (che oggi potete comprare a soli 1 euro e 99 centesimi, se avete un Kindle e siete iscritti alle promozioni Amazon), è stato tratto anche un bellissimo film, dallo stesso titolo, molto lirico, pur nel racconto del dramma, che ricorda un po' la poetica dei fratelli Taviani, con Isabella Rossellini.
Il cielo cade, il film
Per nostra fortuna è visibile anche su YOUTUBE, intero. Ve lo consiglio, anche se naturalmente la qualità video è modesta e non rende giustizia alla bella fotografia dei luoghi.
La storia ve la faccio raccontare direttamente la protagonista:
Cosa succede quando il cielo ti crolla addosso?
"Non hai scampo. Neanche il Padreterno può puntellarlo. Viene giù. E ti schianta. Senza ammazzarti. E pensare che il cielo quasi mai è chiamato in causa come fonte dei tuoi guai".
Ma il cielo è solo una metafora.
"Per una bambina non faceva differenza. Posso solo dire che ho saldato i miei debiti con la vita, prima ancora di viverla".
Così in largo anticipo?
"Sono stata precoce nel dolore. Restammo orfane con mia sorella a quattro anni. Morì prima nostra madre. Il chirurgo ipotizzò che una delle due teste fosse un tumore. Invece era un parto gemellare. Con nostro padre vivevamo a Roma. Faceva l'assicuratore. Perì in un incidente. Restammo per un po' con il suo amico Ugo Giannattasio, un artista futurista. Poi, a sei anni, fummo accolte dallo zio: Robert Einstein, cugino di Albert".
Qual era la sua storia?
"Era fuggito dalla Germania. Trasferì in Italia la sua fabbrica di radio. Quando cedette l'azienda convertì il ricavato in una grande tenuta in Toscana, appartamenti e ville. Fece investimenti interessanti. Aveva una moglie e due figlie. A me e a Paola ci sembrò di rinascere. Ricordo l'esultanza per i prati, i contadini, le gite. La serenità che tornava. Non distante da noi, a Sesto Fiorentino, abitava Maja, la sorella di Albert Einstein. Maja riceveva artisti e scrittori. Aveva sposato il pittore Paul Winteler, la cui sorella, Anna, si unì allo scienziato Michele Besso, un fisico che avrebbe avuto un lungo carteggio con Albert Einstein".
Era una élite di personaggi internazionali.
"Che si mescolava con quella fiorentina e italiana. Ricordo Giacomo Balla che fece anche un bellissimo ritratto di Luce, una delle due figlie dello zio Robert. Poi, all'improvviso, il cielo venne giù".
Come accadde?
"Fu durante la ritirata dei tedeschi. Avevano occupato parte della villa dello zio.Si respirava un'aria stranamente gradevole. Ci sentivamo un'aristocrazia al riparo dalla tempesta. Gli ufficiali erano gentili. Le interminabili partite a scacchi. E la musica: Mozart e Beethoven. Poi, quando il comando cominciò a partire, qualcuno avvertì lo zio che i tedeschi lo avrebbero arrestato. Non voleva crederci né lasciarci. Ma alla fine decise di fuggire e di nascondersi nel bosco. La villa si era svuotata. Gli inglesi bombardavano a qualche chilometro. Ci rifugiammo nella grande cantina. Arrivarono due soldati tedeschi, chiedendo dello zio".
E voi?
"Dicemmo che era dovuto partire. Sorrisero. Promettendo di tornare. E tornarono il giorno dopo. Erano molti di più. Chiesero ancora dello zio, poi delle figlie e della moglie. Le trascinarono sull'aia. Dopo un po', mia sorella e io, sentimmo sparare. Ci affacciammo, piene di angoscia. Vedemmo i tre corpi riversi nella polvere. Costrinsero noi e i contadini ad andare via. Appiccarono
il fuoco alla villa".
E suo zio Robert?
"Apparve improvvisamente, allarmato dalle fiamme. Lo vedemmo correre mentre il camion dei tedeschi si allontanava. I contadini lo fermarono. Sembrava fuori di sé. Implorava che gli dessero una pistola. Piangeva. Voleva morire. Lo condussero in quel che restava della villa. Lo calmarono. Il medico prescrisse psicofarmaci. Fu con quelle pillole che si suicidò, lasciandoci una breve lettera".
Cosa diceva?
"Chiedeva di perdonarlo per essere stato un po' noioso e a volte burbero. Dovevamo ricordare lui, le due cugine, la zia e gli insegnamenti che ci diede. Ci designò eredi universali".
Perché i tedeschi lo volevano morto e perché si accanirono sui familiari più stretti?
"La storia non ci dà chiarimenti sull'animo umano. Fu trovato un foglio attaccato a un albero: "Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei". L'eccidio fu anche la ritorsione contro il cugino Albert. Era l'agosto del 1944. Ci trovammo nuovamente sole".
dall'intervista di Antonio Gnoli a Lorenza Mazzetti, in:
Se poi avete voglia di vedere i veri volti dei protagonosti di questa vicenda, ecco una raccolta di fotografie di famiglia disponibile on line:
Album della famiglia Mazzetti