Magazine Diario personale
Il cielo sopra di noi era pallido. Brillava di una malinconia che sembrava chiedere attenzione. Le nostre vite, però, correvano veloci. Troppo per rendersi conto di quanto le nuvole grigie stessero muovendosi. Sotto quel pallore era tutto uno scorrere di quotidianità allo stesso modo candida, in qualche modo finta, fredda. Ci disperdevamo nei colori neutri senza rendercene conto, sino a diventare ombre sottili, mosse dall’inerzia e prive di cuore. Quell’omogeneità era così comoda, confortante da sembrare familiare. Agli occhi deboli e assopiti la superficialità non dava il senso di un corpo estraneo. Al contrario, tutto era leggero. Infinitamente. Quasi come se i colori del contesto avessero stinto le vite sparse attorno. Ma il cielo plumbeo non è mai presagio di bontà e quel che promette poi lo mantiene. Di lì a poco le cose sarebbero cambiate. I grigi e i bianchi si sarebbero presto macchiati di nero, costringendo a mettere mano sulla tavolozza. Ma né l’intuito né la coscienza suggerirono un’azione. Ignari e un po’ sbiaditi restammo per qualche tempo in quell’inganno, a contemplare punti senza luce persi all’ombra di noi stessi.