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Un palcoscenico come un ring. Un corpo pedinato incessantemente da una telecamera indiscreta. Una giovane donna cristallizzata al limitare tra infanzia e adolescenza per via di una madre iperprotettiva che ne castra tutte le ambizioni. Un inestricabile labirinto di specchi in cui la protagonista si perde inesorabilmente.
Un rapporto amore/odio, la scoperta della sessualità in contrapposizione alla campana di vetro in cui è sempre stata rinchiusa.E'questo e molte altre cose il nuovo film di Darren Aronofsky, il congruo punto di arrivo di una carriera registica costellata di rischi e di eccessi che come per incanto si vanno a ricomporre in questo Black Swan.Un film in cui il tema del doppio è l'innegabile asse portante. Un viaggio metaforico alla ricerca di se stessi che affligge la piccola e ossuta Nina, un presente da ballerina in competizione con altre colleghe per diventare la prima, la star del New York Ballet, avere il ruolo di Odette nella riproposizione de Il Lago dei Cigni.Nina vive sola con la madre che proietta in lei tutte le proprie aspirazioni frustrate da una scelta(quella della maternità) che le ha impedito di proseguire la carriera.Nina in un dialogo le ricorda acidamente che aveva già 28 anni, a testimoniare il carattere effimero della carriera di ballerina classica.In fondo anche lei ha sostituito Beth, più avanti negli anni e non più la favorita nell'harem del sultano coreografo. Nina non conosce la vita, il divertimento, il sesso: la madre non le ha permesso di crescere, le ha permesso solo di rimanere un eterna bambina immersa in un mondo da fiaba (notare la camera in cui dorme Nina, piena di peluches e che ha l'aspetto quasi di una camera per bambini di età prescolare. Simbolica a questo proposito la scena in cui Nina butta via tutti i peluches, il simbolo che finalmente vuole spezzare l'incantesimo che non l'ha fatta mai diventare compiutamente donna).Il loro rapporto è conflittuale pur avendo lo stesso obiettivo: il successo nell'ambito del balletto classico. Ma Nina è troppo candida per poter reggere la parte doppia (Cigno Bianco/Cigno Nero) nel balletto coreografato dal perfido Thomas Leroy, sciupafemmine impenitente che le affida la parte nonostante lei abbia rifiutato il suo pesante approccio sessuale.Solo perchè ha visto in trasparenza l'ombra di nero che desiderava.Il film è letteralmente cosparso di specchi e di superfici riflettenti: Nina viene sdoppiata, resa plurima, frammentata (forse in questo senso la locandina del film è un pò troppo esplicativa) .Il percorso di avvicinamento alla perfezione a cui aspira nel balletto è uno scivolare lentamente ma inesorabilmente nell'abisso della tenebra che è racchiusa nella sua mente.Le immagini riflesse si ribellano alle normali leggi della fisica, aspirazioni, paure, istinti aggressivi coabitano nella sua mente in una progressiva perdita di prospettiva che scardina la divisione tra reale e irreale.Le pulsioni erotiche suscitate da Thomas, così come il diritto a emanciparsi da una madre oss(oppr)essiva inculcato dal rapporto burrascoso con Lily, sensuale creatura che ai suoi occhi appare come un perfetto Cigno Nero (di nuovo la tematica dello specchio) scompaginano i vari piani della vita di Nina.Aronofsky non ci risparmia nulla: dall'autolesionismo al disfacimento cancrenoso fino ad arrivare alle mutazioni della carne figlie del cinema di Cronenberg.Lo stesso regista ha detto che è necessario leggere questo film alla luce del precedente The wrestler perchè sono film da considerare gemelli e c'è da credergli.Nina e Randy The Ram sono personaggi che hanno molto in comune.Se il corpo del lottatore era sfatto da una vita sregolata e da continue overdosi di steroidi quello di Nina è un corpo prosciugato di tutto: un fascio di esili muscoli e di nervi, quasi una radiografia in bianco in cui le ossa sembrano uscire da quell'esile involucro epidermico.Sono le due facce di un'immaginaria stessa medaglia, due modi di raccontare l'America, la provincia e la metropoli, due modi di coronare il proprio sogno di performers.Nina salta dal dirupo col suo tutù bianco lordato di sangue e si ha negli occhi l'ultimo salto di Randy dalla terza corda.Anche se Black Swan brilla di luce propria non si può negare un atmosfera alla Bob Fosse,però incattivito, funereo come era in All That Jazz ma con un totale cambio di prospettiva: nel film Natalie Portman il fulcro è il personaggio della ballerina mentre nella pellicola del compianto Fosse (col senno di poi mestamente profetica) tutto ruotava attorno al personaggio del tentacolare coreografo impegnato in un conscio percorso verso l'autodistruzione.Accanto alla pellicola di Fosse aleggia un inquietante atmosfera depalmiana: dal rapporto con la madre visto già in Carrie alla schizofrenia di Danielle ne Le due sorelle.Nell'ultima parte del film anche lo spettatore è catturato nel vortice delle proiezioni della mente di Nina in squarci visionari che marchiano a fuoco la pellicola. Le luci raffreddate che illuminano spettralmente il film sono perfette per aggiungere ulteriore inquietudine a un'atmosfera sulfurea.Il culmine fisico e metaforico del film è il balletto finale dove la potenza delle immagini è corroborata dalla progressione inarrestabile delle musiche di Tchaikovsky in un trip audiovisivo difficile da rimuovere dalla memoria.Così come è impossibile dimenticare il volo di Nina, il più bello tra i cigni (la Portman truccata da Cigno Nero è da svenimento), la crisalide che riesce a diventare finalmente una farfalla bellissima.Ma solo per un attimo....
( VOTO : 8 / 10 )
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