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Il Cigno Nero (Black Swan) di Darren Aronofsky (2010)

Creato il 07 marzo 2011 da Psichetechne
Il Cigno Nero (Black Swan) di Darren Aronofsky (2010)
Nina (Natalie Portman) è un'ambiziosa giovane ballerina di New York a caccia del doppio ruolo che tutti sognano: il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero, che emana una malvagità seducente, nel classico "Il lago dei cigni", in grado di trasformare una sconosciuta in una star. Nina riesce ad ottenere il ruolo, ma non è sicura di poter incarnare la parte oscura della Regina dei cigni. Mentre raggiunge nuove vette con il suo corpo, incubi, visioni, allucinazioni cenestesiche e visive, nonchè gelosie distruttive, iniziano a farsi strada in maniera profonda, causando uno scontro pericoloso con una provocante nuova arrivata, Lily (Mila Kunis), che rappresenta la sua maggiore rivale. Nina in breve tempo si cala fin troppo bene nel ruolo del malvagio e mortale Cigno nero...
"Il Cigno Nero" è un film geometrico, ossessivo e ossessionante nel mettere in scena giustappunto un'ossessione mentale e fisica, che tende poi a diventare psicosi vera e propria nel suo esito tragico, nel suo finale altrettanto ossessivamente, geometricamente "perfetto". Natalie Portman interpreta una giovane ballerina tendenzialmente anoressica (come molte ballerine, sciaguratamente, in verità), che abita con una madre che ha coltivato l'ideale di una figlia perfetta nella quale rispecchiarsi narcisisticamente e realizzare i sogni infranti della sua giovinezza ormai finita. Aronofsky ("The Wrestler", 2008) srotola la storia di Nina rappresentandocene subito l'elemento clinico, psicopatologico, pescando senza timori nel perturbante e nel gore, ma con misura, cum grano salis, potremmo dire, che è il modo migliore per metaforizzare una sofferenza psichica devastante che divora una giovane e bella donna. In tal senso sono notevolmente spiazzanti per lo spettatore le improvvise, del tutto inaspettate sequenze di autolesionismo della ragazza, soprattutto quelle in cui Nina si autoinfligge tagli alle unghie delle mani, o scarificazioni profonde alla schiena. Il rapporto malato con la madre, nonché la conseguente patologia di Nina, sono tuttavia raccontati da Aronofsky senza il minimo sentore di morbosità, ma al contrario con grande pietas, il che è decisamente il miglior pregio di un film peraltro difficile, fosco e molto tragico, ritengo soprattutto agli occhi di un pubblico femminile giovane che sicuramente (e giustamente) correrà a vederlo. Direi che erano anni che aspettavamo un simile scatto d'orgoglio da parte del cinema statunitense, dopo decenni di remake e bagnoschiuma Vidal in stile Michael Bay e company.  Aronofsky confeziona infatti un'opera che si farà certamente ricordare, ma soprattuttio un'opera lontana mille miglia dalle atmosfere postmoderne che siamo ormai abituati a vedere al cinema, e in specie nel cinema cosiddetto "perturbante". In un'epoca di veline e di femminilità intesa come carne da macello, qui il regista di Brooklyn ci consente (vivaddio!) una riflessione profondissima su psicologia e psicopatologia del femminile, considerata dal vertice dell'ideale e del perfezionismo narcisistici, impronte nefaste ma caratteristiche di certa cultura mediatico-consumistica contemporanea. Il film vale infatti cento trattati psicoanalitici o sociologici sul "femminile" e sull"Ideale dell'Io", inteso come forma psicotica del vivere il tema del "successo". Sul piano estetico "Il Cigno Nero" è poi ineccepibile, sia per quanto riguarda l'utilizzo di certe asimmetrie narrative, sempre ben calibrate nel corso del racconto, sia relativamente ad un uso del climax assolutamente magistrale (le ultime sequenze delle trasformazioni psicofisiche di Nina, accompagnate da una colonna sonora perfettamente calzante, sono memorabili, in tal senso), sia rispetto al sapiente viraggio verso l'horror (potente e bellissima da questo punto di vista la scena in cui i disegni della madre appesi in salotto, prendono vita, in una delle ultime allucinazioni di Nina). "Il Cigno Nero": film da vedere e da studiare con cura, negli anni a venire, e che fa ritrovare un briciolo di speranza nel cinema statunitense contemporaneo. 
Regia:Darren Aronofsky Sceneggiatura:Mark Heyman, John McLaughlin Fotografia:Matthew Libatique Montaggio:Andrew Weisblum Musica:Clint Mansell Interpreti:Natalie Portman, Mila Kunis, Vincent Cassel, Winona Ryder, Sebastian Stan, Barbara Hershey, Janet Montgomery, Toby Hemingway, Kristina Anapau Nazione:USA Produzione: Fox Searchlight Pictures, Protozoa Pictures, Phoenix Pictures Anno:2010 Durata: 108 min

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