Lo specchio enorme dell’ascensore mi terrorizzava, ma vivendo al quarto piano non potevo sempre prendere le scale. A volte ero troppo ubriaca, l’ironia è che trovarsi davanti a uno specchio con una luce da allevamento di polli, da ubriachi, è peggio. Quella notte non mi reggevo in piedi, dovevo appoggiarmi ai muri. Ero sola. Ero sempre sola. Chiamai l’ascensore e aspettai che si aprisse la porta scorrevole. Entrai e stava lì, il mio riflesso.
– Chi sei, eh?
Non potevo evitarlo.
– Se dovessi indovinare direi che non sei me.
L’osservai e mi piacque, quei lineamenti scheletrici. Feci una smorfia.
– Allora perché. Muovi. La mia faccia?
Singhiozzai un ghigno. Ero arrivata. Un ultimo sguardo, mi appoggiai alla soglia. Ero fuori.
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Immagine di Roberta Bowgart