a cura di Anna Perna
Il cinema ci permette di osservarci non nella specularità dello specchio, ma nell’asimmetria dello sguardo dell’altro.
L’ esperienza formativa come percorso di crescita e consapevolezza personale (e professionale) ha bisogno di strumenti incisivi, che permettano riflessioni profonde per avviare un processo di cambiamento. Provenendo dal teatro e avendo inserito nei miei percorsi alcuni elementi della formazione attoriale, penso che sia naturale pensare alla valenza catartica e riflessiva del cinema, alla possibilità che offre di “osservare” i comportamenti, le conseguenze di azioni e parole, di immedesimarsi e, allo stesso tempo, di poter avere una distanza emotiva che permette l’analisi e la sistematizzazione dell’esperienza.
Del resto anche Bettelheim ne “Il mondo incantato”1, sottolineava quanto il racconto sia utile per nutrire l’immaginario del bambino e come sia utile per far fronte ai conflitti come strumento di crescita. A questo proposito Stern ha elaborato il concetto di “competenza narrativa” che si evolve durante l’infanzia e costituisce il fondamento del Sé. Il cinema nella sua funzione di sogno e mito collettivo è lo specchio delle rappresentazioni sociali di una società e di una cultura e in quanto tale risente del contesto socioculturale specifico di ogni epoca.
La situazione dello spettatore è stata studiata dal punto di vista cognitivo, percettivo, dalla psicologia della gestalt e attraverso riscontri psicofisiologici. Ciò che mi interessa di più è la sua valenza da un punto di vista dinamico. Lo spettatore al cinema si trova di fronte ad uno spazio non reale, ma che presenta tutti i caratteri della realtà: la sua percezione si sposta da una situazione concreta, (la sala, lo schermo bidimensionale) ad una fittizia, ma non meno reale, a livello psicologico, della prima (la storia del film).
Il cinema diventa una "macchina dei sogni", nel senso che ha un' influenza sul pubblico maggiore di qualsiasi arte, in quanto trasporta lo spettatore in un' altra realtà, ideale, ma, al tempo stesso, reale. Lo spettatore cinematografico prova un'"impressione di realtà", derivante dal fatto che le immagini in movimento sullo schermo "prendono corpo" e si materializzano.
Secondo Musatti, ad esempio, il cinema parla direttamente all'inconscio dello spettatore, in quanto esso (l'inconscio) ha la capacità di risuonare emotivamente di fronte alle immagini filmiche e questo per la particolare somiglianza che presentano con le fantasie inconsce. (C. Musatti, 1971) Tale risonanza è forse uno dei principali fattori della diffusione del cinema, la forma d'arte che più si rivolge ad un pubblico di massa. Molti resti diurni dei sogni sono brani filmici. Ciò viene favorito dal fatto che la situazione dello spettatore si può definire "oniroide": durante il film lo spettatore sperimenta già una situazione onirica, che nel sogno amplifica. Lo spettatore partecipa alla situazione cinematografica attraverso i meccanismi dell' identificazione e della proiezione. Riportando le parole di Musatti: "per effetto dell'identificazione, lo spettatore è di volta in volta tutti i singoli personaggi, mentre per effetto della proiezione i singoli personaggi sono sempre lo stesso spettatore".
Il cinema ci permette di entrare in ciò che a volte consideriamo scontato, banale; ci permette di osservare la vita, a volte di osservare noi stessi, di osservarci non nella specularità dello specchio, ma nella asimmetria dello sguardo dell’altro.
Il cinema è magia. Nel cinema, tutto può accadere, come l’esercitare la capacità di analisi e di sintesi, di allenare l’osservazione del dettaglio, di sviluppare la capacità di una visione d’insieme, di riconoscere le emozioni.
1. Diverse modalità
Attraverso la grande forza evocativa delle immagini in movimento, la potenza della narrazione filmica, il Cinema si propone come straordinario strumento di conoscenza e di auto-conoscenza, di crescita personale, e infine anche come cammino di evoluzione umana ed esistenziale. Naturalmente gli utilizzi del Cinema sono moltissimi.
- La modalità ludica è quella che rappresenta l’uso naturale del Cinema, il più frequente e diffuso. Questa modalità presenta caratteristiche che sono tipiche del Cinema stesso e sono condizioni legate ad un uso principalmente passivo: ovvero quello di modificare temporaneamente l’umore, di stimolare lo spirito critico, di provocare lo spettatore, emozionarlo, stupirlo, aggredirlo, rilassarlo. In tutti questi casi, lo spettatore svolge una funzione ‘spugna’, tipica anche dell’uso televisivo, dove è chiamato ad assorbire in posizione tendenzialmente passiva i contenuti proposti dal film, dal regista, dagli autori, ecc.
-La modalità didattica può essere utilizzata con successo da insegnanti, docenti, educatori, opinion-leader per proporre tematiche, suggerire soluzioni facendo riferimento agli esempi narrati nel film, stimolare la discussione su argomenti relativi all’età evolutiva o alle problematiche adolescenziali e giovanili o alle dinamiche dell’adultità. La modalità didattica può anche essere utilizzata con finalità sociologiche, di dibattito politico e culturale, tipica dei Cine-Forum.
Una ulteriore modalità di applicazione, che scende maggiormente in profondità, è la modalità formativa. Essa trova impiego soprattutto nella psicologia sociale e in ambito aziendale. In questo caso, è richiesto un maggiore coinvolgimento dell’utente, il quale viene inserito in un vero e proprio percorso formativo tramite – ad esempio – spezzoni di film. L’obiettivo è in questo caso quello di fornire informazioni, dare indicazioni sull’intero ciclo di vita di una determinata produzione di beni o servizi, e soprattutto, costruire e formare un determinato ruolo aziendale. Essa trova valide applicazioni nei Corsi e nei Seminari di formazione culturale, agevolando il processo di preparazione, fornendo un valore aggiunto alla profondità dell’apprendimento.
-È tuttavia in ambito psicoterapeutico il cinema come terapia esprime buona parte del suo potenziale di efficacia, mettendo a frutto le capacità evocative della narrazione filmica e i meccanismi psicologici che vengono messi in atto durante la visione della pellicola.
- Seppure con alcune influenze derivate dalla modalità clinica, l’area che tuttavia permette di esprimere al meglio le potenzialità dello strumento cinematografico è in ambito di prevenzione del disagio e nell’area della psicologia del benessere. Si tratta di una applicazione che si rivolge non più esclusivamente a coloro che necessitano di cure, mediche o psicologiche, ma soprattutto a tutti coloro che desiderano accrescere il proprio benessere interiore e la propria qualità della vita. Questa modalità è infatti quella che – più di altre – permette di intervenire sull’area relazionale, in cui spesso si lavora per migliorare le relazioni personali, i rapporti di coppia o per diminuire forme comportamentali disadattive. L'itinerario interiore di questo livello applicativo necessariamente abbandona i riferimenti diagnostici e normativi del livello clinico precedentemente descritto: i concetti di patologia e di norma, qui, non hanno più senso.
La persona non deve essere riportato all’interno di un range di riferimento ritenuto normale o non-patologico, ma deve essere aiutato a svilupparsi come persona, a realizzarsi pienamente, ad evolvere armoniosamente all’interno del suo ciclo di esistenza. Con questa modalità, il Cinema non si limita più soltanto a lavorare sul piano didattico, formativo o clinico, ma opera direttamente sul piano esistenziale e spirituale. Essa è particolarmente efficace nell’accompagnare e sostenere la persona negli eventi della vita e a superare momenti di crisi esistenziale (adolescenza, menopausa, situazioni di crisi affettiva, perdita e lutto, cambiamenti non desiderati, perdita del lavoro, etc.).
Magazine Cinema
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