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Il ciuccio sì, il ciuccio no…

Da Tiz

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Ecco, per la quarta volta mi trovo a fare la caccia al ciuccio… Un giorno apro un cassetto e… toh, un ciuccio! Cosa ci fa in mezzo alle sorpresine degli ovetti, forbici e altri giochini dei bimbi? Sta lì, abbandonato e dimenticato mentre il suo proprietario, ormai vicino al compimento del suo primo anno non ha la più pallida idea di quale battaglia si consumi quotidianamente per impedire che quell’oggetto diventi per lui una dipendenza.

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Già, perché il ciuccio è uno di quegli oggetti demonizzati, il cui nome non dovrebbe nemmeno essere pronunciato nella famiglie “naturali”. Infatti in natura non esiste l’albero dei ciucci, quindi perché mai dovremmo sentirne il bisogno? Be’, a pensarci bene non esiste nemmeno l’albero delle mutande, eppure…

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Però il ciuccio è un’invenzione degli ultimi anni, perché non si allatta più e perché la mamma deve rientrare al lavoro. Anche qui avrei da ridire visto che mia mamma mi racconta di quando, negli anni ’50 nacque mio zio e in casa preparavano un fazzolettino con al centro un poco di zucchero e poi lo legavano stretto stretto e lo davano al bebè… nonostante sua madre (mia nonna) fosse casalinga e avesse naturalmente allattato lui come le sorelle in precedenza. Di questi “ciucci fai-da -te” si trova un’immagine in un quadro di Duerer del 1506, in cui la Madonna tiene in braccio un Gesù Bambino con il suo “ciuccio”.

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Con questo non voglio affatto difendere l’uso del ciuccio in ogni caso e circostanza; so benissimo che finché l’allattamento non è ben avviato il ciuccio potrebbe interferire e va quindi evitato il più possibile. So anche che causa danni ai denti, al palato e che può diventare un oggetto da cui il bambino diventa dipendente.

Il mio non è un elogio al ciuccio, ma non mi va nemmeno di vederlo come un oggetto pericoloso che, una volta entrato nella vita del bambino non ne uscirà più se non dopo lunghe ed estenuanti trattative o in seguito a dolorose crisi del bimbo. Ci sono momenti in cui può servire, basta non abusarne.

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Io l’ho trovato indispensabile nei viaggi in auto per i primi mesi, finché i bambini non hanno associato l’ovetto all’andare in giro… a quel punto non è più servito, l’ovetto stesso li faceva smettere di piangere!

Oppure quando li affidavo a qualcuno, come la nonna, per andare magari a fare una doccia… In alcuni periodi è tornato utile per i risvegli durante i riposini pomeridiani (di notte no, la tetta è decisamente più pratica e non serve cercarla al buio!) quando due ciucciate li facevano riaddormentare. Tabita lo usava di sera, dopo aver fatto la sua poppata non voleva più stare in braccio, nel suo lettino ciucciava il ciuccio, poi lo sputava e prendeva sonno.

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Insomma, io l’ho usato con tutti e quattro, in alcuni momenti, perché non potevo esserci, perché avevo bisogno di stare tranquilla, perché non c’erano alternative. Sempre con buonsenso, evitando di farlo diventare un oggetto indispensabile per loro e per me.

Il tempo è passato, tutte e quattro le volte, il ciuccio era in auto o in borsa pronto per le emergenze… finché, un giorno, uno mi saltava all’occhio, abbandonato in un posto qualsiasi della casa e, al vederlo, mi rendevo conto che era davvero da tanto tempo che non lo usavo più… E così iniziava la caccia al ciuccio… le foto nell’articolo raccontano (il disordine di casa nostra) l’ultima caccia, dai cassetti della biancheria di Febe al cassetto delle posate, da quello dei giochini agli scaffali della mia stanza di cucito, passando per la mensola dei bicchieri e… dalle lattine che stiamo conservando per progetti futuri!

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Adesso li ho recuperati tutti e sei. Metà erano nuovi, comprati per Samuel, gli altri li aveva ereditati da Febe. Per Tabita e Luca era stato lo stesso. L’usura testimonia quanto siano stati usati…

Quindi, come per tante altre cose da mamme il mio consiglio è sempre quello: usare il buon senso. Tappare la bocca del bimbo col ciuccio ogni volta che piange oltre ad essere ingiusto nei suoi confronti è anche pericoloso per il dopo, quando il ciuccio bisognerà toglierlo. Ma ricorrere a questo oggetto quando davvero si sente la necessità di farlo… be’, grandi danni non dovrebbe farne… sempre che non si voglia sostenere che io abbia avuto per quattro volte semplicemente fortuna!

 


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