“The Brussels Business”, cine-inchiesta sul potere oscuro dell’Ue
Una piccola torcia accesa nel buio più pesto. Se si potesse descrivere con un’impressione,“The Brussels Business” potrebbe apparire così. Il film-documentario, nato dall’idea del filmaker austriaco Friedrich Moser e di Matthieu Lietaert (politologo belga ed esperto di faccende europee), si presenta come collage in forma artistica di un’inchiesta nata nei primi anni novanta e atta ad indagare dietro le quinte di questo gigantesco meccanismo chiamato Europa. La pellicola ha fatto il suo esordio nello scorso maggio, durante la quarta edizione del Millennium Documentary Film Festival di Bruxelles, suscitando grande seguito: già uscito nelle sale di Austria e Belgio, si appresta ad affacciarsi timidamente negli altri paesi, nonostante la scarsissima sponsorizzazione.
Friedrich Moser
Matthieu Lietaert
La versione italiana, proiettata dall’associazione culturale Kinodromo di Bologna nell’ambito della rassegna “Mondovisioni”, a cura di CineAgenzia e della nota rivista “Internazionale”, ha permesso ai più attenti di farsi un’idea sull’effettiva qualità del prodotto e sul tema trattato, più che mai scottante.
L’indagine minuziosa dell’opera è volta a scoperchiare l’apparato istituzionale e non che opera nella capitale belga. Bruxelles, centro politico e finanziario dell’Unione, ospita circa 150000 lobbisti che influenzano le scelte politiche e legislative delle istituzioni UE, ed è la seconda città al mondo per numero di lobby, dopo Washington. Il lobbista, figura di difficile collocazione, è colui che fa gli interessi di una lobby, e per lobby si intende qualsiasi gruppo di potere che esercita influenza in una specifica area economico/politica. Le lobby possono essere enti governativi, associazioni o imprese che operano a stretto contatto con l’apparato legislativo. Il lobbista è dunque un po’ giornalista, un po’ un addetto alle pubbliche relazioni, un po’ politico, un po’ giurista. Ha una grande rete di contatti e si sa destreggiare con abilità. L’azione peculiare del lobbista consiste nel “sensibilizzare” il mondo politico sulla necessità di modificare leggi (o crearne di nuove) in base agli interessi economici del gruppo per cui egli opera. Insomma, un laccio a doppio nodo tra mondo politico e mondo economico, talmente stretto da trasformarsi in vera e propria briglia, creando un rapporto di subordinazione. A grande scala, le trame che si tessono nei corridoi dei palazzi di Bruxelles incarnano i cambiamenti ai quali noi tutti siamo stati soggetti in questi ultimi decenni: l’avvento dell’Europa Unita ha infatti contribuito alla creazione dei vari disequilibri economici e sociali che stanno investendo l’esistenza di milioni di cittadini. Proprio in questo senso, il film spiega come i prodromi di questi cambiamenti che ora ci appaiono improvvisi maturarono in realtà almeno trent’anni fa, quando le maggiori multinazionali presenti sul territorio europeo, nell’ottica di un mercato comune e con l’orizzonte del neo-liberismo che allora sembrava avamposto di progresso e ricchezza, istituirono l’ERT (letteralmente, “The European Round Table of Industrialists”), una tavola rotonda formata da 17 rappresentanti dei maggiori gruppi industriali sul continente.Wisse Dekker
Jacques Delors
Il nuovo e prestigioso “club” fece il suo esordio nell’aprile 1983 a Parigi, con il benestare dell’allora Commissario Europeo Jacques Delors. L’ERT si incaricò di assemblare un interesse produttivo condiviso, e di avere una grossa voce in capitolo nelle direttive della Commissione Europea per la legislazione della nuova Unione.
Sir Francis Arthur Cockfield
Dai trattati CEE del 1957 a Roma molto era cambiato, e il 60% della produzione continentale consapevolizzò la forza di influenzare fortemente i processi politici e legislativi in modo tale da ottenere interessi in termini di produttività, e dunque di guadagno. Come pochi anni dopo, nel 1985, quando fu redatto il piano del libero mercato europeo (incluso il progetto di realizzazione di una rete di alta velocità per la circolazione delle merci). Il documento si ispirò alla dottrina neoliberista promossa dall’allora padrone della Philips Wisse Dekker e dai CEO delle più grandi industrie multinazionali europee.
Al diplomatico britannico Sir Francis Arthur Cockfield dobbiamo la stesura del documento a cui si ispirò il famoso “Libro Bianco sul completamento del mercato interno”: una sorta di Piano Marshall europeo, che prese il nome di “Piano Cockfield“. Dunque, un processo di metamorfosi: da strategia aziendale collettiva a legge costituzionale. L’industriale ordina, la politica esegue, come se fosse un ricatto: «Fai come dico io, o altrimenti vado a lavorare e a produrre altrove». Questo intimò l’Ert ai Capi di Stato d’Europa nei lontani primi anni ottanta, mantenendo tutto in massima segretezza. Questo ha detto Marchionne nel 2011, con una sfrontatezza nuova, figlia di disequilibri nel frattempo cresciuti. Questo, a scala globale, è il sistema che ha portato alla grande protesta nel 1999 a Seattle, e a quella recentissima sulla famigerata TAV. Insomma, “The Brussels Business” ci presenta un’Europa che corre veloce, dove l’industriale è il ventriloquo, e il politico è il pupazzo. Tra libero scambio incondizionato, grandi investimenti, grandi depositi, privatizzazioni e flessibilità, il Palazzo d’Inverno non è più la stanza settecentesca col grande arazzo. Ora è tutto spalmato tra corridoi e stanze chiuse a chiave, in “Think Tank” ove qualche decina di illustri signori, tra champagne, applausi e paillettes, discernono sul futuro di interi popoli. Stanze dove nessuno si pone lo scrupolo di far precipitare nel buio milioni di disperati. In Grecia, in Italia, in Spagna, tra le vie di questa Europa di serie B che brancola nelle tenebre, sopraffatta dall’Europa di serie A che si muove nell’ombra. In sostanza, buio pesto ovunque: è in questa notte scura che il film cerca di far luce, tra mille affanni ed evidenti ostacoli operativi. D’altronde, con una piccola torcia non si andrà certo lontano: si può però fare qualche passo in più, questo sì.
(Pubblicato su “Gli Altri Settimanale” del 1 marzo 2013)