Il cocktail della coscienza, i dogmi della Chiesa
A.Schopenhauer.
tanto conto: circa un quinto di rispetto umano, un quinto di terrori religiosi, un quinto di pregiudizi, un quinto di vanità, un quinto di abitudine; in fondo, essi non sono migliori di quell’inglese, che diceva: ‘I cannot afford to keep a conscience’ [mi costa troppo mantenere una coscienza]. Le persone religiose, di qualsiasi fede, spesso non intendono per coscienza nient’altro che i dogmi e i precetti della loro religione e l’esame di se stesse compiuto in rapporto con essi: in questo senso vanno intese anche le espressioni ‘coazione di coscienza’ e ‘libertà di coscienza’. I teologi, gli scolastici e i casisti del Medioevo e dell’Età moderna la pensavano così. Tutto ciò che uno conosceva dei dogmi e delle prescrizioni della Chiesa, insieme con il proponimento di credere ai primi e di osservare le altre, costituiva la coscienza. C’era perciò una coscienza dubitante, una coscienza opinante e una coscienza erronea, eccetera, e per emendarla si ricorreva a un direttore di coscienza. “
ARTHUR SCOPENHAUER (1788 - 1860), “ I due problemi fondamentali dell’etica 1. Sulla libertà del volere (1839) 2. Sul fondamento della morale (1840) “ (1841), intr., trad. it., note di Giuseppe Faggin, Boringhieri, Torino (I ed. 1961) 1970 (rist.), p. 272.