Ruth Newman è nata a Reading e cresciuta a Hackney, Londra. Scrive narrativa dall’età di sei anni. Verso la metà degli anni Novanta si è trasferita a Cambridge per studiare psicologia e criminologia al King’s College, le è piaciuto, e non se n’è più andata. Attualmente lavora all’università.
Il college delle brave ragazze è il suo primo romanzo.
Sito: http://ruthnewman.blogspot.com/
Titolo: Il college delle brave ragazze
Autore: Ruth Newman
Serie: //
Edito da: Garzanti
Prezzo: 18,60 €
Genere: Poliziesco, Thriller psicologico, Horror
Pagine: 313 p.
Voto:
Trama: Cambridge, Ariel College.
Olivia giace rannicchiata in posizione fetale, il cadavere della sua amica June ancora caldo accanto a lei. Mezza nuda, gli occhi sbarrati, completamente ricoperta di sangue, è incapace di riferire quello che ha visto. Non era certo così che la ragazza immaginava di finire i suoi giorni a Cambridge. Olivia è dolce e timida, ma ha lottato duramente per studiare nel prestigioso college, decisa a lasciarsi alle spalle le proprie origini modeste e la difficile vita della grigia periferia di Londra. All’Ariel College ha trovato la sua dimensione, nuovi amici e Nick, il grande amore.
Adesso la brillante studentessa giace in un letto di ospedale, in stato catatonico ed è l’unica che possa far luce, con la sua testimonianza, sulla lunga catena di omicidi che stanno sconvolgendo la tranquilla atmosfera universitaria del college. Il Macellaio di Cambridge, un serial killer sorprendentemente meticoloso, ha colpito di nuovo. Tutte ragazze. Tutte belle, popolari e sicure di sé. Gli studenti vivono nel terrore e nel sospetto, continuamente accerchiati dagli agenti che indagano sul caso e da giornalisti d’assalto in cerca di scoop. Nessuno è al sicuro, e Matthew Denison, lo psichiatra che da tre anni collabora con la polizia nel tentativo di smascherare l’assassino, lo sa bene. È per questo che deve riuscire a conquistare la fiducia di Olivia e valicare le sue barriere psichiche per giungere il prima possibile alla verità. Ma la lotta fra le due menti si trasformerà in un duello senza esclusione di colpi.
Recensione
di Erzsi
*Attenzione spoiler*
“Ho adorato questo libro. È così avvincente che non volevo arrivare alla fine per non smettere di leggerlo. Pauroso, seducente, imprevedibile.”
Basandomi sulla citazione di Sophie Hannah in merito al libro, sono costretta a distaccarmene quasi completamente.
Ovviamente i punti di vista sono assolutamente soggettivi e rimangono appunto tali, ma arrivare a scrivere che è un libro adorabile ce ne vuole, ed anche parecchio. L’ho trovato interessante, questo sì, ed anche abbastanza coinvolgente, specialmente verso la fine.
All’inizio, però, ho trovato la trama alquanto insipida; mi ha dato l’impressione di essere stata messa lì per caso, senza una vera logica. Non amo particolarmente questo genere di libri – polizieschi con una punta di horror – ma l’analogia che l’autrice fa paragonando il Macellaio di Cambridge, macabro soprannome affibbiato al serial killer, al caso del tristemente famigerato Jack lo Squartatore – chi non ne ha mai sentito parlare, in un modo o nell’altro? – sembra del tutto forzata. Azzeccata, visto il finale del libro, ma leggermente forzata.
Il College delle brave ragazze ha un inizio decisamente macabro, raccapricciante, ma fa capire appieno con quale efferatezza questo Macellaio – mai nome fu più calzante – uccide le sue vittime. Vittime che non sono affatto sconosciute, anzi; sono tutte ventenni o poco più, frequentano lo stesso College – l’Ariel – si conoscono tra di loro e hanno tutte un’amica in comune: Olivia Corscadden.
Olivia è appunto la protagonista del romanzo, una ragazza che soffre di una patologia denominata DDI: Disturbo Dissociativo dell’Identità – un tempo chiamato sindrome da personalità multipla – a causa dei ripetuti abusi sessuali subiti fin da piccola dal padre e dagli uomini che il padre stesso le procurava. È una giovane donna dal passato travagliato, che ha dovuto crearsi un’altra dimensione dove estraniarsi durante quegli incontri, avvenuti fin da quando lei era piccola.
Mi è piaciuto molto il gioco che l’autrice ha fatto riguardo questo disturbo. Sarà vero, starà mentendo, sta simulando… erano queste le domande che mi porgevo durante la lettura. L’autrice è riuscita a catturare – dalla metà del libro in poi – la mia attenzione in un modo tale che ragionare alla Jessica Fletcher era spontaneo, naturale. Ma nessuna delle ipotesi plausibili prima, corrispondeva alla verità dopo. Ruth Newman è riuscita, attraverso vari dettagli, la maggior parte dei quali venivano chiariti verso la fine del romanzo, a smontare letteralmente ogni mia ipotesi e supposizione. Credere alla colpevolezza di Olivia? O a quella di Nick, il suo fidanzato? O di nuovo dare la colpa al disturbo delle personalità di cui Olivia diceva di soffrire?C’è da dire che, con l’avanzare delle pagine, Olivia si dimostra sempre più intelligente e furba. E scaltra, molto scaltra. Ma è solo con l’epilogo/flashback, che ogni dubbio viene spiegato egregiamente.
Leggendo uno degli ultimi capitolo, ci si rende conto del grande talento simulativo di Olivia. Attraverso una prolungata dimostrazione recitativa, degna di un Oscar, Olivia riesce a far credere alla gente – manipolando anche Matthew Denison, lo psichiatra che la ha in cura – che il Macellaio di Cambrigde è niente meno che Nicholas “Nick” Hardcastle, il suo fidanzato da alcuni anni, e attraverso un processo riesce a fargli avere l’ergastolo per ogni presunto omicidio commesso – le vittime sono tre : Amanda, Eliza e June – per un totale di cento anni.
Ma c’è solo un piccolo dettaglio, trascurato dal giudice e dalla giuria: Nick è innocente, non ha mai commesso quegli omicidi, nonostante sia stato ritrovato sulla scena del crimine di uno di essi. Non è lui, il macellaio di Cambridge. È Olivia, ma riesce a scappare alla condanna e alla conseguente protezione testimoni fingendosi affetta da DDI.
Solo lo psichiatra Denison, verso la fine del libro e attraverso una breve ricerca, scopre che Olivia ha mentito sulla sua condizione mentale. Ha sempre mentito.
Lo stile di scrittura utilizzato dalla Newman a volte può risultare difficile da seguire, per via dei frequenti salti temporali che contiene il libro, ma a parte questo non è elevato o difficile da comprendere. È uno stile la maggior parte colloquiale, di tutti i giorni, a parte forse qualche parola attribuita a Denison, magari più tecnica. I personaggi sono dipinti abbastanza bene, ma a piccole dosi. Non si riesce infatti ad avere un quadro preciso nel momento stesso in cui si legge, ma poi vengono rivelati altri particolari per conoscerli meglio man mano che la storia procede. A livello dei personaggi, comunque, mi sarebbe piaciuta una maggiore introspezione rispetto a quella che ne è stata mostrata.
Una nota negativa è la descrizione generale: l’autrice preferisce narrare meglio i fatti e le situazioni, piuttosto che i personaggi stessi e le loro emozioni.