Autore: Jo Nesbø
Titolo: Il confessore
Editore italiano: Einaudi
Anno: 2014
Genere: Giallo
Pagine: 548
Formato: brossura+eBook
Prezzo: € 21,00 (10,99)
Trama:
Il mondo di Sonny Lofthus è crollato il giorno in cui, tornando a casa, ha trovato il padre, un poliziotto, morto suicida. Ha cominciato a drogarsi. Ora non ha neanche trent’anni ed è in prigione da dodici per duplice omicidio. Eppure c’è qualcosa in lui che ispira fiducia, perché nel carcere di massima sicurezza di Staten i compagni lo considerano una specie di confessore; gli raccontano le loro storie. La sua esistenza è ormai tutta lí, non ha piú sogni né un’idea del futuro. Finché un detenuto gli rivela che in realtà suo padre è stato ucciso. In quel preciso istante Sonny riscopre una ragione per vivere e riacquistare la libertà: ha deciso di punire i colpevoli, uno alla volta.
Giudizio:
Recensire un nuovo romanzo di Nesbø è un po’ come camminare sulle uova: devi parlarne, ma devi anche fare molta attenzione a non parlare troppo, a non rivelare i colpi di scena o peggio ancora a fare intuire anche solo vagamente il finale.
E allora, senza dire troppo, possiamo notare che l’ispettore capo della polizia di Oslo… Simon Kefas (già, perché qui Harry Hole non c’è… ) è una versione di Hole contaminata di normalità e spruzzata con qualche goccia di tenente Colombo. Il poliziotto (ormai anziano, ma capace di riflessioni argute), non ha problemi di alcool: ma qualche problemino nel passato lo ha comunque avuto.
In secondo luogo, si notano alcune esplicite ispirazioni a “La strada” di Cormac McCarthy, per il rapporto tra il Padre (anzi, i Padri) e il Figlio (nel romanzo, spesso identificato proprio così). Tant’è che il titolo inglese del romanzo, molto più appropriato, è “The Son” (“Il confessore” mi sembra superficiale ed infelice, ma tant’è…giudicate voi!).
La struttura del romanzo è tipica delle storie basate sulla vendetta, con i cattivi che pagano ad uno ad uno il fio del proprio esser malvagi, in un crescendo quasi gerarchico che porta dai pesci piccoli allo squalo più grande ed importante. E pagina dopo pagina, come sa fare bene Nesbø, lo sviamento è continuo, e tutto quello che pensi di aver capito ed intuito è instabile e temporaneo, e viene smentito al capitolo successivo (ma ormai dopo aver letto un sacco di tuoi romanzi non ci casco più, vecchio Jo: rinuncio ad avere opinioni temporanee e mi godo quel che arriva: tiè!).
Come in tutti i romanzi di Nesbø, c’è materiale per ricavarne almeno un paio di libri rispetto agli standard di un normale scrittore di noir.
Okay, credo di esserci riuscito: un certo numero di righe, giusto per non far arrabbiare il Direttore, in cui sono riuscito a non dire praticamente nulla.
Anche questo è mestiere, eh…
Niente a che vedere con quello di Nesbø: che lo si adori o meno, non si può non rimanere affascinati da simili maestosi prodotti di solido artigianato.
Che non concedono forse molto alla creatività, ma in quanto a mestiere… come sempre “chapeau!”, signori, giù il cappello!
Sull’autore:
Jo Nesbø, norvegese, ha fatto il calciatore, l’analista finanziario e il cantante prima di essere scoperto come talentuoso e dilagante narratore di crime stories. Ha creato il personaggio di Harry Hole, ispettore capo problematico e borderline della polizia di Oslo, la cui saga ha avuto un vasto successo. I suoi personaggi sono sempre opachi e psicologicamente tortuosi, mentre il meccanismo con cui sono costruite le storie poliziesche è pensato per portare il lettore al livello massimo di tensione, costruendo di continuo finte certezze destinate ad essere inevitabilmente scardinate dopo poche pagine.
Marco Zanette