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Il confine

Da Fishcanfly @marcodecave

Era una cosa che non faceva da molto tempo: superare il confine.

Almeno da quando i due Smocciolosi avevano rimediato la loro porzione di bastonate gratuite. “Voglio vedere se lo rifate più!” – aveva urlato loro in faccia il fattore mentre teneva i corpi dei due ragazzi quasi privi di sensi per le rispettive collottole. “No, Signor Jones…Noi non volevamo superare il confine. Noi volevamo soltanto…”

Volevano soltanto riprendersi il pallone. Cristo. Era così difficile? Lui stesso era stato chiaro più volte. Amici, solo una partita di calcio. Ma niente quelli si credevano di essere i campioni del Sud America o di là dell’oceano, roba da italiani o da inglesi. Se si fosse trattato di baseball e avessero cercato di imitare le gesta di Joe Di Maggio, il tipo di cui suo nonno parlava spesso, bé allora sarebbe stata un’altra storia. Magari anche il vecchio fattore, il Signor Jones, l’avrebbe pensata diversamente. Un conto è ritrovarsi nel campo un pallone di calcio. Un altro conto è ritrovarsi nel campo una palla di baseball. Quel pallone era come un incidente di Roswell in quella fattoria. Faceva più casino della morte di Kennedy.

Smoccioloso Uno sanguinava dal naso. Smoccioloso Due aveva una mano dolorante e un dente rotto. “E se dite chi è stato…giuro che vi impicco lì.” E la mano malferma ma in un certo senso sicura dei propri movimenti, quelli di chi conosce ogni centimetro della propria terra, senza doversi voltare a guardarla, aveva indicato un albero secco. Quell’albero non aveva mai foglie, almeno da quando lo aveva visto, lo ricordava sempre così, nodoso, solitario a ridosso della casa del fattore, forse aveva già visto più di qualche impiccagione.

“Dicono che se impicchi un giusto a un albero, sull’albero non crescono più le foglie.” – gli aveva detto Jerry.

“E questa cosa chi te l’ha detta?” – gli aveva risposto lui.

“Me l’ha detta Patty.”

“Hai mai visto Patty nuda?” – Jerry era rimasto interdetto a quella domanda, aveva sollevato le spalle, senza rispondere.

“Allora, hai mai visto tua sorella nuda?”

“No, ma che domande sono?”

“Sono domande, Jerry. Tutti ci facciamo delle domande.”

“Bè falle a tua sorella le domande.” Lì gli aveva allungato un pugno e Jerry era caduto. “Mia sorella non si tocca. La tua sì. La mia no, è fuori discussione.” Non ne avevano più parlato. Almeno finché non venne la notte, tre anni dopo, in cui lui, Kevin, si trovò costretto a superare il confine.

Il confine

Le gambe di Patty ciondolavano sulla cassapanca. A Kevin sarebbe bastato questo spettacolo. Poteva anche morire adesso, perché ogni volta che le ginocchia si allontanavano l’una dall’altra, il suo sguardo era calamitato dal centro di ogni cosa, dal motivo principale per cui sentiva di essere nato: una mutandina bianca. Fu la voce di Patty a riportarlo alla realtà. “Dovremmo risalire? Non credi che ci stanno cercando?” “Non penserebbero mai che siamo qui giù…”- rispose Kevin, la voce gli tremava un po’. “Tu, Kevin Donald, sei un discreto figlio di puttana.” Kevin rise nervosamente, un qualcosa tra una risata e un piagnucolio. “Patty…” “Cosa vuoi chiedermi Kevin?” “Posso…?” – Kevin si era alzato, era arrivato davanti a Patty, al punto che poteva sentire l’odore del suo sudore. Lì giù in quello scantinato si sudava un sacco, non aveva niente delle comuni cantine. Oppure era la giornata particolarmente calda. Una di quelle afose giornate texane. Poteva distinguere i suoi capezzoli spuntare fuori dal vestito quasi, poco sotto i seni era inzuppato di sudore, e ci scommetteva che la sua maglietta non solo era macera, ma – lo avrebbe giurato – poteva distinguere il profilo del cuore gonfiare la parte sinistra del petto. Con la gola secca farfugliò qualcosa. “Ripeti…” – Patty continuava a ciondolare le gambe ora tra i due non c’era che la misura di un braccio, lo stesso che lei aveva allungato verso il suo viso, mentre con la mano gli accarezzava la guancia. “Voglio vedere…” “Dillo.” “Voglio … vedere la tua …cosa Patty.” Patty esplose in una grande risata, piegando la testa in avanti e i capelli sudaticci presero in pieno la faccia di Kevin arrossito di colpo e sul punto di retrocedere, ma era impossibile muoversi adesso, era come affondare nelle sabbie mobili. Ecco – pensava – lo sapevo. Adesso muoio. Adesso muoio, qui ora, la mia vita è finita, dio mi farà precipitare all’inferno. Patty tornò a guardarlo negli occhi. Chiuse le gambe.

“A una condizione, Kevin Donald.”

(continua..)



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