Caino, la schiena curva per il carico e le mani nere di terra e fuliggine, percorse il viottolo polveroso che divideva la sua tenda ed il piccolo campo dalla grande radura in mezzo alla foresta. Le ombre del primo pomeriggio erano costellate dallo sfrigolio delle cicale, e veniva dal recesso più scuro del bosco un lieve vento. L'illusione dell'eterna estate si sarebbe rotta in capo a poche settimane; ma Caino non ci pensava. Seguì il sentiero fino alla radura, dove stavano due piccoli altari di pietra – e dove, nei tramonti estivi, attraverso uno squarcio nel sottobosco, si vedeva, a oriente, il confine di Eden. Lì, circondato dal verde e dal silenzio, liberò la schiena, e buttò sulla catasta di legno i frutti del suo orto, irrigato a sangue e mezze bestemmie; vi appiccò il fuoco; un po' le scintille, un po' il vuoto della giornata, gli presero via qualche lacrima.
[continua]