il Congresso dei precari

Da Brunougolini

Sono quelli più coinvolti dallo slogan del congresso Cgil 2014 : “Il lavoro decide il futuro”. Sono i giovani, ma anche non più giovani, coinvolti nel supermercato delle oltre 40 forme contrattuali a disposizione di chi il lavoro lo distribuisce. Questo è il Congresso del Nidil, la “categoria” della Cgil che si occupa di collaboratori, partite Iva, associati, ex interinali… Coloro che dipingono il sindacato come completamente assente dal pianeta dei precari dovrebbero essere qui a prendere nota. E appare significativa la partecipazione, nel salone di Montesilvano, di Carla Cantone, segretaria generale dello Spi-Cgil, nonché di Luigi Nicolosi (membro della segreteria confederale che alla fine trarrà le conclusioni dell’Assise).
E’ un appuntamento preparato dal basso. Oltre quindicimila donne e uomini, dichiarano gli organizzatori, hanno partecipato alle discussioni di base. Un risultato importante. Il dirigente del Nidil non è in grado, come avviene nelle categorie “fordiste”, di convocare assemblee degli iscritti con un annuncio in bacheca. Gli atipici, i precari, spesso non hanno bacheche, spesso sono tagliati fuori dalle attività sindacali e lavorano in solitudine. Anche per questo, come spiega nella sua densa ed interessante relazione Claudio Treves, il segretario del Nidil, più che le dispute interne ha interessato il che fare. Ovverosia come costruire piattaforme di lotta per il lavoro, come combattere contro il patto di stabilità che impedisce gli investimenti, come stabilizzare la precarietà. I due cardini sono il Piano del lavoro e la contrattazione sociale. Insomma il prossimo Congresso Cgil dovrebbe sapere indicare il legame tra elaborazione generale e lavoro quotidiano del sindacato. Finora questo non è avvenuto. Mentre l’attenzione è divampata in riferimento all’accordo sulla rappresentanza.
Treves polemizza con chi nella Fiom argomenta che con quel testo si sia introdotto il rischio di una dittatura della maggioranza. Può essere che il rischio della marginalizzazione del dissenso si determini “se si immagina il mondo del lavoro e delle organizzazioni sindacali come un universo di parti tra loro in perenne e assoluto conflitto”. Però quell’accordo, secondo il segretario del Nidil, intende incanalare “la dialettica ineliminabile tra organizzazioni diverse” verso la ricerca delle sintesi, “anziché verso la riaffermazione assoluta della propria identità”. Treves cerca ad ogni modo una necessaria pacificazione ad esempio sulle discusse sanzioni ricordando come altre volte accordi non sottoscritti dalla Cgil poi vennero firmati perché approvati dal referendum. “Finire in minoranza è possibile, ma compito di chi subisce una sconfitta è di dedicarsi a rovesciare quella condizione nel tempo”.
Ecco perchè l’accento va posto sulla gestione di quell’accordo, passaggio fondamentale per i lavoratori subordinati che vorrebbero ad esempio “essere inclusi nel diritto a vedersi certificata la rappresentanza e riconosciuto il diritto di decidere sui loro contratti”. Traguardi che possono aiutare quella che è chiamata “contrattazione inclusiva” ovvero la capacità di contrattare anche per chi non ha un posto fisso, attraverso un rapporto con le altre categorie e con il sostegno al Nidil (anche economico da parte della Cgil).
Il sindacato, malgrado le tante difficoltà , deve saper riflettere sui propri ritardi. Vale sempre, sottolinea Treves, l’insegnamento di Di Vittorio: in ogni sconfitta c’è “anche un pezzo di nostra responsabilità.” Facendo i conti con enormi trasformazioni. La relazione porta l’esempio della Malpensa, con 15000 lavoratori che timbrano ogni giorno il cartellino, cui si applicano circa 40 contratti nazionali e 200 accordi di secondo livello. Così come bisogna fare i conti con un governo che con le nuove regole sui contratti a termine potrebbe nuocere, all’espansione dei cosiddetti contratti di somministrazione “la forma più tutelata del lavoro non standard”. Treves elenca i motivi di dissenso con la compagine governativa fino a chiedersi: ”E’ un caso che vadano insieme, nell’annuncio, i soldi in tasca e la caduta dei diritti? I soldi in busta paga possono agire come sonnifero che occulta la perdita di diritti?”. Con la scelta conclusiva, però, di una linea non di pura opposizione: ”Dobbiamo sfidare il governo non facendoci mettere nella posizione che lui ha deciso per noi, ma sfidandolo proponendo soluzioni diverse e fattibili”.
ANTONELLA DA UNO E CINQUANTA

E’ una ragazza minuta e gentile, ma con una voce energica e sdegnata. Impugna il microfono e spiega come nella sua azienda “si intenda legalizzare la schiavitù: vogliono pagarci un euro e 50 all’ora”. E’ una delle tante voci che si alternano al Congresso del Nidil-Cgil, l’Assise che anticipa le altre categorie. Raggiungo Antonella Boccone più tardi e mi faccio raccontare la sua storia. Lavora non in una vecchia fabbrica fordista ma in un ganglio del moderno sistema produttivo: le ricerche di mercato. La sua “fabbrica” si chiama “GFK Eurisko”. Fa parte del Gruppo GfK, il quarto a livello mondiale, distribuito in oltre 100 paesi. Lei e gli altri suoi 85 compagni nella sede di Roma, si alternano in un grande salone o in piccole stanze dove siedono in dieci lavorando con le cuffie, per parlare e ricevere. Nonché, nello stesso tempo, con il computer collegato via Internet con la sede centrale che controlla il tutto. Interrogano, ascoltano e scrivono. Fanno sondaggi e ricerche su tutte le materie possibili. Avete in mente certe assillanti chiamate di Tim o Vodafone o altro? E’ Antonella o sono le sue compagne o i suoi compagni. Spesso le cuffie non funzionano “così diventi scema”. Spesso dovresti andare in bagno… Il guadagno lo conquisti solo se l’operazione è perfettamente riuscita. Non hai le ferie e l’assistenza sanitaria è complicata. Basti pensare alle spese per il dentista.
Lei, Antonella Boccone, si considera fortunata. Fa questo lavoro da13 anni, tredici anni precaria. Ora è una CocoPro, lavoratrice a progetto. Una volta guadagnava quindicimila lire all’ora. Oggi 7,80 euro all’ora, lorde. Spesso peggio di una Colf. Ma si considera fortunata perché lavora sette giorni su sette e guadagna in un mese 1.250 euro che diventano 1.000 nette. Ma c’è anche chi lavora tre mesi in un anno.
Ora hanno aperto una trattativa. Volevano migliorare la loro condizione. La società ha risposto sostenendo che intende far lavorare tutti a casa così per ciascuno le spese delle bollette di luce e telefono inciderebbero pesantemente. Non é finita: le nuove tariffe porterebbero a un guadagno orario pari a 1 euro e 50.
Già, schiavi moderni. Non possono essere lasciati soli. Con Antonella Boccone, accanto ad Antonella e ai tanti suoi fratelli, dovrebbero scendere in campo le diverse categorie, la Cgil, tutto il sindacato. Il futuro si gioca qui. Si gioca con i tanti come Antonella, si gioca anche con quelli con contratti a termine per i quali il governo vorrebbero introdurre nuove dosi di instabilità (e che pure sono invidiati dai precari come Antonella).

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