La pubblicazione degli atti del convegno “America Latina: tentativi di unità”, tenutosi il 21 gennaio a Roma presso la Sale delle Colonne di Palazzo Marini, Camera dei Deputati, su iniziativa dell’IsAG, prosegue coll’intervento del Generale Francesco Lombardi, vice-direttore del Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.). Il Gen. Lombardi si è focalizzato sul Consiglio Sudamericano di Difesa e gli equilibri militari nel subcontinente. Di seguito testo e video del suo intervento.
Il Consiglio di Difesa Sudamericano, istituito alla fine del 2008, è un foro di cooperazione, consultazione e di coordinamento della Difesa, che opera in armonia con i principi del Trattato costitutivo dell’UNASUR. Un consesso per affrontare, in modo coordinato, le sfide alla sicurezza della regione, che, comunque, deve ancora affinare procedure e strumenti. L’intero impianto del Consiglio, infatti, come peraltro accade per tutta l’UNASUR, è legato alle politiche nazionali che influiscono in modo decisivo sui lavori del Consiglio stesso.
Fin dall’inizio sono emersi all’interno del Consiglio taluni evidenti contrasti. Nella prima riunione ministeriale, nella primavera 2009, talune forti divergenze tra alcuni Paesi, anche su elementi procedurali, dovute a pregressi scontri diplomatici, resero difficili le trattative iniziali. Va peraltro pure sottolineato che il Consiglio fu subito oggetto di attenzione da parte di USA e Russia. La prima inviò i suoi rappresentanti a dialogare con i massimi esponenti del Continente e la Russia chiese l’ingresso quale osservatore.
Il Consiglio di Difesa Sudamericano è uno dei 9 Consigli tematici al momento costituiti nell’UNASUR. Esso è un valido indicatore per comprendere i livelli di integrazione realmente realizzati. Infatti, dà il senso di come e dove vogliano andare i 12 Paesi firmatari. Se in genere è relativamente semplice pervenire a posizioni concordate su temi economici e commerciali, gli aspetti di sicurezza e difesa, al contrario, muovono sempre gli interessi primari degli Stati e, come tali, sono oggetto di valutazioni particolarmente approfondite da parte dei Governi. Va comunque subito precisato che lo Statuto del Consiglio di Difesa Sudamericano non istituisce un’alleanza per come siamo abituati ad intendere, né forme di difesa associata o risposte militari automatiche, né, tantomeno, procedure operative comuni. Inoltre, il Consiglio non ha strutture di comando e controllo congiunte.
Non si tratta, quindi, di una “NATO Sudamericana”, come qualcuno frettolosamente l’ha battezzata. La Nato, infatti, come l’oramai defunto contrapposto Patto di Varsavia, nacque come alleanza politica e militare, in cui altri aspetti di partenariato (economici, scientifici, culturali) erano sviluppati in forma ridotta e comunque ancillari allo scopo principale dell’alleanza, che si concretizzava nel predisporre il confronto con un avversario potenziale ben individuato e dimensionato. L’Unasur nasce, come si legge sui documenti ufficiali, con lo scopo di realizzare, in maniera consensuale e partecipativa, uno spazio di integrazione e di unità per lo sviluppo culturale, sociale, economico e politico dei suoi membri; attraverso il dialogo politico, le politiche sociali, l’istruzione, l’energia, le infrastrutture, la finanza e l’ambiente, al fine di eliminare la disuguaglianza socio-economica, e raggiungere la più ampia partecipazione dei cittadini alla vita comune, rafforzando la democrazia.
In linea di massima, lo insegna una pluriennale esperienza, le strutture militari sono oramai in grado di integrarsi e interagire con relativa facilità e pertanto la vera misura dell’integrazione dipenderà non tanto dal livello di compatibilità di organismi militari o dall’efficacia degli addestramenti congiunti ma dalle effettive posizioni comuni su temi politici che l’Unione saprà realizzare.
In vista di costruire un sistema integrato di cooperazione e intervento militare, i Paesi aderenti al Consiglio di Difesa dell’Unasur si sono accordati per favorire lo scambio di informazioni e l’individuazione di particolari aree di crisi sulle quali intervenire. Inoltre, tra gli obiettivi specifici del Consiglio di Difesa vi è la volontà di proporsi come unica voce a livello internazionale, anche partecipando, come unica forza, ad operazioni congiunte.
Più nel dettaglio, statutariamente, il Consiglio si propone di:
- consolidare il Sud America come una zona di pace, base per la stabilità democratica e lo sviluppo dei popoli, e come contributo alla pace nel mondo;
- costruire un’identità del Sud America per la difesa, contribuendo a rafforzare l’unità dell’America Latina e dei Caraibi;
- realizzare un diffuso consenso per rafforzare la cooperazione regionale in materia di difesa.
E’ palese che il processo di avvicinamento, per come è stato progettato e posto in essere, debba muovere con una certa progressività. In particolare, si vuole progredire gradualmente con l’analisi e la discussione sugli elementi comuni in materia di difesa, promuovere lo scambio di informazioni, contribuire alla predisposizione di posizioni comuni regionali nei forum multilaterali di difesa, per rafforzare l’adozione di misure di fiducia, per favorire lo scambio di informazioni in materia di istruzione e l’addestramento militare. L’obiettivo più importante, per il momento, è quello di rafforzare la mutua fiducia attraverso l’integrazione, il dialogo e la cooperazione in materia e soprattutto mediante una chiara trasparenza sulle spese militari sostenute dai Paesi aderenti, tenuto conto della sfiducia che provoca, in alcuni Paesi, l’aumento delle spese militari dei vicini.
Va ribadito che il tema della difesa è sempre intimamente connesso con quello della sicurezza nazionale dei singoli Stati e quindi argomento sempre molto sensibile. All’orizzonte paiono possibili non poche ragioni di contrasto che potrebbero limitare o quantomeno ritardare la tabella di marcia che le Cancellerie sudamericane possono essersi date. La costituzione di un meccanismo di coordinamento di analisi e di informazioni, sebbene ancora in fase di costruzione, costituisce quindi un passo importante verso una più completa integrazione politica regionale. Non mancano, anche in Sudamerica, ancorchè in misura limitata rispetto ad altre aree del Pianeta, motivi di crisi o tensioni che il Consiglio può contribuire a flemmatizzare. Già dall’inizio, il CDS dovette confrontarsi con la crisi tra Colombia, Venezuela ed Ecuador, conseguente alle incursioni colombiane per combattere le FARC e l’accordo per l’uso di sette basi militari colombiane da parte degli USA resero non facile l’avvio di trattative costruttive. Alcuni paesi della regione vedono nella presenza militare di Washington un possibile ostacolo ai processi di cambiamento in atto.
Ulteriori motivi di tensione nel Continente sono dovuti a storici problemi di confine. Di recente, si è riacceso il dibattito diplomatico tra Cile e Bolivia per le richieste di quest’ultima di avere uno sbocco sul Pacifico. Il Cile, inoltre, ha ancora attivo un contenzioso internazionale col Perù in merito ai confini marittimi. La nuova agenzia sudamericana, dunque, nasce anche con lo scopo di garantire un foro in cui risolvere pacificamente crisi regionali, ed evitare ogni escalation di natura militare. Per questo, il clima di fiducia reciproca, che fa da sedime al Consiglio, costituisce l’essenza della sua ragion d’essere. L’interesse a mantenere stabile e pacifico l’intero continente risulta elemento di maggior rilievo se si considera che negli anni in cui si costituivano l’Unasur ed il Consiglio di Difesa Sudamericano molti dei Paesi interessati avviavano programmi di potenziamento militare con pochi precedenti.
Nonostante la crisi economica che da oltre un quadriennio attanaglia l’Occidente e che ha avuto anche riflessi nei giganti asiatici, in molti dei paesi del Sudamerica si è registrato un periodo di sostanziale stabilità. L’America Latina ha fruito di una crescita media del 6% nel 2010, attirando investimenti esteri per 120 miliardi di dollari, un incremento netto del 40% rispetto al 2009. Ciò ha rafforzato le politiche sociali messe in campo da molti governi, ancorché molto resti da fare per ridurre le croniche sacche di povertà e le diseguaglianze interne, ma è certo che la crescita economica ha rinvigorito la politica estera dei più grandi Paesi latinoamericani, oggi più che mai decisi a giocare un ruolo sempre più attivo sullo scenario internazionale. A cominciare dal Brasile, che chiaramente ambisce ad un seggio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ed è pronto ad investire, per tale importantissimo traguardo, parte delle proprie disponibilità ed a impegnarsi maggiormente in attività operative sotto egida internazionale per la stabilizzazione di aree di crisi. In questo contesto, una politica di difesa comune, soprattutto in consessi internazionali, consente di dare più forza a interessi e richieste di evidente importanza.
Il settore Difesa, un po’ in tutti i Paesi dell’Unione ha potuto beneficiare della crescita economica e del maggior peso che la politica estera ha ottenuto in questi anni. Il caso del Brasile è quello di maggior rilievo: Brasilia ha aumentato significativamente il proprio budget Difesa. Un aumento di spesa in linea con gli obiettivi che il governo brasiliano ha delineato attraverso il documento intitolato “Strategia di Difesa Nazionale” del 2008, voluto dalla Presidenza Lula. Brasilia ha in mente una riforma strutturale delle sue forze armate, comprendente una ridislocazione di decine di unità e la modernizzazione di mezzi e materiali. Lo scopo è quello di disporre di uno strumento all’avanguardia per uno Stato che vuole presentarsi come potenza in un mondo multipolare e che cerca nella forza dell’Unione un catalizzatore alle proprie ambizioni, oltre a voler assumere il pieno controllo del proprio vastissimo territorio.
L’Argentina non è da meno, con un programma di ristrutturazione materiale delle proprie forze armate, limitato però dalla minore disponibilità economica. Gli interventi di Buonos Aires hanno interessato carri armati ed elicotteri. Inoltre, per la marina, si ha intenzione di sviluppare ed acquisire almeno due sottomarini a propulsione nucleare. Il progetto di potenziamento, definito Ejercito Argentino 2025, non è ancora completo in tutti i dettagli, ma dà il senso della volontà del Paese. Se da un lato questa decisione può essere messa in relazione con la scelta brasiliana di dotarsi di mezzi similari, dall’altro non può non avere diretta correlazione con l’annosa disputa relativa alle isole Falklands/Malvinas.
Il Venezuela, nonostante abbia subito un 2% di contrazione del PIL nel 2010 e nel 2011, continua con decisione nel suo programma di riarmo. Lo scorso anno Caracas ha trasferito 6 aerei da combattimento all’Ecuador nell’ambito della cooperazione militare comune. Le acquisizioni sono rallentate, principalmente a causa del calo dei proventi dell’estrazione del petrolio, ma non si sono fermate. Particolarmente importante, per il Venezuela, la stretta cooperazione con la Russia. Cile, Colombia ed Ecuador hanno intrapreso, negli ultimi anni, la medesima strada dei loro più grandi vicini. In definitiva, tutto questo movimento ha innescato un processo di “militarizzazione” che non si vedeva in America Latina da alcuni decenni. Segno che ci sono certo degli spazi amplissimi per incrementare la fiducia tra i vari Paesi latinoamericani. Se, infatti, alcune delle acquisizioni sono rivolte principalmente verso attori extra-continentali, altre possono chiaramente rivestire una duplice funzione. Qualche analista si è chiesto quale funzione possano avere, ad esempio, i carri armati brasiliani e argentini per due Paesi protetti dall’Oceano Atlantico e che, apparentemente, non hanno nemici territoriali. Qualche osservatore ha già espresso talune maliziose conclusioni sul livello di fiducia reciproca che si respira nella regione.
Nel novembre 2010 furono concordati e sanciti, all’interno del Consiglio, i principi di trasparenza per i bilanci militari. Ora, uno degli obiettivi principali che il Consiglio si è dato per il 2013, è quello di trovare una formula standard per la misurazione delle spese per la difesa. I Paesi membri UNASUR nel segnalare fino ad ora le proprie spese militari, hanno seguito ognuno una propria metodologia, con diversi gradi di trasparenza ed evidenti difficoltà di lettura e di interpretazione. Al riguardo, infatti, anche le elaborazioni dei principali e più autorevoli istituti internazionali (dal SIPRI di Stoccolma all’IISS londinese) riportano dati non sempre pienamente sovrapponibili, anche se sono sempre chiaramente individuabili i trend di riferimento. Secondo un rapporto dell’Unasur, in totale, le spese militari nel continente nel corso di questo periodo hanno toccato i 130 miliardi dollari. La maggior quota relativa delle spese militari sostenute appartiene al Brasile col 47%. Seguono la Colombia col 17%, il Venezuela col 10,7% e il Cile col 9%.
Elementi comunque interessanti, ancorché nel 2011, gli stanziamenti alla difesa nella regione si siano contratti all’incirca del 3,3 %. La contrazione è in gran parte dovuta alla riduzione dei fondi stanziati dal Brasile. Il taglio è stato deciso per ridurre il tasso di inflazione e adeguare le spese militari al tasso di crescita nazionale. La dinamicità del mercato sudamericano della difesa fa anche comprendere con quanto interesse guardino verso il Sudamerica le aziende occidentali del settore Difesa dopo le riduzioni di budget che hanno riguardato un po’ tutti i principali Paesi occidentali.
Accanto all’acquisizione di materiali più o meno all’avanguardia molti Paesi della regione hanno pure avviato processi di revisione strategica e dottrinale che danno il senso di una stretta volontà di perseguire, con determinatezza, pure in un contesto di assoluto e totale buon vicinato, i propri interessi nazionali. Cosi, la Colombia ha emanato, lo scorso maggio, la propria “Politica di Sicurezza e Difesa per la Prosperità”: una serie di mosse per contrastare minacce emergenti legate, in particolare, ai traffici clandestini. Allo stesso modo, il presidente peruviano Humala ha messo in campo una serie di strategie per una risposta integrata al crescente problema della diffusione di colture di coca ed ai pericoli di una ripresa del terrorismo. Il governo paraguayano sta implementando sistemi “dual-use” (militari e civili), attraverso investimenti di significativa rilevanza, per il controllo dei propri confini nordoccidentali. L’Argentina vuole metter mano a spese straordinarie per rendere maggiormente efficaci i propri sistemi di controllo ed interdizione aerea. Stessa strada intende percorrere la Bolivia. Senza dimenticare la già citata “Strategia di Difesa” brasiliana ed il discendente “Libro Bianco”.
La difesa di importanti giacimenti minerari e di idrocarburi, recentemente scoperti, a terra e off-shore, insieme alla difesa della biodiversità ed al controllo costante di ampi territori costituisce l’elemento comune alle strategie adottate o programmate. E’ inoltre interessante registrare che il Consiglio, proprio per sviluppare forme di cooperazione e fiducia ha, non senza qualche difficoltà, di recente deliberato la costituzione di un Centro di Ricerca comune (il CEED – Centro di Studi Strategici e Difesa). Tra gli scopi del neonato Istituto, cha avrà sede a Buonos Aires, utilizzando personale proveniente dai 12 Paesi, più che lo studio di dottrine comuni vi quello di promuovere la trasparenza delle informazioni tra i 12 Membri.
L’implementazione del nuovo Centro di Studi comune rappresenta una delle 23 sfide, o obiettivi particolari, definiti nel Piano d’azione messo congiuntamente a punto per il 2013 e racchiusi in 4 aree tematiche (Politica di Difesa, Cooperazione Militare per azioni umanitarie e operazioni di pace, Industria e tecnologia per la Difesa, Formazione e Capacità). Tale modalità di procedere, attraverso specifici target, la cui leadership, per ognuno dei quali, è assegnata ad uno dei Paesi membri, consente di individuare l’effettivo cammino verso la comune integrazione. In particolare, sarà interessante seguire gli sviluppi circa possibili accordi di risposta automatica a disastri naturali che includono la possibilità di sorvolo senza preventiva autorizzazione, segno della crescita di quel clima di fiducia e cooperazione che è nello spirito e nella lettera del Consiglio.
Va peraltro sottolineato che la cooperazione realizzata, realizzabile o in via di implementazione si sta sviluppando anche mediante accordi bilaterali tra Paesi del Continente e che, è auspicabile, possano fungere da ulteriori catalizzatori per velocizzare e rendere ancor più efficiente il processo di integrazione. Segnalo, al riguardo, gli accordi che la Colombia ha in atto (e in alcuni casi attualizzati di recente) con Ecuador, Perù e Brasile, per la sicurezza dei confini. Come pure andrà seguito con particolare interesse lo sviluppo dell’Accordo tra Argentina e Cile per la predisposizione di una forza bilaterale (denominata Croce del Sud), già presentata al Segretario Generale dell’ONU, da impiegare sotto egida internazionale.