E’ evidente che le recenti nomine RAI, su tutte quella inerente la direzione generale, hanno sancito in via definitiva la trasformazione del governo tecnico di Mario Monti in un governo politico. La spia, a dire il vero, si era già avuta in questi giorni riguardo alla possibile ipotesi della candidatura dell’ attuale premier per le prossime elezioni. In due dei mie precedenti interventi
(del 20/11/2011 e del 15/12/2011), sostenevo come il governo Monti rappresentasse, nello scenario di crisi economica e politica italiana, il migliore dei governi possibili. Soprattutto perché non politico. Un governo sul quale pesava e pesa tuttora il condizionamento della politica e dei partiti. In questo senso, sono stato un cattivo profeta visto che già diversi mesi fa parlavo di un possibile governo ostaggio, prigioniero delle sottili trame della politica nostrana. Tuttavia, nel corso di questi mesi, l’ esecutivo di Mario Monti ci ha messo del suo nel farsi prendere la mano dalla politica. Il primo elemento che va sottolineato è il continuo ricorso ai voti di fiducia, ovvero a uno strumento espressamente legato alla prassi politica e parlamentare. Un governo tecnico, supportato cioè da tutte le forze politiche presenti in parlamento, dovrebbe puntare alla concertazione e alla solidarietà nazionale piuttosto che a una mera alzata di mano per questo o quel provvedimento. Il voto di fiducia è, a sua volta, il più chiaro segnale per toccare con mano la degenerazione completa della politica italiana: da servizio pubblico a pura burocrazia, dequalificata e inefficiente e, cosa ben più grave, priva di idee per programmare crescita e futuro. Il secondo elemento riguarda l’ operato di questo governo. Ad oggi, vorrei sbagliarmi, l’ unica riforma concretamente attuata è quella delle pensioni. Molto poco per un governo che è in piedi da quasi nove mesi. Soprattutto poco per un governo tecnico, chiamato, per l’ incapacità del sistema politico tradizionale, a prendere decisioni rapide ed efficaci per fronteggiare la crisi. Quindi, il ricorso al parlamento esclusivamente per i voti di fiducia, qualche concessione/trattativa con i principali partiti presenti a Montecitorio, la preoccupante lentezza e burocratizzazione dell’ attuale governo, credo siano indizi molto concreti per sostenere in che misura Monti e il suo governo abbiamo subito quel perverso fascino del sistema al punto da esserne contagiati. In questo senso significative sono proprio le nomine RAI, di cui parlavo all’ inizio di questo intervento. In un certo senso, i provvedimenti dello scorso week end rivelano ancora meglio i segni del contagio dell’ esecutivo Monti. Per la prima volta nella storia della Repubblica, infatti, un presidente del Consiglio in pectore ha quasi da solo plasmato l’ organigramma della principale azienda pubblica del paese. I personaggi indicati per dirigere l’ azienda ( quasi tutti bocconiani come Monti), la completa mancanza di competenza di molti di questi in materia televisiva sono la fotocopia triste di un modus operandi che ha contraddistinto per decenni la gestione partitica della RAI. Ancora più triste è che il governo Monti non si sia sottratto a questa “tradizione”. Il giochino delle nomine ad personam rivela quanto bisogno ci sia in RAI e, in generale, in tutto il settore dell’ imprenditoria pubblica di un radicale rinnovamento che punti al merito e alll’ affrancamento dalla politica. L’ unico strada, a mio dire, per perseguire questi due obiettivi è rilanciare un’ economia di Stato più trasparente e meno stagnante. Altrimenti, non resta che la privatizzazione. Ad oggi, mi sento di essere ancora al fianco del governo Monti ma con una fiducia che da piena è diventata a tempo. Anche perché di un altro governo che agisce ma non opera ( quindi di un ennesimo governo politico inconcludente), non credo che l’ Italia abbia bisogno.
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