«Sono volgare e depravato / sono rozzo e immorale / esisto da anni / ma ben poco è cambiato / Sono lo strumento del governo / e anche dell’industria / perché ho il compito di comandarti e manipolarti / Posso essere disgustoso e nocivo / ma non puoi distogliere lo sguardo / Ti faccio credere di essere squisito / grazie a quel che dico / Hai già indovinato chi sono? / Sono la melma che trasuda dal tuo televisore». È grossomodo questa la traduzione italiana del testo di I’m the slime, un brano di Frank Zappa di quarant’anni fa (ma, ahinoi, sempre attuale) certamente noto anche a Davide Ferrante, musicista, insegnante e scrittore napoletano, autore de Il controllo sottile, saggio edito per la collana Educazione della CSA Editrice di Bari.
Premetto: non amo i libri su Facebook e sul Grande Fratello. L’ho detto già qui e lo ribadisco volentieri anche adesso, perché reputo che quando si trattano questi argomenti, come dire, tutto faccia brodo. Eppure, nondimeno, ho finito per apprezzare questo libro, che definire ben scritto e ben documentato è poco. La bravura dell’autore è quindi doppia, mi verrebbe da dire. Sì, perché Il controllo sottile è una denuncia dell’accettazione passiva delle mode e delle tendenze, nonché una messa in guardia da quelli che Abbagnano chiamava atteggiamenti e che, insinuandosi poco a poco nelle nostre abitudini e nelle nostre vite, finiscono, dopo un certo periodo di tempo, per imporsi come delle condotte istituzionalizzate e codificate. Il “controllo” che dà il titolo al libro è dunque polisemico: se da un lato c’è l’aspetto più superficiale del ficcanasare, più o meno sfacciatamente, in casa di altri, dall’altro abbiamo un controllo «sottile come una polvere nociva» in quanto corrispondente alla stessa normatività dell’atteggiamento. Molto interessanti e pertinenti sono allora i riferimenti a Foucault e alla biopolitica (e al binomio controllo & potere), ma anche all’esistenzialismo di Heidegger e alla pedagogia di Dewey.
Il controllo sottile si configura pertanto come un saggio socio-filosofico, ma anche psico-pedagogico che, personalmente, mi è parso quasi come un’odierna risposta a Economia e società di Max Weber e come una prosecuzione de Il godimento come fattore politico di Slavoj Žižek. Se per Weber gli individui entravano in rapporto in quanto il loro agire sociale era dotato di un senso che designava l’orientamento verso l’agire altrui, Žižek rileva che oggi viviamo in tempi di “solipsismo collettivo”, nei quali siamo portati a isolarci sempre più e, ciò nonostante, a esporci allo sguardo degli altri, aggiungendo – e qui Ferrante sottoscriverebbe in pieno – che se nei bei tempi andati del Grande Fratello si temeva lo sguardo, oggi temiamo che egli non voglia guardarci.
E il fragile equilibrio della cosiddetta shared privacy (la paradossale privacy condivisa, che non è pubblica ma neanche privata) è ciò che sta alla base della generazione degli «uomini silicio» che si incontrano sui social network, e che vanno dai timidi agli esibizionisti, passando per figure intermedie come quella degli ex-timidi. Ma, se tutti questi soggetti soffrono di una certa dipendenza dal mezzo informatico, l’invito dell’autore è quello di prendere esempio dagli equilibrati, che usano Facebook, e in generale internet e il pc, come un qualsiasi elettrodomestico. La proposta di Ferrante, saggia e simpatica al tempo stesso, è infatti quella di usare i social network con criterio e moderazione, proprio come se si stesse utilizzando un frigorifero o un frullatore. Provate allora a considerare il monitor che state guardando in questo momento al pari di un elettrodomestico: ecco che la prospettiva di stare ore e ore al giorno seduti con lo sguardo fisso su un tostapane non sarà più così attraente.
Andrea Corona
Davide Ferrante, Il controllo sottile. Dal potere della tradizione a quello di tv e social network, CSA Editrice, Educazione, Bari 2011, 116 pp., € 14,00.