Oggi manifestazione in molte città italiane per difendere la dignità delle donne. Io ci vado, come sempre, con sentimenti contrastanti. Concita De Gregorio ci va molto più convinta di me, e lo scrive oggi sul suo quotidiano. Ci sono stati molti interventi in merito a questa manifestazione, chi a favore chi contro, anche tra le donne. In genere l'urgenza ad una appartenenza (sia essa politica, culturale, musicale, di genere) tendenzialmente mi spaventa e credo non porti mai a nulla di buono e concreto. Quando poi una manifestazione (quasi) femminista, come quella di oggi, sembra quasi escludere con irritazione e prendere le distanze da una particolare categoria di donne (quelle dell'Olgettina, per intenderci), aumenta il mio disagio. Matteo Bordone, in un lungo post, riflette sulla questione. E' un punto di vista che va letto, non tanto perchè sia completamente d'accordo con lui, quanto piuttosto perchè impone una riflessione non da poco e un altro punto di vista, critico, ma necessario per chi vuole scendere in piazza oggi, come cittadino consapevole. Alcuni stralci dal suo post, giusto per spiegare di cosa sto parlando:
Il problema del corpo delle donne sta nel fatto che non esiste. Esiste forse un "corpo degli uomini"? No. Non c'è: ci sono gli uomini, i maschi, quello che volete. Tutti hanno un corpo, ma si parla di loro e non del loro corpo come un'entità separata. Questo perché il corpo è sempre, da sempre, il primo appiglio per levare alle donne la libertà. [...] Il motivo fondamentale per cui portare esempi di eccellenza femminile è un errore madornale sta nel fatto che le donne non devono dimostrare niente. Niente di niente. Non si tratta di esibire, nel 2011, le più intelligenti e capaci del gruppo. Questo sì, è offensivo per le donne e gli uomini di questo paese. Stiamo concedendo al maschilismo imperante una motivazione profonda, per poi confutarla? Quando si elencano le qualità delle donne in un dibattito pubblico in cui si parli del maschilismo, si stanno esibendo dei negri puliti, istruiti, educati e benvestiti, per dire che non è vero che puzzano, sono proprio come i bianchi; si stanno presentando omosessuali che non ti inculano nella doccia della palestra quando ti cade il sapone. Tutto questo nel 2011 in Italia.
Io, oggi in manifestazione ci sarò, scenderò in piazza, come si dice. Forse non per i motivi specifici per cui è stata organizzata, ma per questi, così riassunti da Matteo Bordone:
la rappresentanza non è rappresentanza di sé, ma rappresentanza del collettivo. E rappresentare il collettivo è un ruolo che prevede dei doveri che hanno a che fare con la proiezione dei cittadini, con il rappresentare. Non ci si comporta come si vuole, quando si fa il Presidente del Consiglio. Perché si rappresentano ufficialmente i cittadini. È un ruolo che presenta degli oneri, oltre che molti onori. Chi non è pronto, dopo qualche anno può smettere, e tornare a fare ciò che preferisce. [...] C'entra la morale comune, cioè l'insieme degli usi e dei costumi che, insieme alla Costituzione Italiana, prevedono un comportamento decoroso da parte del Presidente del Consiglio. Non spontaneo, non sincero, non vitale e inarrestabile: decoroso. Decoroso non è stato e non è, quindi bisogna andare tutti in piazza a dire vattene. Ma questo riguarda i cittadini tutti, non solo le donne
Aggiungo: credo che in Italia esista il problema di una deriva culturale inarrestabile, a tutti i livelli; che non ci si possa soffermare su specifiche conseguenze di questa deriva e aggrapparsi ad esse per protestare. Focalizzarci una volta sui simboli leghisti nella scuola di Adro, un'altra sugli immigrati saliti sulla gru, un'altra ancora sul corpo delle donne, non risolve il problema. Deve nascere un percorso comune e generale di rinascita culturale, identitaria, civile. E il primo passo, non la soluzione, il primo passo è cacciare chi rappresenta e in parte è causa, ripeto rappresenta e in parte è causa, questa deriva culturale. Bisogna chiedere le dimissioni di questo governo, come primo passo, e non bisogna farlo come antiberlusconiani, o antileghisti, o immigrati, o donne. Ma come cittadini.