[Articolo di Marta Malengo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 3/2013, Le tentazioni della cultura]
Il corsivo, questo sconosciuto.
Forse non ce ne rendiamo conto, eppure lo usiamo tutti i giorni. Nelle lettere a persone lontane. Nei biglietti d’amore infilati sotto porte cariche di speranza. In qualche appunto scritto di fretta nei margini di libri consunti dall’uso, o nei quaderni di scuola. Nei messaggi lasciati su post-it gialli e persino nelle liste della spesa.
Il corsivo ci accompagna da sempre, o perlomeno da quando abbiamo conosciuto la scrittura “vera”, quella che va al di là del semplice stampatello imparato a fatica con le aste disegnate sulla lavagna scura. È il nostro tratto distintivo: salvo rare eccezioni, la nostra scrittura è questa. Magari sbilenca, magari “da gallina”, ma ci contraddistingue, fosse anche soltanto per una firma sulla carta d’identità.
Il corsivo ha una storia affascinante e complessa: per trovarne l’inizio dobbiamo fare un salto indietro di qualche secolo. Questa particolare tecnica di scrittura è legata a un nome importante dell’editoria, Aldo Manuzio – che per primo lo usò nel frontespizio di una rara edizione delle Lettere di Santa Caterina da Siena del 1500.
Quello aldino è stato il primo corsivo nella storia della tipografia. Non a caso il carattere è universalmente noto come italics: ma se l’Italia è indiscutibilmente la sua patria, l'attribuzione è, invece, contesa tra alcuni dei grandi protagonisti del Rinascimento. Fra essi, quel Francesco Griffo da Bologna (1450 ca. - 1518) che disegnò il corsivo per la prima volta, prendendo ispirazione dalla scrittura del grande umanista Poggio Bracciolini. Griffo aveva già dimostrato la sua straordinaria abilità nella creazione di caratteri per alcune edizioni di Manuzio: il De Aetna di Pietro Bembo (1496) – forgiando un carattere noto proprio come tondo Bembo – e la splendida Hypnerotomachia Poliphili (1499). Certo, Griffo e Manuzio non avevano ideato casualmente il corsivo, folgorati da un’ispirazione improvvisa. Il carattere nasce, infatti, da una scrittura molto utilizzata parecchi secoli prima: la carolina. Questa particolare minuscola, detta anche scrittura cancelleresca, prende il nome da Carlo Magno ed è proprio sotto il suo impero che si sviluppa, tra l’Ottavo e il Nono secolo. Sue caratteristiche peculiari sono l’ordine e la chiarezza, date dalla forma particolarmente regolare delle lettere e dall’assenza di abbreviazioni. Caduta in disuso con l’introduzione della scrittura gotica, in particolar modo nel Basso Medioevo, rifiorì successivamente durante l’Umanesimo, grazie proprio a figure come Poggio Bracciolini e Coluccio Salutati, gettando le basi della più moderna umanistica rotonda. Il corsivo, poi, derivato dal tondo umanistico ma leggermente inclinato a destra, si adatta perfettamente allo stile delle edizioni tascabili aldine, agevolando il formato ridotto, ma allo stesso tempo non togliendo nulla in termini di leggibilità.
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