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Il cronoman in fuga e quei pochi metri prima dell’arrivo.

Creato il 29 agosto 2013 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Tony. Tony ragazzo d’oro con l’anima e il corpo devoto alle gare contro il tempo. Tony che le cronometro se le mangia sempre alla stessa maniera: anguilla perfetta su una bicicletta che va sempre troppo piano per quelle gambe tese nello sforzo. Tony che la strada non la abbandona mai, a costo di portarsi dietro le sue sfortune, le sue cadute, le sue cicatrici.

Tony che oggi ha deciso di andare in fuga dal chilometro zero. Cose da pazzi, per quelli che non hanno paura di prendere il vento per  chilometri. Non è un Pirazzi, Tony Martin, non ha la vocazione della fuga: è abituato a stare solo sì, ma a farlo con la consapevolezza che l’unico avversario è il tempo. Nelle cronometro il vento non fa paura ma qui, sulla strada, con il gruppo alle spalle e il traguardo lontano tutto è diverso: averlo in faccia fa male, si fa fatica e non si può muovere impercettibilmente il gomito per chiedere il cambio. Nessuno te lo concederà.

Non è il suo ruolo quello. Ma nel ciclismo nessuna parte è scritta su un copione in modo indelebile: tutto si riscrive e sono le gambe a decidere. Decidono se puoi essere quello che credi.
Chilometro per chilometro Tony guadagna i suoi minuti. Lo fa come è sempre stato abituato, come se quella corsa fosse una sfida tra l’orologio e sé stesso. Una sfida che ha bisogno sempre della posizione perfetta per mantenere l’armonia tra uomo e bicicletta, della lucidità di un calcolatore e, allo stesso tempo, di quella sana incoscienza che fa credere fermamente ad un’azione.

Sette minuti è il vantaggio massimo che riesce a mettere tra lui e il gruppo ma l’impresa sembra non poter durare. A venti chilometri dall’agognato arrivo Tony ha poco più di cinquanta secondi. Non è difficile intuire che il suo destino è segnato. Eppure il cronometro non cala così vertiginosamente: lo fa con incertezza perché la pedalata di Tony non perde colpi, non vuole mollare, ha dato troppo per fermarsi ora.
Nove chilometri. E i diciassette secondi che lo separano dagli altri sembrano un filo fatto di niente, uno di quelli ai quali stanno appesi gli yo yo di quando eravamo piccoli: Tony tornerà presto nelle mani di chi lo aveva lasciato andare. Quindici, dieci, nove. Ma intanto il traguardo è lì, a soli due chilometri dalle sue ruote stanche.  

Crederci adesso è facile, è la paura che frega. Paura di essere ripreso quando tutto stava diventando perfetto, quando il cronoman che per un giorno, ha giocato al fuggitivo sta per arrivare al traguardo. Eppure Tony è davanti anche nell’ultimo chilometro e quando vede la striscia bianca forse non gli sembra vero: significa avercela fatta.
Poi, all’improvviso, quel vento che si era preso in faccia per centosettanta chilometri, cambia rotta. Una, due, tre schiene gli scivolano a lato: qualcuno alza le braccia ma Tony lo vede dalla settima posizione. E’ Michael Morkov che si è mangiato quegli ultimi cinquanta metri di asfalto prima della linea. Si è mangiato i suoi metri, quelli che Tony aspettava dal maledetto chilometro zero, che aveva atteso da solo, per tutto quel tempo. Centosettanta chilometri per un impresa sconsacrata a pochi metri dalla riuscita. Andati. Bruciati, in un soffio.

La palla è rotonda” si dice nel calcio, dove le scommesse sono più quadrate che altro. “La ruota gira” si dice nella vita e forse anche nel ciclismo. Ma forse le massime, i proverbi e i modi di dire non servono per uno sport così. Servono le gambe, serve la testa, la fiducia nella strada. A volte, quando sembra tutta diritta, quando i giochi sembrano fatti, incontriamo un sassolino che fa deviare il percorso. D’improvviso tutto cambia. Forse un motivo vero non c’è o forse lo capiremo dopo, quando le schiene che avremo visto scivolarci davanti saranno solo ricordi di un’impresa tentata.
Tony, ragazzo d’oro delle prove contro il tempo, Firenze ti aspetta e forse il traguardo non sarà così lontano. Quegli ultimi cinquanta metri saranno solo tuoi.

tony

 



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