Da quando, nella notte tra il 9 e 10 gennaio del 49 a.C., Giulio Cesare decise di attraversare il Rubicone per marciare verso Roma, il nome di questo fiume divenne sinonimo di coraggio e sfida. «Andiamo – disse Cesare ai suoi uomini – dove ci chiamano i prodigi degli Dei e l’ingiustizia degli uomini». E dopo aver valutato le possibili conseguenze della sua decisione pronunciò una delle più famose frasi della storia: «Alea iacta est», il dado è tratto. E oltrepassò quello che era allora il confine geografico tra l’Italia e la Gallia Cisalpina dirigendosi deciso verso la guerra civile che lo vedrà vincitore e poi guida suprema di Roma.
Eppure, ormai nessuno sa più dove sia avvenuto con precisione uno degli episodi più famosi della storia. Il Rubicone, chiamato così al tempo degli antichi romani probabilmente per il color rubino che le sue acque assumevano nell’attraversare alcune terre argillose, nei secoli successivi cambiò non solo nome ma, a causa di fenomeni naturali, anche il suo percorso. E la memoria della sua vera identità si perse, forse per sempre, nella confusione tra tre fiumi che scorrono tuttora nella stessa zona, a pochi chilometri di distanza uno dall’altro. Il Fiumicino, il Urgòn-Pisciatello e l’Uso.
Nei secoli, e fino all’altro ieri, qualcuno era (e lo è ancora) convinto che il vero Rubicone fosse il fiume che gli passava sotto casa. Ma l’altro ieri, sabato 10 agosto 2013, un processo popolare ha decretato: il vero Rubicone è l’Urgòn-Pisciatello. L’iniziativa, a mezza via tra il serio e il faceto, è organizzata da qualche anno nel comune di San Mauro Pascoli. Ma se gli anni scorsi la giuria popolare doveva decidere tra un innocente e un reo, quest’anno si è deciso di spostare la questione sulla storia, quella con la “S” maiuscola.
I tre fiumi hanno avuto ognuno un “portavoce” che ha esposto al pubblico, motivandole, le proprie ragioni. La questione non era certo semplice visto che da una parte c’è l’Uso, la cui identità col Rubicone è difesa da documenti storici del 1750 e da recenti scoperte archeologiche (tra le quali l’arcata di un ponte di epoca augustea), dall’altra Fiumicino di Savignano, identificato col Rubicone il 4 agosto di 80 anni fa, per decreto, da Mussolini (pare per favorire qualcuno, anche se in realtà elementi pro Fiumicino sono in Svetonio, Cicerone e nella Tabula Peuntigeriana) e quindi l’Urgòn, che nel suo scorrere diventa poi Pisciatello, a favore del quale vi sono elementi toponomastici, linguistici e altre notevoli fonti storiche (tra le quali il Boccaccio che, in un registro di fiumi, cita il Rubicone «oggi chiamato dagli abitanti Pisciatello...»).
A prevalere, dunque, è stata quest’ultima tesi (secondo le malelingue forse anche perché è la preferita dal Comune organizzatore), così che ora il vero Rubicone è l’Urgòn-Pisciatello. A dire il vero, cambia ben poco, per non dire nulla: il Rubicone sulle carte rimarrà quello “voluto” da Mussolini, ma per gli abitanti di San Mauro Pascoli è una bella soddisfazione. Come una soddisfazione è stata anche per la stampa (The Guardian, presente nell’occasione con un inviato, e The Times, che si interessò alla vicenda già nel 1932, ma anche il Daily Mail) e la televisione britannica, che hanno seguito con passione l’avvicinamento al processo e il suo esito finale, con alzata di palette dei circa 600 votanti (per la cronaca 269 hanno votato Urgòn, 215 Uso e 173 Fiumicino).
D’altronde, il Rubicone, che tra il resto è stato citato dai Rolling Stones (in I have crossed the Rubicon), preso come titolo di una serie Tv negli Usa e ricordato dal regista Francis Ford Coppola, che proprio Rubicon ha nominato il miglior vino prodotto dalla sua tenuta in California, è da tempo che non indica più solo un improbabile confine nella pianura padana.
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