Poi la mail di una vecchia amica di università che oggi lavora alla televisione di stato austriaca ha fatto passare in secondo piano questa notazione di costume italiano e spostare la domanda sul gioco a cui stanno giocando questi “tecnici”, su chi rappresentano e sul significato da dare al famoso pacchetto per il quale bisogna fare prestissimo. Le è giunta voce che Angela Merkel e la Cdu abbiano deciso che l’unica chance per evitare il crollo alle prossime elezioni è di tornare al marco e abbandonare l’euro. I cliché di stampa sarebbero addirittura già pronti. L’unica difficoltà visto che Paesi piccoli, ma forti come Austria, Olanda e Finlandia, sarebbero d’accordo, sta non certo nei Piigs che ormai non hanno voce in capitolo, ma nella Francia che avrebbe molte difficoltà a rimanere nell’euro debole degli appestati e minaccia di far saltare tutta la costruzione europea, cosa che sarebbe una catastrofe per l’economia tedesca.
Non saprei dire che consistenza abbiano queste voci, di certo la mia corrispondente non è una persona leggera e rumors analoghi sono stati raccolti in Svizzera da Ida Dominijanni e da altri: che questo fosse un orientamento generale si sapeva e ne ho scritto più volte, ma la novità consiste nell’accelerazione dei tempi e nella decisione politica presa. Se queste notizie sono giunte a me, di certo il governo non ne è all’oscuro e allora mi chiedo in quale logica stia operando e che senso abbia tutto il suo muoversi in Europa. La fretta dannata nel mettere in piedi alla bell’e meglio un pacchetto di riforme pasticciate e inique per fermare gli spread e dunque salvare l’euro avrebbe un senso se Monti si fosse decisamente schierato con la Francia alla trilaterale di una settimana fa: in questo modo la controminaccia di Sarcozy sarebbe stata più efficace e convincente e il massacro sociale, giustificabile o meno, avrebbe almeno avuto un senso. Un senso che non mi piace affatto e tuttavia un significato. Ma Monti si è invece schierato con la Merkel dando il via libera a un disegno generale, forse imminente come sembrano dire le voci, ma in ogni caso già messo sul tappeto.
E allora non vorrei che la fretta fosse dettata da qualcos’altro: arrivare prima della deflagrazione dell’euro a ottemperare ai desiderata delle banche, di Marchionne e di Confindustria in modo da lasciare in eredità alla politica che nascerà da questa tempesta il fait accompli. L’euro debole è destinato a svalutarsi rapidamente e tutte le misure attuali non potrebbero entrare in nessuna agenda con un minimo di dignità e di razionalità: meglio portarsi avanti con i compiti di macelleria.
Magari non è vero niente e la Merkel non ci pensa nemmeno lontanamente. Magari il governo è semplicemente poco competente in equità oltre in sviluppo, è solo salottieramente ideologizzato. Ma non ci giocherei un euro. Nemmeno un euro debole.