Magazine Informazione regionale

Il defibrillatore e l’impegno dei giocatori del Cagliari

Creato il 19 maggio 2014 da Alessandro Zorco @alessandrozorco

In occasione dei prossimi mondiali il ct del Portogallo sta preparando il ritiro della sua squadra: dalle notizie di stampa è emerso che la stella Cristiano Ronaldo avrà a disposizione una suite extralusso con gli specchi auto riscaldanti perché al campione non piace che gli specchi si appannino quando fa la doccia. E poi, per CR7, ci saranno anche cuscini aromatizzati e un servizio di sicurezza personalizzato di sei bodyguard. Certo, il calcio moderno tiene molto alla sicurezza dei campioni. Ma ci si chiede: tiene anche alla sicurezza dei calciatori normali e a quella dei ragazzi che calcano ogni giorno i campi da gioco ai quali un defibrillatore potrebbe salvare la vita?

Sono passati poco più di due anni dal 14 aprile 2012, quando il centrocampista del Livorno Piermario Morosini si accasciò a terra colpito da una improvvisa crisi cardiaca. Aveva soltanto 25 anni e tanti dolori nel cuore.

Morosini defibrillatore
Le drammatiche immagini dell’incidente di Morosini, che tutti abbiamo ancora davanti agli occhi come quelle di altri incidenti che ci hanno portato via grandi campioni dello sport, sono state proiettate sabato scorso a Cagliari, durante un corso di formazione sul ruolo dell’informazione nella gestione delle emergenze, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti della Sardegna e tenuto dagli esperti dell’associazione scientifica HSF Italia coordinata dal dott. Luigi Cadeddu.

Ci sono voluti tre, forse cinque lunghissimi minuti perché l’arbitro interrompesse la partita. Cinque minuti che sarebbero stati decisivi per salvare la vita al giocatore. Se solo i medici avessero utilizzato un defibrillatore. Ma la partita doveva continuare e i medici entrarono in campo con un ritardo eccessivo e senza defibrillatore. In un caso analogo avvenuto qualche anno fa nella Liga spagnola un medico entrò in campo senza aspettare il fischio dell’arbitro. Quella volta le regole auree del calcio non furono rispettate e la società che ospitava la partita fu squalificata per un paio di giornate. In compenso la vita del giocatore fu salvata.

Defibrillatore: l’obbligo che non c’è

Nell’aprile 2012, a seguito dell’ondata emotiva provocata dalla tragedia di Pescara, era stata emanata una legge molto opportuna, il decreto Balduzzi, che obbligava le società sportive ad avere un defibrillatore, un apparecchio che costa attualmente circa 2000 euro e che, se utilizzato in tempo, può salvare una vita umana. Eppure, conosciamo la burocrazia italiana, il decreto Balduzzi, a lungo bloccato dalla Corte dei Conti, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale solo un anno dopo e l’obbligo per le società sportive (terrorizzate dal dover spendere tanti soldi per la sicurezza) è stato prorogato di trenta mesi: cioè entrerà in vigore il 20 gennaio 2016, salvo ovviamente ulteriori proroghe.

Dall’obbligo previsto dalla legge (e ancora non in vigore) sono esentate “le Associazioni “dilettantistiche che svolgono attività sportive con ridotto impegno cardiocircolatorio, quali bocce (escluse bocce in volo), biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro, giochi da tavolo e sport assimilabili.

Ovviamente le società sportive che finora hanno effettivamente acquistato un defibrillatore sono pochissime, soprattutto al sud d’Italia. Ancor meno sono quelle che al proprio interno hanno del personale che sappia utilizzare questo apparecchio relativamente semplice (che comunque dal 2001 può essere utilizzato da chiunque).

Nell’immediatezza del momento, il Coni e le istituzioni locali, per lo più le province, avevano dato vita ad importanti progetti per la sicurezza nei luoghi dove si pratica attività sportiva finanziando l’acquisto del defibrillatore. Poi più nulla.

Il problema è però soprattutto di carattere culturale. In alcuni paesi d’Europa (vedi la Germania) il defibrillatore è infatti diventato un apparecchio di uso comune. Lo si trova posizionato nelle colonnine per la strada e il suo corretto utilizzo rientra tra gli insegnamenti della scuola. Saperlo usare è obbligatorio per chi prende la patente di guida e ovviamente per chi pratica attività sportiva.

defibrillatore
In Italia invece la cultura del primo soccorso tarda ad essere recepita, anche per via di una politica che non considera importante il problema. Eppure nel nostro paese ogni anno 60mila persone sono colpite da morte improvvisa, cifra che aumenta a 400mila in Europa dove ogni giorno mille persone muoiono per arresto cardiaco. Tanti sono giovani che hanno meno di vent’anni.

In tutti questi casi – è stato spiegato durante il corso – il soccorso immediato può evitare la morte: se entro i primi dieci minuti vengono effettuate le manovre cardiopolmonari giuste il rischio di morte e danni irreversibili al cervello diminuiscono del 10%.  La mortalità diminuisce drasticamente del 75% in caso di uso precoce del defibrillatore.

Eppure in Italia nessuno è obbligato a frequentare un corso di formazione, neppure per i responsabili della sicurezza delle aziende. Il defibrillatore, apparecchio così utile per salvare le vite umane, manca in tanti luoghi dove circolano tante persone: centri commerciali, stazioni ferroviarie, porti. Sono pochissime le aziende che lo possiedono, nonostante la legge permetta un abbassamento del premio Inail alle imprese che acquistano il defibrillazione e formano il personale al suo utilizzo.

Ci sono però le eccezioni. Una di queste è rappresentata dalla squadra del Cagliari Calcio che recentemente ha accolto con grande entusiasmo un progetto della HSF Italia. I giocatori rossoblù sono testimonial dei corsi di primo soccorso tenuti in tante scuole della Sardegna e alcuni di loro sono addirittura diventati dei formatori. Morale: dal prossimo 20 giugno tutti gli addetti alla sicurezza del Cagliari Calcio saranno abilitati all’uso del defibrillatore. E per un tifoso del Cagliari, soprattutto se dopo tanti anni ci permetteranno finalmente di avere uno stadio decente, sarà più sicuro andare a vedere la partita dei rossoblù.

E’ questa la sicurezza che vogliamo nel calcio e, in generale, nello sport che impegna e forma alla vita tanti ragazzi. Non certamente la sicurezza delle sei bodyguard di una star come Cristiano Ronaldo che probabilmente ha perso il contatto con la realtà e vorrebbe impedire anche agli specchi di appannarsi per non offuscare la sua immagine.

Print Friendly

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :