In pochi, decisivi, colpi il governo "fantoccio" del prof. Monti ha compiuto una serie di "riforme" destinate a dare i propri frutti negli anni a venire, a scanso di improbabili dietrofront da parte di una classe politica sempre più squalificata ed impotente.
Accanto alla più volte citata "riforma" delle pensioni e del mercato del lavoro, alcune settimane fa, sono state votate ed approvate dal parlamento alcune importanti modifiche alla Carta Costituzionale. Parliamo cioè degli artt. 81, 97 e 119. La prima modifica, quella relativa all'art. 81, è ben conosciuta a tutti ed introduce la cosiddetta regola d'oro del pareggio di bilancio imposta dalla Germania ai Paesi mediterranei considerati deboli (oltre a noi il medesimo principio è stato adottato anche in Spagna). Con la modifica dell' art. 97 si introduce l'obbligo del pareggio di bilancio a tutte le amministrazioni pubbliche nel rispetto dell'ordinamento dell'unione europea. Ma è con l'art.119 che si introduce una novità particolarmente inquietante: viene cioè stabilito che gli enti pubblici come comuni, province, città metropolitane e regioni dovranno concorrere all'adempimento dei vincoli economico-finanziari derivanti dall'ordinamento dell'unione europea. In pratica le pubbliche amministrazione, in tema di bilancio, non risponderanno più alle regole dello stato italiano ma a quelle della cosiddetta unione europea.
Se i media hanno dato sufficiente copertura alla riforma dell'art.81 (che però dovrebbe essere letta in combinato disposto col cosiddetto fiscal compact che ci obbliga a rientrare ogni anno di 1/20 del debito pubblico per 20 anni) niente è stato detto sulle successive modifiche dell'art. 97 e soprattutto 119. E nemmeno una parola è stata spesa circa la opportunità/legittimità di una operazione grazie alla quale un parlamento totalmente squalificato ha potuto modificare in un colpo solo alcuni importanti articoli della Costituzione, evitando accuratamente il referendum (sfruttando l'art.138 della stessa Carta: "non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti").
L'impressione è che di legalità in legalità il processo di erosione della capacità/possibilità decisionale dei cittadini sia ormai giunto ad uno stadio piuttosto avanzato. Si registra cioè sempre più la tendenza ad applicare un principio molto caro ai sostenitori della cosiddetta tecnocrazia: il "popolo" dovrebbe essere chiamato a decidere solo le cose meno importanti mentre le scelte davvero dirimenti dovrebbero essere prese da strutture sovranazionali o comunque nell'ambito di comitati, gruppi, cerchie di "tecnici" o "saggi" non eletti ma capaci di essere rappresentativi di poteri non controllabili secondo i comuni sistemi democratici. Ovviamente tutto ciò sta avvenendo anche grazie alle amichevoli sponde fornite da coloro che, costituzionalmente, avrebbero il compito di tutelare il delicato fiore della democrazia.
In più c'è da dire come questo principio venga somministrato quotidianamente dai più influenti mezzi di comunicazione nostrani, compresi il Corriere della Sera e La Repubblica [LEGGI]. Non parliamo quindi di cose astratte o visioni complottistiche e pertanto distorsive della realtà.
Non sarebbe il caso di cominciare a preoccuparsi?
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