Il delitto Casati Stampa

Creato il 28 maggio 2013 da Lundici @lundici_it

Nel 1970,  dopo i rivolgimenti di stampo giacobino e radicale del fresco sessantotto,  accadde un fatto sconcertante, in tema di costume, anche se di pertinenza di un mondo aristocratico, dove si incrociano perversioni e ipocrisie e si possono ancora rinvenire pezzi neurali dell’Italia attuale.

Anna Fallarino e il marito Camillo Casati

Camillo Casati Stampa di Soncino, marchese di cui sintetizziamo i titoli per brevità e perché degli stessi non ci importa nulla, era soprannominato “Camillino” nella sua famiglia nobile, gente di antico lignaggio, di origine lombarda, ma trapiantata a Roma. Il ragazzo, nato nel 1927 (o 1921, secondo altre fonti),  stando ad alcune testimonianze, era sempre stato un tipo strano: menava la servitù, spaccava i mobili se contrariato, e covava chissà quali altri problemi sempre occultati e che mai si conosceranno. Anche in età adulta si produceva in atti di violenza gratuita, come sfasciar macchine altrui per divertimento. Al riguardo si registra una stringente testimonianza di Nerina Montagnani, detta Natalina, altrimenti nota come la simpatica vecchina della pubblicità del caffé Lavazza, che aveva svolto mansioni di governante nella famiglia dell’allora rampollo Casati e ci racconta di una personalità che incuteva paura.

Sposato in prime nozze con la bella soubrette Letizia Izzo, il nobiluomo ne ebbe l’unica figlia, la marchesina Annamaria. Il matrimonio fu annullato dalla Sacra Rota. Camillo incontrò poi una bella popolana orginaria del beneventano, Anna Fallarino, procace e bruna , tipo alla Loren. Infatti aveva provato a fare l’attrice, non superando trenta secondi di smorfie in “Totò Tarzan”, al cospetto del principe De’ Curtis in persona: una  performance senza seguito. La bellona fece un buon matrimonio con l’ingegner Peppino Drommi (in seguito padre della diva reality contessina De Blank), ma anche queste nozze, senza figli, furono annullate dalla predetta corte ecclesiastica. I due devoti, neo signorini, si risposarono tra loro in chiesa nel 1961, scegliendo poi di trascorrere una romantica luna di miele a Capri.

Anna Fallarino in Casati (1929-1970)

Il romanticismo, almeno quello classicamente inteso, finisce qui. Già dalla prima (?) notte, nella camera da letto si infilò un terzo e così proseguì la vita matrimoniale dei due sposi: tra orge di ogni tipo, dove, però, il copione era rigido e perfino scontato: Anna faceva l’amore con altri, sconosciuti, bagnini, militari, camionisti, camerieri, debitamente prezzolati; Camillo guardava, fotografava, classificava le esibizioni con accurati e gioiosi commenti. Il tutto  veniva tranquillamente intervallato da battute di caccia, prime alla Scala e vacanze da favola, anche in un’isola appositamente affittata, Zannone, nell’arcipelago ponziano, dove gli ospiti praticavano il nudismo e lo scambismo. Molte fotografie venivano invece scattate a lei sola, in ogni posa possibile. La più innocente delle divagazioni dei due vedevano la moglie sedersi con una microgonna a teatro, magari vicino a un attore, e il marito che la spiava da un palco incitandola a provocarlo (famosa una inquadratura con Corrado Pani).

La “favola bella” terminò il 30 agosto del 1970. Pare che Anna, ormai quarantenne, fosse un po’ stanca e, a sorpresa, innamorata di uno studente svogliato e belloccio, uso a frequentar circoli di  destra: Massimo Minorenti. Il giovane dapprima aveva aderito al teatrino pornografico per pagarsi i capricci, in seguito aveva accettato appuntamenti “clandestini” solo con la bella signora (già allora ritoccata dal chirurgo plastico un po’ ovunque, tettone comprese), molto generosa con lui anche in regali.

Il folle Camillino aveva richiesto una spiegazione a tre, avvenuta poi nel favoloso attico romano di via Puccini e terminata con una strage: accusando la moglie di piccineria e meschinità piccolo borghese e di aver rotto i patti, fece fuoco, uccidendo lei, Minorenti e se stesso (chi effettuò i primi sopralluoghi ricorda lo stupore per il silicone che usciva dai seni squarciati della donna, in epoca in cui certi pratiche erano pressoché sconosciute alla massa).

Uscirono allora cronache succulente, prodighe di tutte le fotografie che al tempo si potevano mostrare su comuni rotocalchi e qualcosa di più su quelli specializzati, anche se il grosso forse non uscì mai dagli archivi della Questura, che li aveva sequestrati.

Oggi non sono in molti a ricordare il pandemonio che si scatenò dopo la tragedia, ma le riviste non parlavano d’altro. C’era chi provò a difendere la coppia libertina, o almeno lei. Si disse che la bella Anna fosse stata vittima della propria ambizione e, dopo aver incassato la delusione di una maternità mancata, si fosse adeguata ad un lifestyle mai veramente sentito. Che Camillo era un ottimo padre e le divagazioni private di due coniugi non dovessero costituire materia di giudizio, se consenzienti.

Anna Fallarino in Casati, fotografata dal marito Camillo

La realtà ci racconta però di una forma di possesso malato, che ricalca un moderno femminicidio allargato o un delitto d’onore in salsa libertaria, dove però la libertà doveva obbedire a delle regole imposte e nessuna deviazione di stampo sentimentale ed emotivo era concessa. E di una nobiltà nera che, dopo la messa domenicale, o magari un pranzo ufficiale in cui si declamavano i sani valori tradizionali, tutto era concesso e chissà quali coinvolgimenti si sarebbero potuti trovare, in un  ambiente dove l’omertà permise di coprire altri protagonisti o comprimari.

Che ne è stato della famiglia? La marchesina Annamaria uscì sconvolta dalla vicenda e tentò, a propria volta, una difesa del padre, ma la vergogna la travolse. Sconvolta, ancora molto giovane, desiderosa solo di lasciarsi alle spalle il passato ingombrante, vendette in fretta e furia una proprietà di famiglia: villa San Martino ad Arcore. Sì, avete capito bene, quella che inquadrano ogni tanto, quella dei “festini”, evidentemente una vocazione per la augusta magione. Si dice che l’avvocato del rampante Silvio Berlusconi, Cesare Previti, riuscì a spuntare un prezzo ridicolo, approfittando dell’ingenuità e della fragilità della ereditiera in fuga.

Un altro ramo della famiglia è invece quello dei conti Donà delle Rose, già fornitori di tre dogi alla repubblica di Venezia, con legami di parentele che vanno da Henry Fonda ai Rotschild fino a un diplomatico nominato da Ciampi. Annamaria Casati Stampa ne sposò uno, Pierdonato; Luigi e Nicolò crearono il primo nucleo di Portorotondo, poi rilevata dall’Aga Khan, e quasi ridussero il patrimonio in cenere, litigando tra loro aspramente a colpi di carte bollate. Niccolò bazzicava Hammamet. Luigi fu accusato di aver intestato stolidamente troppi averi alla seconda moglie, Silvia Cornacchia, attrice conosciuta come Silvia Monti negli anni settanta. Dopo il divorzio, lei impalmerà l’ingegner De Benedetti.

Perchè abbiamo la costante impressione che in questo Paese non cambi mai nulla?

Metti "Mi piace" alla nostra pagina Facebook e ricevi tutti gli aggiornamenti de L'Undici: clicca qui!

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :