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Il demone di Brera:intervista a Ippolito Edmondo Ferrario

Creato il 17 marzo 2016 da Fedetronconi

Il demone di Brera:intervista a Ippolito Edmondo Ferrario

Con strillo in copertina di Valerio Evangelisti, è in libreria Il Demone di Brera (Fratelli Frilli Editori), di Ippolito Edmondo Ferrario, già autore de L’antiquario di Brera, di cui è prosecuzione naturale seppure il testo ha una sua totale autonomia. Poco più di 300 pagine per raccontare la Milano nascosta, buia, maleodorante che la notte si sovrappone a quella borghese, dorata e profumata che di giorno pullula Brera. Protagonista è l’antiquario Neri Pisani Dossi, poco più che sessantenne esasperato ed esasperante, ossessivo e ossessionato, collerico e dissoluto, che Ferrario descrive minuziosamente, tanto nel fisico quanto nel profilo psicologico, fino a renderlo un personaggio pressoché surreale, incarnazione del vizio seppure con una sua ‘etica’ che lo affranca dall’apparire un anti eroe. Tutto ruota attorno alla misteriosa morte di Davide, adolescente di famiglia perbene, di cui Neri Pisani Dossi è testimone involontario e su cui decide di indagare, bypassando le Forze dell’Ordine. L’antiquario, di strada in strada, di via in via, di locale in locale, conduce il lettore negli inferi dell’umanità che non desidera redimersi, quella in cui non ci sono leggi ‘naturali’, quella in cui gli stessi rapporti basati sul sangue perdono di valore rispetto al ‘piacere’. Non c’è l’amore, c’è il male, in tutte le sue claustrofobiche articolazioni. Quello di Ferrario è un noir con una forte impronta sociale, che tocca temi difficili, come la pedofilia e la prostituzione omosessuale minorile, visti con gli occhi del misantropo Neri Pisani e dei moralisti che vorrebbero dividere il mondo in due categorie, pervertiti e insospettabili. Non c’è una denuncia dell’ipocrisia, c’è l’ipocrisia svelata e narrata attraverso il codice della degenerazione che tocca la famiglia come la chiesa, realtà che vorremmo immacolate ma nascondono invece autentici inferni. Ovvio, la Milano di Ferrario, capitale di moda e tendenza, non è solo così, ma è anche così, questo il senso. Di qui la volontà di rendere caricaturali i suoi personaggi. Un escamotage che libera il lettore da qualsiasi processo di identificazione e in qualche modo lo ‘salva’. Semmai l’identificazione dovesse scattare.

Abbiamo raggiunto l’autore Ippolito Edmondo Ferrario per scoprire qualche cosa in più sul suo nuovo noir.

Ci presenta il suo protagonista Neri Pisani Dossi?

E’ un personaggio surreale, unico, nel senso di non riconducibile a nessuna categoria, nel bene o nel male. E’ borghese ma anarchico, ama la ricchezza ma anche la contaminazione con quella parte di popolazione meno urbana che sembrerebbe disprezzare. E’ un ossimoro vivente. I tratti caratterizzanti sono una certa maniacalità, una tendenza al perfezionismo, secondo il suo sentire. E’ un sessantenne esasperato ed esasperante, ossessivo e ossessionato, collerico e dissoluto. Anche fisicamente, seppure non faccio descrizioni accurate limitandomi a un principio di induzione, esprime queste asperità. E’ incarnazione del vizio, in tal senso un anti eroe, ma non necessariamente negativo. Ha un suo codice etico, che non piega alla legge, ma rivela una sensibilità e un’affettività quasi salvifiche.

Una nuova indagine nel quartiere di Brera: come è la Milano dei suoi noir?

La Milano dei miei noir è vera, reale, è solo più nascosta, è quella taciuta, buia e maleodorante che non fa ‘brand’. Di giorno è quella di Brera, modaiola e di tendenza, luccicante e ricca, ipocrita e sorridente. Quella che fa sentire arrivati, che sa di obiettivi e traguardi sociali raggiunti, in cui si fa a patti col senso del compromesso. La sera, negli appartamenti di palazzi antichi, diventa torbida e cela misteri. La racconto attraverso il nome delle vie, dei locali, per renderla riconoscibile, per contestualizzare la storia, che ne Il Demone si snoda attorno alla misteriosa morte di un adolescente di famiglia ‘perbene’. Si tratta di un noir sociale, un genere che certamente ha suoi codici, che aprono allo scabroso, ma dove di assolutamente inventato non c’è nulla. Detto questo è ovvio che questa non è la Milano di Brera, è una parte della Milano di Brera.

C’è un’evoluzione dalla prima indagine di Neri Pisani Dossi alla seconda?

C’è l’evoluzione che compie ciascuno di noi di fronte a situazioni nuove. Il cambiamento, se c’è stato, è ravvisabile nella mia narrazione. Ne l’Antiquario di Brera c’era molta più azione, ne Il Demone di Brera ho approfondito il profilo psicologico dei personaggi. D’altra parte qui si toccano temi molto delicati, come la pedofilia e la prostituzione minorile, per giunta omosessuale, che inevitabilmente creano reazioni di sensibilità o suscettibilità. In questa seconda indagine il protagonista si trova a contatto con il mondo degli adolescenti, che per lui, orgogliosamente misantropo, è pressoché sconosciuto. Eppure, in un qualche modo, la sua sete di conoscenza lo porta ad abbattere pregiudizi, a riconoscere i suoi limiti, ad adeguarsi – per la sua stessa ricerca – a strumenti tecnologici per cui non aveva mai nascosto la sua naturale avversione, anche anagrafica. Mettendo a confronto i due mondi, lui stesso si vede allo specchio e in qualche modo le sue marmoree convinzioni cominciano a vacillare. Impara a ravvedersi, questo è il punto di svolta.


Il Booktrailer de “Il demone di Brera”

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