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Il deserto dei Tartari (Buzzati)

Creato il 27 settembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Mentre si avvicina a cavallo alla Fortezza Bastiani, Giovanni Drogo pensa che la sua preoccupazione più grande sia la gaffe compiuta nel salutare con un grido e una evidente gesticolazione l'unico soldato avvistato lungo la strada, rivelatosi poi un suo superiore. La roccaforte, costruita all'estremo confine settentrionale in un territorio inospitale e lontano da qualsiasi svago per resistere all'assalto dei Tartari, popolazione che non si vede da anni, ma il cui incubo regola i ritmi della vita nell'avamposto, è la destinazione di questo giovane tenente, che, non avendo mai fatto richiesta per esservi assegnato, si dà immediatamente da fare per ottenere un trasferimento. Quando, però, la prospettiva di lasciare la frontiera è ormai a portata di mano e basta una sola firma per decretarla, Drogo è già vittima del fascino inspiegabile della Fortezza Bastiani, che ha legato a sé le esistenze di molti altri soldati prima di lui.
Il deserto dei Tartari (Buzzati)
Drogo accetta di rimanere alla fortezza nella convinzione di poterla abbandonare in qualsiasi momento, di poter vivere al di fuori di essa e senza di essa, ma già la prima licenza rivela a Drogo l'impossibilità di riprendere l'esistenza che conduceva prima dell'arruolamento, di riallacciare i rapporti con gli amici e con Maria, la ragazza con cui avrebbe dovuto sposarsi: dopo soli quattro anni Drogo ha perso i legami con il mondo esterno, con la routine familiare, con i sentimenti più naturali e più forti, e il suo successivo ritorno alla fortezza sarà per sempre.
Entro le mura, nei rigidi ritmi dei cambi della guardia e dei trasferimenti fra le ridotte, si attende l'arrivo dei Tartari, e ogni piccola anomalia fa salire l'eccitazione dell'imminente battaglia, salvo risolversi in puntuali disillusioni. La Fortezza Bastiani tiene avvinti a sé i soldati anno dopo anno con la promessa della gloria bellica, con le visioni di imprese epiche, ma la loro permanenza entro le mura si risolve solo in un progressivo invecchiare che Drogo tenta continuamente di negare; ma non c'è nulla da fare: più egli rifiuta la perdita della giovinezza, più rimarca tutto ciò che la Fortezza, in cambio di vane speranze, gli ha tolto.

Il deserto dei Tartari (Buzzati)

Giovanni Drogo arriva alla fortezza in un fotogramma del film di V. Zurlini (1976)


Il romanzo, pubblicato da Dino Buzzati nel 1940, affronta il tema già leopardiano dell'attesa, dell'esistenza condotta aspettando un piacere che sembra destinato a non arrivare, di una vita che si alimenta di speranze e si consuma nella delusione. Nel progredire della vicenda di Drogo vediamo riflesso il destino dell'umanità che, spesso, affascinata da grandi traguardi, sacrifica ad essi ogni cosa, privandosi delle piccole gioie e votandosi esclusivamente all'attesa, per scoprire, infine, di aver inseguito una chimera o di aver ceduto proprio all'ultimo e di non avere che un'ultima sfida da affrontare, quella con la Morte. L'ambientazione quasi mitica della vicenda, in cui non si conosce alcun riferimento geografico reale tranne che nell'accenno da parte di Maria ad un suo viaggio in Olanda (che pare, da come ella ne parla, molto lontana), accentua il valore universale della storia e del suo significato. Ho scoperto questo libro nel corso di un tirocinio in un istituto superiore, attraverso le parole degli studenti, che erano stati invitati a leggerlo dai docenti di Italiano e Filosofia. La maggior parte della classe non l'aveva gradito, eppure chi lo aveva apprezzato ne era rimasto incantato. Perché un simile romanzo può non piacere ai giovanissimi? La risposta è semplice: non si tratta di un racconto scandito da episodi di grande forza narrativa, ma da frammenti di vita militare che servono ad alimentare una riflessione su un tema che molti ragazzi, legittimamente, non accolgono, quello della consumarsi del tempo e dell'avvicinarsi della morte. Eppure tale pensiero è proposto in una forma agile (capitoli brevi e frasi essenziali) e calato in un contesto senza fronzoli, privo di moralismo e senza sfoghi titanici al pessimismo: lo stile piano, la pacatezza del racconto fanno sì che, superato il tema ostico, il romanzo sia estremamente godibile.

Il deserto dei Tartari (Buzzati)

Dino Buzzati (1906-1972)

«Drogo rimase solo e si sentì praticamente felice. Assaporava con orgoglio la sua determinazione di restare, l'amaro gusto di lasciare le piccole sicure gioie per un grande bene a lunga e incerta scadenza (e forse c'era sotto il consolante pensiero che avrebbe sempre fatto in tempo a partire).
Un presentimento - o era solo speranza? - di cose nobili e grandi lo aveva fatto rimanere lassù, ma poteva anche essere soltanto un rinvio, nulla in fondo restava pregiudicato. Egli aveva tanto tempo davanti. Tutto il buono della vita pareva aspettarlo. Che bisogno c'era di affannarsi?»

C.M.

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