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Il Destino di Scarlett - L'anniversario della Saga - La Stella di Giada - Il nipote di Taylor Ferd II -

Creato il 27 dicembre 2014 da Stefaniabernardo
Arabelle sedeva pensierosa mentre Scarlett le pettinava ilunghi capelli neri e lisci come la seta.Arabelle osservò il viso della ragazza, di due anni più grande di lei, poi osservò il suo e come al solito ottenne lo stesso risultato.Scarlett era decisamente più bella di lei. Era alta, molto alta per una donna. Era snella, ma non appariva fragile come lei. Il viso era perfetto, non come il suo che aveva leggermente il mento sporgente. E quanto invidiava i suoi occhi. Così grandi, così luminosi, non le due piccole fessure nere ereditate da suo padre. E infine i capelli: una lunga chioma ondulata, resa particolare dai riflessi oro e rame che si intravedevano sullo sfondo castano.«Vuoi spiegarmi chi ti ha fatto quel livido?» le chiese per la seconda volta. La prima, Scarlett aveva sorvolato. In effetti Arabelle l'aveva resa la sua confidente, ma era più un rapporto a senso unico. La sua domestica le dava ottimi consigli e svolgeva senza problemi tutti i piccoli e, a volte, delicati incarichi che le affidava, ma non una volta, in quei sei mesi in cui era diventata sua domestica personale, si era aperta parlando dei suoi problemi.«Lo volete proprio sapere?»Arabelle non avrebbe voluto sapere. In realtà era già a conoscenza del colpevole. Ma era sempre meglio avere una conferma. Le rispose, anzi, le ordinò di parlare.«Vostro marito». Il tono di Scarlett era distaccato.«Ti ha...» Arabelle chiuse per un istante gli occhi. Da un mese il conte aveva preso a molestare Scarlett. L'aveva violentata già due volte ed altre tre aveva tentato, ma la preda gli era sfuggita di mano. Era dispiaciuta per quello che la sua domestica doveva subire, ma d’altro canto Harrison, così facendo, sfogava parte della sua voglia su un'altra donna e non su di lei.Come un uomo in là con gli anni avesse ancora tutto questo vigore era un mistero. A dire il vero, non sempre concludeva l'atto, ma tuttavia conosceva una decina di modi per tormentare una donna. Forse quei giochi che si inventava sarebbero stati piacevoli, se a farli non fosse stato un vecchio maiale come lui. Comunque, non poteva certo biasimare Scarlett per il fatto che stesse già da tempo cercando un'altra casa dove lavorare.«È stato interrotto» le rispose la domestica.Nessun tremolio della voce, nessun velo di lacrime negli occhi. Anche la prima volta che le aveva rivelato la violenza, Scarlett era rimasta a testa alta a guardarla, senza che il suo volto fosse turbato dalla disperazione o dalla paura. Un'altra cosa che ammirava in quella giovane donna. Avrebbe voluto avere quella forza quando aveva chiesto a suo padre di darla in sposa a Mike invece che a Harrison. Invece, si era semplicemente messa a piangere come una bambina, e come tale la sua famiglia l'aveva trattata. «Per fortuna. Oh, Scarlett, non sai quanto sono dispiaciuta per questa storia. Deve finire, non può continuare a tormentarti!» le disse calorosamente.«Gli avete già parlato e sapete benissimo che continuerà».In una frase le aveva ricordato che lei aveva promesso di aiutarla e aveva fallito e che, sopratutto, non aveva l'autorità necessaria a fermarlo.Arabelle si alzò in piedi. Era lei che aveva permesso che fra loro due l'etichetta fosse spesso violata. Aveva un disperato bisogno di un'alleata, di qualcuno a cui potesse affidare i suoi segreti. E Scarlett era adatta, discreta, schiva, ma lei sembrava non capire il privilegio di cui le faceva dono e, invece di corrispondere l'amicizia, si prendeva la libertà di ricordarle sempre che era solo una donna di diciotto anni, senza nessun potere, nemmeno quello di chiedere al marito di smetterla di abusare della sua domestica.«Che cosa vuoi dire con questo?» La sua voce sì che tremava. Incredibile come la poca sicurezza vacillasse anche di fronte ad una ragazza che avrebbe potuto licenziare su due piedi. «L'ho implorato di smetterla! Ma cosa possa fare io? Le donne non sono libere! Fanno quello che dicono i padri e i mariti. Credi che a me piaccia essere sposata a quel maiale? Credi che mi diverta a subire le sue perversioni?» I suoi occhi scuri si riempirono di lacrime. «Ma cosa posso fare? Non posso scampare al mio matrimonio... e sono costretta a...» scoppiò in lacrime. «...Santo cielo! Non lo capisci come sono ridotta? Sono costretta a sperare nella sua morte...» Senza pensarci abbracciò Scarlett che, per un attimo, mutò la sua espressione apatica. Nei suo occhi ambrati, Arabelle poté vedere un lampo di comprensione, di rabbia e di amicizia.Scarlett la tenne fra le braccia, non certo con il calore con cui l'avrebbe fatto un’amica, ma con la solita perizia di una domestica che faceva bene il suo lavoro.Poi, quando vide che la sua padrona si era calmata, la fece sedere sulla sedia, le porse il catino con l'acqua, attese che si fosse rinfrescata e riprese a spazzolarle i capelli.Quando capì che lo sfogo di Arabelle era passato, parlò. «Non siete voi che dovete salvarmi. Non vi stavo di certo accusando. So come sono ridotte le donne. Dovreste sapere che i miei genitori mi hanno cacciato di casa solo perché avevo scelto di sposare un uomo che non era quello deciso da loro». Fece una pausa per fare un profondo respiro. Era come se facesse fatica a confidare qualcosa di se stessa. «E so anche cosa deve subire una donna nel matrimonio, nonostante il mio fosse stato celebrato per amore. E credetemi, è ancora peggio subire le stesse prepotenze che voi subite dal conte, dallo stesso uomo per cui avevate deciso di dare la vostra stessa vita, per cui avete lasciato alle spalle tutto il vostro mondo». Si fermò, con la spazzola a mezz'aria e il volto risoluto. «Però io non ce la faccio a subire. Non ho mai abbassato la testa di fronte a mio marito che mi insultava, l’ho sempre affrontato e alla fine è scappato lui... è stato lui a chiedere a vostro padre di essere spedito a King's Garden, lontano da me». Un piccolo sorriso di soddisfazione. «La libertà mi è costata cara, a momenti mi cacciavano dal servizio per via della mia reputazione. Una donna che fa scappare il marito non è una buona donna. Se sono qui è grazie alla benevolenza di vostra madre... ma questo è un altro discorso. Quello che vi voglio dire è che più abbasserete la testa, più lui prenderà il sopravvento. Non so quale sia il modo per voi per riuscire ad essere più libera, ma se lo trovate, provateci». E Scarlett riprese a spazzolare, sul volto di nuovo il sorriso spento e gli occhi freddi.Arabelle sospirò. Le aveva dato un'altra lezione: invece di piangere, trovare la soluzione. Condivideva il discorso di Scarlett e ne apprezzava il coraggio e ancora una volta non seppe se amare quella ragazza o invidiarla per tutte le caratteristiche che lei non aveva.
«Guardate qua!» Un sottoufficiale di marina entrò di corsa nella taverna accanto al quartier generale. In mano un foglio spiegazzato e in faccia un'espressione di completo stupore. Alcuni suoi compagni lo riconobbero e lo fecero sedere al loro tavolo, dove si trovava anche George Hatwood, invitato a bere da alcuni uomini con cui aveva fatto amicizia.Il sottoufficiale si sedette, si passò la manica sulla fronte per asciugare il sudore e stese il foglio sul tavolo. Era un editto del governatore. «Sono impazziti! Bawels e Jacobson sono pazzi! Leggete... è incredibile! Sono una montagna di sterline!»Ci fu un parapiglia fra gli uomini per riuscire ad accaparrarsi l'editto. «Trecento sterline?» esclamò uno, incredulo.«Catturare l'intera ciurma significherebbe navigare nell'oro!» aggiunse un altro.«Voi sognate, amici miei» si intromise Mike Orgell, che come Hatwood si era tenuto fuori dalla rissa per leggere l'editto, e aveva già intuito di cosa si trattava. «Pensate sul serio di riuscire a catturare l'intera ciurma della Stella di GiadaLa sua frase raffreddò gli animi e riportò tutti alla realtà.«E di cosa vi stupite? Dopo quello che è successo quattro mesi fa, è normale che abbiano alzato le taglie, perdio! Ci hanno messo pure troppo, visto che, come al solito, sono spariti nel nulla» continuò Mike.A quel punto si intromise Hatwood. «Scusate, ma di che si sta parlando?» Il tono ingenuo e la domanda stupida fecero scoppiare a ridere tutti gli uomini.«Ci prendi in giro?»«Non dirmi che non hai mai sentito parlare della Stella?» gli chiese Mike.«Qualcosa, so che è una nave pirata, a Londra se ne è parlato, ma non ne so molto» rispose Hatwood, imbarazzato.«É vero, siete nuovo» commentò Mike «e per fortuna nella vostra traversata non avete incontrato il demonio».«Sono così pericolosi?»«In sette anni, capitan Shiver ha depredato più di mille navi tra i Caraibi e la Costa d'Oro. Lui e la sua ciurma sono così crudeli... non potete nemmeno immaginare quali torture si inventano per far confessare alla gente dove tiene l'oro» rispose Mike, cupo.«A un capitano di un mercantile, Shiver gli ha tagliato le labbra, poi le ha arrostite e le ha fatte mangiare agli altri prigionieri» aggiunse un fante.«Già. E l’ha fatto anche con il cuore del primo ufficiale di uno sloop di pattuglia. È un demonio. Qualcuno dice che sia il diavolo in persona!» Hatwood si fece il segno della croce, era sbiancato solo a sentir nominare quelle torture. «Ma sette anni sono tanti, com'è possibile che in tutto questo tempo nessuno l' abbia fermato?» chiese stupito.Il bel volto di Orgell divenne una maschera di rabbia. «Perché attacca e sparisce. Per mesi mette sottosopra il mar dei Caraibi e poi si dilegua, prima che l'ammiraglio possa radunare le forze. E così passano settimane e mesi e tutti iniziano a sperare che sia incappato in un uragano, che la divina provvidenza ci abbia liberato di lui. Allora le richieste di rinforzi che l'ammiraglio manda puntualmente a Londra, dopo le razzie di Shiver, vengono rifiutate, perché la situazione è tornata tranquilla e poi... ecco che quella dannata nave rispunta, magari con due o tre di conserva. E ricomincia tutto daccapo. Figuratevi che aveva persino accettato il perdono reale. Per un anno era sparito dalla circolazione, lui e tutti i suoi demoni devono essere andati da qualche parte a spassarsela e quando si è stufato, è ricomparso più forte e spietato di prima. È una vera condanna, il giorno che lui e quell'altro diavolo di Redblade, il suo secondo, penderanno da Gun Hill, sarà un giorno felice per il mondo».Orgell bevve un sorso di rum, per calmarsi. Hatwood continuava ad essere stupito e spaventato alla stesso tempo. «E questo editto? Immagino siano le taglie?» «Già. Cento sterline è il "prezzo" pattuito per ogni capitano pirata. Ma a quanto pare, il governatore e l'ammiraglio hanno deciso di aumentare fino a trecento quella di Shiver, a duecentocinquanta quella di Redblade, a duecento quella per il nostromo. Per tutti gli altri ufficiali, centocinquanta e per i pirati semplici, cento».«Allora sì, catturarli renderebbe un'ottima ricompensa» commentò Hatwood. «Considerando che si rischia di finire all'inferno però, dubito che qualcuno ci provi».«Avete ragione. Avete proprio ragione» rispose Mike, sconsolato.«Cambiando discorso» il volto di George si distese, riacquistando il buon umore «l'altra sera vi ho visto parlare con una bella signora incappucciata». Sorrise sornione. «Una vostra nuova conquista?»Il ragazzo arrossì, fece cenno all'altro di abbassare la voce, gli si avvicinò all'orecchio. «Era solo un'intermediaria di dolci messaggi».«Allora la vostra amante non è libera» proseguì Hatwood, bisbigliando.«No, purtroppo».«Forse ho capito di chi si tratta».«Capite allora che ci serve discrezione, anche se già in molti mormorano».«Non vi preoccupate, Mike, so tenere un segreto, però in cambio vorrei delle informazioni». Bevve due sorsi di rum. «L'altro giorno, in casa dell'ammiraglio, ho visto una donna».«Ah, Cupido ha colpito anche voi!»«Non posso ancora saperlo. Per adesso non riesco a togliermi dalla testa due occhi ambrati e una folta chioma di ricci».Mike rise. «E Scarlett ha fatto un'altra vittima».«Ah, Scarlett… è davvero un bel nome!»«Dovete sapere che si tratta della mia intermediaria, Scarlett Baker, la domestica personale di... sapete chi».«E dite che posso avere una possibilità?»«A vostro rischio e pericolo».«Che intendete?»Orgell trattenne a stento una risata. «Quella è un uomo in gonnella!»«Che diavolo dite?» esclamò George, stupito.«Ha un carattere tremendo. Non si riesce a controllarla, figuratevi che suo marito è scappato a King's Garden!» rispose Mike, ridendo.Hatwood era sempre più meravigliato. «È sposata?»«Sì, con il sottotenente Rayan, che da sei mesi, dopo altri sei di matrimonio, se l'è data a gambe».«Beh... non sempre le donne sono contente di sposare il marito scelto dai genitori». Abbassò il tono di voce. «E voi ne sapete qualcosa, no?»Mike gli fece un segno di assenso. «Avete ragione, ma Scarlett e Rayan si sono sposati per amore. Sono venuti un anno fa da un villaggio vicino a Spanish Town, lei è l’ultima dei figli di un mezzadro della famiglia Stafford, quella della signora Rachel che l’ha subito assunta e l’ha assegnata come domestica personale ad Arabelle; certo non era molto felice del fatto che fosse stata ripudiata dal padre, ma la signora Jacobson ha un grande cuore».«Immagino che l’abbiano cacciata perché lei non ha sposato chi avevano scelto loro».«Indovinato! Rayan al tempo era un ragazzo dalle grandi ambizioni ma con  poco di concreto da offrire. Eppure, una volta in marina in sei mesi si è guadagnato il grado».Hatwood bevve, pensoso. «E se tutto andava così bene, cos’è successo?»«Che la ragazza non accettava in nessun modo di sottostare a ciò che le diceva il marito. Discuteva sempre, voleva mettere becco in tutti gli affari. Ha ridotto quel pover'uomo alla disperazione e nemmeno sotto le botte l’altra piegava la testa, anzi, diventava ancora più testarda». Orgell si lasciò sfuggire un altro sorriso. «Pare che alla fine avesse deciso di piantarlo, di scappare. Immaginatevi il povero Rayan quando l’ha intuito, era già diventato lo zimbello della città, a causa dei continui litigi, e così ha pensato bene di correre dall’ammiraglio e farsi mandare a King's Garden».«Capisco».«E pare che ora lei si diverta con chi vuole. Certo, fa molta attenzione. La sua reputazione non è il massimo, e se prima l’ammiraglio e poi il conte non l’hanno cacciata è solo perché Arabelle e sua madre le sono affezionate.»Hatwood non fece fatica a credere alla descrizione di Orgell, gli bastò ricordare il modo in cui Scarlett aveva reagito quando lui aveva sorpreso il conte. «E allora vediamo se riuscirò io a domarla».«Avrete bisogno di molta fortuna» rispose Orgell, ridendo e porgendo il bicchiere per un brindisi.
Rachel Jacobson posò la tazza di tè sul tavolo. I suoi capelli biondi, mirabilmente acconciati, brillavano, illuminati dai raggi del sole che filtravano dalla finestra del palazzo del conte, affacciato sulla piazza della città.Scarlett entrò, ammessa a quel colloquio solo dopo che Arabelle aveva spiegato la questione alla madre. Sul suo volto non c'era traccia di tensione o ansia, nonostante dovesse affrontare una donna rinomata per la sua severità con il servitorame.Rachel sapeva che quando i suoi passi riecheggiavano per i corridoi di villa Jacobson, i domestici tremavano. Temevano che i suoi grandi e limpidi occhi verdi scorgessero qualche cosa fuori posto, una negligenza, un atteggiamento non consono all'etichetta.E se rilevava qualcosa del genere, prendeva da parte il colpevole e con voce ferma e occhi crudeli, gli annunciava che non era più gradito in casa sua.Ma quella ragazza dal viso d'angelo e dagli occhi resi duri dalle delusioni ricevute in soli vent'anni di vita, non aveva mai mostrato segni di paura, nemmeno quando l'ammiraglio in persona si era lamentato delle sue risposte poco remissive.Rachel, in realtà, non avrebbe mai dovuto assumere una domestica che si portava appresso il marchio del ripudio familiare. Tuttavia, era pur sempre una Baker, famiglia che da anni e anni lavorava nelle piantagioni che erano state di suo padre, e poi, nonostante le sue stravaganze, provava un sincero affetto per quella giovane donna. E quello stesso affetto sembrava aver contagiato anche Arabelle, tanto che l'aveva voluta come sua domestica.Rachel rimase ancora in silenzio, cercando di trovare le parole adatte per parlare a Scarlett e farle capire che le soluzioni al suo problema erano ben poche; allo stesso tempo, voleva sottolinearle come, ancora una volta, le stesse dimostrando una benevolenza del tutto eccezionale per una donna capace di licenziare una cameriera solo per una cuffia fuori posto.«Sono davvero rammaricata per quello che ti sta succedendo, mia cara». Cercò di utilizzare il tono di voce di una madre affettuosa.«Sono onorata del vostro rammarico» rispose Scarlett.Rachel indugiò un attimo, come al solito le era difficile capire se dietro la gentilezza del tono si nascondesse l'ironia. «Cercherò di parlare al conte, per far sì che ti dia il rispetto che meriti. Non voglio che la tua reputazione venga macchiata ult...». Rachel si bloccò, voleva apparirle amica, ma l'ultima parola che stava per dire era decisamente indelicata. Stava per finire in modo più adatto la frase, ma l'altra fu più svelta.«Certo, non volete che la mia reputazione si macchi ulteriormente». E un ghigno beffardo si dipinse sul bel volto della domestica.«Non intendevo questo» si affrettò a dirle Rachel.«Perché vi scusate? È vostro diritto, come quello della signora Arabelle, come quello del signor conte, assicurarvi che nelle vostre case tutto si svolga senza macchia. Vi ripeto, sono onorata del vostro sincero rammarico, mi è sufficiente» e Scarlett si alzò.Le guance di Rachel avvamparono per la mancanza di umiltà nella voce della domestica, ma la donna si trattenne. Prese un bracciale che teneva al polso, non certo uno dei gioielli più fini e preziosi che aveva, ma comunque un’enormità per una nella posizione di Scarlett e glielo porse con un sorriso.L'altra osservò dapprima il bracciale che la mano di Rachel le porgeva, poi gli occhi di questa. Un lampo di sfida e orgoglio illuminò le sue iridi ambrate. «Immagino che una volta accettato questo dono, io non debba più parlare di quel che mi fa il conte, giusto?»Rachel sbiancò per l'accusa, che a dire la verità non era affatto falsa e si alzò in piedi. «Sto cercando di aiutarti!» Il tono lasciava intendere il resto dei suoi pensieri: quella ragazza avrebbe dovuto inginocchiarsi per un dono simile e ringraziare per il fatto che l'aveva presa in servizio e mantenuta, nonostante tutto quello che si diceva di lei.«E infatti vi ringrazio» rispose Scarlett, che si concesse un altro ghigno beffardo. «Ringrazio voi e vostra figlia per avermi tenuta a servizio nonostante la mia fama. E vi ringrazio anche di aver avuto la delicatezza di non accusarmi di essere io, quella che porta sulla cattiva strada il conte. Ma tenetevi pure il vostro bracciale, mi basta il salario, dovete credermi. Tuttavia potete ottenere la stessa cosa, concedendomi un altro favore».Rachel era sempre più rossa, non immaginava che Scarlett riuscisse a mostrare tanta impudenza. «Cosa vuoi?»«So che la signora Arabelle e il conte presto andranno a Londra».«Sì, e allora?»«Se mi date una buona lettera di referenze, una volta là io cercherò una nuova casa e la signora Arabelle una domestica più adatta alla sue esigenze. Fino ad allora starò al mio posto e non mi lamenterò». Fece una pausa molto eloquente. «Di nulla».Rachel sopirò esasperata: alla fine quella era la soluzione migliore. Scarlett non era stupida, aveva già sentito le voci che giravano sulle attenzioni che le rivolgeva il conte, la sua reputazione non era macchiata, era distrutta. E sapeva che Arabelle la aiutava solo perché le serviva per far da tramite con Mike, il suo amante.E infine, quella giovane ragazza sapeva che presto l'ammiraglio si sarebbe lamentato con Rachel per l'ennesima sua condotta licenziosa e stavolta l'avrebbe fatta finire in mezzo ad una strada, fregandosene delle inclinazioni generose della moglie.Il bracciale che Rachel le aveva proposto era una sorta di liquidazione anticipata per quel fatto inevitabile.La lettera di referenze risolveva tutti quei problemi e le faceva risparmiare un gioiello.Rachel accettò e Scarlett la ringraziò con la sua solita gentilezza ironica.

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