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Il Destino di Scarlett - L'anniversario della Saga - La Stella di Giada - Prologo .
Creato il 22 dicembre 2014 da StefaniabernardoGiamaica, Fort Law, 23 marzo 1720 Nella notte si era abbattuto su Fort Law uno dei soliti temporali. L’acqua aveva allagato parzialmente le carceri sotto il forte di Gun Hill e inzuppato i dodici pirati rinchiusi nella cella più ampia.Una lampada era rimasta accesa tutta la notte ad illuminare i volti sofferenti di quelle anime in pena. L’umidità della pioggia, l’odore di escrementi e il sudore avevano reso l’aria pesante.Charles Vane cambiò posizione per la centesima volta. Sulla faccia un’espressione noncurante, gli occhi fissi sui suoi uomini che piangevano impauriti, le labbra tremanti mentre ripetevano le preghiere. Il giovane pastore chiamato ad assisterli aveva la faccia assonnata per la lunga notte di preghiera ma lo sguardo determinato di chi ha una missione da compiere.Uno dei primi raggi di sole riuscì ad infiltrarsi nella piccola grata, unica finestra di quel luogo di afflizione, non abbastanza grande per far passare decentemente la luce, ma sufficiente per far colare l’acqua di un temporale all’interno.Quel piccolo raggio di luce gettò nella totale disperazione gli uomini. Qualcuno si aggrappò alle ginocchia del pastore, sperando di poter essere salvato.L’uomo disse loro parole di conforto, snocciolò un’altra serie di preghiere.Vane si mise in piedi e si sistemò vicino alla porta della cella, come se fosse desideroso di far finire in fretta quella noiosa faccenda.Il pastore gli si avvicinò, l’aria di un maestro non contento del suo scolaro. «Non vi siete ancora confessato».Vane diede un’alzata di spalle. Confessare o non confessare era del tutto indifferente. «I miei peccati sono troppi e non abbiamo tempo». «Potevate farlo in questi giorni, i vostri uomini lo hanno fatto».«Buon per loro, io non ne ho voglia. Diciamo che sistemerò la questione una volta giunto a destinazione».Il pastore scrollò la testa. Non si poteva aspettare un comportamento diverso da un capitano pirata della risma di Vane. Un uomo che aveva rifiutato il perdono reale, che aveva fatto della ruberia e del saccheggio la sua fede, che aveva fatto bisboccia insieme a quell’altro demone di Barbanera. E così sarebbe andato al patibolo senza aver confessato ad un pastore i propri peccati, senza aver ricevuto l’assoluzione.Il pastore Smell sospirò, afflitto nel profondo per la fine che quei dodici uomini avrebbero incontrato e preoccupato di non aver fatto abbastanza per le loro anime.Un rumore di passi riecheggiò fra le pesanti mura del carcere.Ad alcuni pirati mancò la terra sotto i piedi e finirono in ginocchio.Una decina di fanti di marina aprirono la pesante porta di ferro. I pirati furono messi in ceppi e scortati lungo lo stretto corridoio, su per due rampe di scale e infine furono fuori, nel cortile del forte, dove si potevano vedere i pesanti cannoni puntati verso il mare.Il sole era già caldo. Il mare calmo ne rifletteva i raggi. Protetto da Law Hill e Gun Hill, il porto era un gioiello, il vanto della Royal Navy. Tre navi mercantili e un veliero da guerra, se ne stavano placidamente ancorati al porto, dando al paesaggio il giusto tono di ricchezza e sicurezza.«Eccovi pronti per l’ultimo viaggio». La voce calda e beffarda di David Jacobson distolse lo sguardo di Vane dal porto.L’ammiraglio, il comandante in capo di tutta la flotta dei Caraibi, era raggiante nella sua uniforme. I piccoli occhi scaltri fissavano Vane e i suoi uomini. Accanto a lui, il colonnello Rehtt, che si era offerto volontario per dare la caccia alla ciurma di Vane, raggiungendo il suo obiettivo.Vane inclinò la testa in gesto di saluto. «Buona giornata, ammiraglio».«Buona giornata a voi, Vane. Oggi il mondo si libererà della vostra nefasta presenza».Il pirata sorrise, benevolo. «In effetti è un’ottima giornata per morire».Jacobson serrò le labbra in una smorfia di stizza. Di certo non sopportava che gente di quella risma mostrasse una tale sfacciataggine persino in momenti penosi come quello.Diede l’ordine ai suoi soldati e i pirati furono fatti scendere nelle piccole barche che da Gun Hill li avrebbero traghettati a Gallows Point, la punta estrema di Law Hill.La barca con l’ammiraglio e il colonnello Rehtt precedeva le due che trasportavano i condannati e i fanti impegnati a suonare i tamburi.Molti uomini di Vane continuavano a pregare con fervore e il pastore Smell, che li avrebbe seguiti fino all’ultimo respiro, li benediva con calore.Arrivarono ai piedi della ripida scala. Jacobson e Rehtt salirono gli scalini con agilità e quando furono in cima vennero accolti da un vero boato di gioia.Quando anche i pirati salirono nello spiazzo di Gallows Point, le centinaia di persone che lo affollavano rivolsero loro una miriade di insulti e di sputi.Vane osservò quella moltitudine di facce, ornate con i loro migliori cappelli. Donne altolocate, borghesi, domestiche, sarte, ufficiali, mercanti, artigiani e pescatori, tutti contenti di avere uno spettacolo che spezzava la loro monotonia, tutti felici di poter fare quattro chiacchiere con gli amici e sfoggiare i vestiti migliori.Ai lati dello spiazzo erano stati persino eretti due palchi per permettere alle persone più facoltose di godersi in comodità l’impiccagione. Su quello alla sua destra, Vane poté riconoscere il governatore Bawels e il conte Harrison Duncshire, il vice ammiraglio. Accanto a lui c’era sua moglie, la giovane Arabelle, figlia dell’ammiraglio Jacobson e, accanto a lei, sua madre, ancora bellissima nonostante non fosse più così giovane. Erano affascinanti nei loro vestiti costosi e nei cappellini abbinati. Le loro manine graziose si agitavano per farsi aria con i ventagli, le loro belle teste protette dagli ombrellini parasole, tenuti da due domestiche.Vane distolse lo sguardo da quella gente felice, in attesa di vederlo morire, e salì gli scalini della forca.Sopra, ad attenderlo, c’erano il giudice Jankit e il boia. L’ammiraglio Jacobson si era andato a sistemare vicino alla moglie e alla figlia, Smell salì sul patibolo pronto a dare l’estrema assoluzione.Il giudice lesse il proclama della condanna e diede loro la possibilità di dire un'ultima frase.Tutti i suoi uomini chiesero perdono per i loro peccati. Lui, il capitano Charles Vane, si limitò a sorridere al pubblico. Non aveva frasi adatte da pronunciare. Smell colse subito l’opportunità per infastidirlo. «Siete ancora in tempo, potete confessarvi». Vane sbuffò e non rispose. Ormai era un uomo morto. Smell fece un passo indietro, mentre il boia sistemava i cappi al collo dei condannati. Vane fu fatto indietreggiare e lui sapeva che gli sarebbe toccato vedere i suoi uomini morire. Era un'usanza della Giamaica, un’idea di Jacobson per mostrare ai capitani a cosa portavano le loro azioni.I tamburi rullarono la loro marcia lugubre. Il pianto dei pirati si fece più forte. Gli spettatori si fecero silenziosi, sembrò che l’intera Gallows Point avesse trattenuto il respiro insieme ai condannati, insieme a Vane, che fissava le schiene dei suoi uomini e cercava di non far trapelare la profonda angoscia che l’aveva colto.Il suo cuore batteva più forte, il respiro si era fatto affannoso, la fronte era imperlata di sudore freddo. Paura.La paura dell’abbraccio della morte paralizzò il capitano. Chiuse gli occhi nel sentire Frederick, il più giovane della ciurma, piangere come un bambino e chiedere perdono.Perdono, perdono, perdono. Ripeteva quella parola freneticamente, come se d’improvviso le sue lacrime potessero impietosire i giudici che lo avevano condannato. Qualcun altro si era pisciato addosso.Era terribile.Ma chi li aveva condannati si sarebbe giustificato dicendo che erano molto più terribili i crimini commessi dai pirati: le torture, gli stupri, i saccheggi.Charles Vane sapeva che le crudeltà da lui commesse non avevano scusanti e per questo era consapevole che quella corda al collo era un modo per pareggiare i conti. Sussultò al rumore secco della botola che si apriva sotto i piedi dei suoi uomini. Si udirono gorgoglii, urli di orrore soffocati dalla corda ruvida.Per fortuna, tutti ebbero il collo spezzato e la loro agonia non durò molto. Presto penzolarono inerti con il volto pallido e gli occhi fuori dalle orbite.I muscoli di Vane divennero molli. La vista gli si annebbiò, gli sembrò che tutti si muovessero con estrema lentezza, come per far durare di più la sua agonia. Gli uomini che rimettevano a posto la botola, il boia che controllava il cappio.Minuti interminabili colmi di paura. Cercò di fare appello a tutta la sua forza, per evitare di umiliarsi in qualche modo, magari mettendosi a piangere o peggio.Cercò di stamparsi in faccia un sorriso insolente, mentre il boia gli sistemava il cappio. Fissò la folla che aspettava ansiosa di vederlo esibirsi nel ballo dell’impiccato. Attese, ormai era solo una questione di secondi, ma il tempo sembrava essersi fermato.Un battito del suo cuore, un altro, un altro ancora.Poi finalmente il colpo secco e giù, verso il vuoto e l’inferno.
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