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Ultimamente ho preso il brutto vizio di vedere i film prima di leggere i libri da cui sono tratti. Mi era già capitato con "The Help" e ora anche con "Il Diavolo Custode", storia vera da cui è tratto il bellissimo film "Quasi Amici". Anche questa volta, come era già successo con il romanzo di Kathryn Stockett, ci sono delle differenza sostanziali tra il libro e la sua trasposizione cinematografica.
"Il diavolo custode" offre una panoramica più completa della vita di Philippe Pozzo di Borgo e di quel che ha passato fino ad oggi, senza limitarsi esclusivamente al suo rapporto con Abdel, il badante che gli è stato vicino e lo ha sorretto (fisicamente e moralmente) nei momenti più brutti. Philippe Pozzo di Borgo ci racconta delle sue origini nobili, della sua infanzia e dei suoi studi, dell'incontro con la moglie e della loro incredibile passione. Ci racconta delle prime manifestazioni della malattia della donna, dei tanti tentativi falliti di avere un figlio fino alla scelta di adottarli, della sua sofferenza e della lotta estenuante che la moglie ha combattuto fino alla fine. E poi ci racconta anche del suo incidente con il parapendio (avvenuto, a differenza di quanto detto nel film, prima che rimanesse vedovo), che lo ha reso tetraplegico e delle sue difficoltà ad accettarsi e a farsi accettare. Ci racconta di quanto sia diventata ancora più dura la sua vita di disabile dopo la morte della moglie. Della solitudine che prova, dell'alternarsi di momenti di gioia e momenti di buio, incubi, sogni e viaggi mentali nei momenti in cui la sua testa si avvicina all'assenza del suo corpo. E poi sì, ci racconta anche di Abdel, dell'incredibile rapporto che si è creato tra loro. Lui è appena uscito di galera, anche se non si sa bene per cosa, non ha peli sulla lingua, beve, fuma, prende un centinaio di multe al mese ed è contrario ai rapporti seri. Seguirà Philippe per molti anni, in tutte le sue necessità: da quelle richieste e conosciute (lo spostarlo in auto, il posizionarlo sulla sedia, l'assisterlo quando sta male, accompagnandolo in ospedale o nelle case di cura) a quelle che l'uomo non sapeva di avere ma che gli fanno bene (la prima canna, le sigarette, il primo lancio dopo l'incidente, il tentativo di aprire insieme una società). Un rapporto unico e speciale, che supera i confini razziali e sociali. Il libro mi ha commosso proprio come il film. Certo, narrano aspetti diversi. Il libro è più completo, il film più "romanzato", ma entrambi riescono a trasmettere bene i sentimenti e i turbamenti di Philippe nella sua condizione di tetraplegico, così come la capacità di Abdel di affrontare tutto questo come se fosse normale. Libro e film fanno riflettere sulla vita di chi è in sedia a rotelle, di chi è bloccato su un letto, totalmente dipendente dagli altri, ma che per questo non ha perso la voglia di vivere. O magari l'ha persa, ma solo perché nessuno è ancora riuscito a fargliela tornare.
Un'altra differenza sostanziale tra libro e film, oltre a quella della scelta di narrare solo il rapporto tra i due uomini e non il passato, è quella dei personaggi e dell'ambientazione: Abdel nel film si chiama Driss ed è un ragazzo di colore, che vive di sussidi di disoccupazione e ha parecchi trascorsi di piccola criminalità. Di lui ci viene raccontato molto, proprio per marcare ancora di più la differenza tra i due uomini e per ancorare di più la storia nella società francese attuale. Inoltre, mentre nel libro Philippe viaggia spesso, tra la casa che ha in Corsica e un centro di meditazione in Canada, nel film il tutto è ambientato a Parigi. Ma sono scelte comprensibili e condivisibili (oltre che approvate dall'autore), alla luce di quanto il film sceglie di raccontare. Certo, chi ha visto il film e si aspetta un libro altrettanto ironico e divertente, rimarrà sicuramente deluso. Ma basta informarsi prima (e non lasciarsi troppo fregare da copertine e fascette).
Non è stato facile nè vedere il film, nè leggere il libro, per dei trascorsi personali che non potrò mai dimenticare. Ma proprio per questi trascorsi, credo ne sia valsa la pena. E credo che tutti dovrebbero leggere il libro o vedere il film, perché sensibilizzano, in un modo diverso dal solito, ai problemi che le persone disabili devono affrontare tutti i giorni. Consigliatissimo! Nota alla traduzione: le note presenti sono tutte dell'autore e non dei traduttori (sono tre). E la scelta di cambiare il titolo francese (Le second souffle) nemmeno dipende da loro.
Direi fatta bene! Per acquistare: Il diavolo custode (Quasi amici)
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