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Il diritto alla famiglia, un riconoscimento importante

Creato il 18 giugno 2012 da Cultura Salentina

di Cosimo Giannuzzi
unione

Quest’anno il Parlamento Europeo ha riconosciuto alle coppie dello stesso sesso la titolarità del diritto alla formazione di una famiglia. Su questo stesso principio si è espressa poco tempo dopo (il 15 marzo) anche la Cassazione che con una storica sentenza ha affermato che le coppie dello stesso sesso hanno “diritto alla vita familiare” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità, alla presenza di “specifiche situazioni”, di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge” alle coppie di sesso diverso. Questa sentenza ha provocato indignazione soprattutto negli ambienti di destra e in certi settori cattolici. Per alcuni cattolici, l’inclinazione a vivere una relazione con una persona dello stesso sesso, é ritenuta più povera di quella vissuta con una persona di sesso diverso. E’ un’opinione difficilmente condivisibile e generalizzabile perché esistono nella realtà numerose famiglie i cui membri di sesso diverso vivono una relazione che è conflittuale i cui esiti sono spesso drammatici.

L’accanimento di gruppi e di alcune istituzioni nel disapprovare o nel voler impedire quei rapporti di tipo affettivo che possono nascere anche tra persone dello stesso sesso che scelgono di condividere una vita in comune, non è comprensibile. Sono taciute le ragioni per le quali l’esistenza di questi diritti nuocerebbero alla convivenza sociale, ma queste ragioni non sono dette perché non esistono. Una ragione che induce alla discriminazione è forse la procreazione. E’ questo un problema che non dovrebbe riguardare solo le coppie dello stesso sesso ma anche le coppie di sesso diverso. La decisione di queste ultime di mettere al mondo dei figli le chiama a una grande responsabilità: sono tutte in grado di garantire ai nascituri una vita economicamente dignitosa attraverso il lavoro, l’istruzione, la tutela della loro salute e il rispetto per la loro autorealizzazione per vivere una vita felice? Non tutte le unioni sono in grado di dare risposte positive a questi obiettivi anzi è proprio la procreazione non responsabile la causa dell’infelicità diffusa. La procreazione è perciò un argomento che non può essere utilizzato per negare ad alcune persone indiscutibili diritti. La cronaca giornalistica e giudiziaria riferisce episodi riguardanti violenze psicologiche e fisiche che avvengono in famiglia sia a carattere episodico sia sistematico generate da stress, da insoddisfazione, da difficoltà di comunicazione fra i membri che hanno perso di vista il legame che ha permesso la formazione di questa istituzione: l’affetto fra i partner. Tra persone dello stesso sesso quando la relazione si frantuma, il distacco avviene con maggiore tempestività rispetto a una famiglia tradizionale, dove la presenza della prole o i tempi di scioglimento dell’unione sono spesso lunghi e complessi. Il ritardo istituzionale nel porre in condizioni le persone dello stesso sesso di veder riconosciuto il loro dialogo affettivo è dovuto alla difficoltà del legislatore di comprendere che esistono vissuti differenti e risposte non univoche rispetto ai comportamenti standardizzati. Il risultato che l’Europa e la Cassazione consegnano all’Italia non è però definitivo. In Italia è ancora assente una legge sulle unioni civili e una legge sulla violenza quotidiana verso le persone dello stesso sesso causata dal silenzio normativo esistente. Tutti i tentativi legislativi sia per regolamentare le unioni civili che per formulare una legge contro la violenza non hanno fino ad oggi trovato ascolto.

Ora dovrà essere obbligatoriamente il Parlamento italiano a scrivere una nuova pagina di civiltà ponendo l’Italia sul tema dei diritti civili allo stesso livello della civiltà europea.


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